Cari Fratelli e Sorelle nel Signore,
La vicinanza della Pasqua ci invita ad incontrarci per la Celebrazione eucaristica: è sempre una grazia poter pregare insieme gli uni per gli altri, per le vostre famiglie, per tutti coloro che svolgono il compito della politica e del governo del Paese.
1. Come sempre, ci lasciamo sorprendere dalla Parola di Dio. Sia il Profeta Daniele che il Vangelo di Giovanni ci parlano di libertà e di verità. I tre giovani che non si piegano all’ordine iniquo del re Nabucodonosor che li voleva piegare all’idolatria, sono l’esempio ante litteram di quello che dirà il Signore Gesù nella pienezza dei tempi: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Sappiamo che la verità è Lui stesso: “io sono la verità”. Se la libertà, come ogni altra facoltà, è stata data all’uomo per il suo bene, e se il bene della persona è tutto ciò che corrisponde a ciò che egli è per natura – cioè alla sua verità - allora solo se la libertà abbraccia la verità è buona, perché fa bene all’uomo, lo sviluppa, lo porta alla sua pienezza. Ecco perché i tre giovani che non si sono piegati alla menzogna, che hanno misurato la loro libertà sulla verità, escono dalla fornace non solo sani, ma soprattutto più uomini. Hanno, in breve tempo, fatto un grande tratto di strada nella loro crescita. Sono usciti più liberi perché sono rimasti nella verità a costo della vita.
2. Oggi, di solito, non si deve rischiare la vita per scegliere la verità dei principi, per essere coerenti con la verità delle cose. Si tratta piuttosto di andare controcorrente rispetto al pensiero unico, alle opinioni dominanti che in nome del rispetto e della tolleranza uccidono la verità e con essa fanno danno all’uomo: “Il non conformismo cristiano – scrive Benedetto XVI – ci redime (…) perché ci restituisce alla verità” (Lectio divina nell’incontro con i Parroci di Roma, 23.3.2012). Si è anticonformisti quando non sottostiamo alle letture vincenti quando non ci convincono, e quando non lasciamo omologare. Il credente è non conformista quando non ha paura di rimanere solo in compagnia della verità, l’unica che paga veramente perché fa grande la coscienza. Quando non fugge e non si nasconde di fronte alle immediate e corali patenti di fanatismo, di intolleranza o di mentalità retrograda.
3. Si dice che bisogna vivere nella storia e che questa – essendo plurale – impone linee mediane: ciò è vero e giusto in moltissime questioni. Ma se questo principio pratico si volesse applicarlo ovunque e comunque, anche alle evidenze universali e ai valori morali, alle linee portanti della natura umana, allora viene azzerato ogni punto di riferimento, il piano si inclina e si giunge ad autorizzare la barbarie rivestita di umanesimo e di fratellanza. Allora si pretende di ridefinire anche l’uomo; ma egli non ci guadagna perché ha in se stesso la sua verità, è scritta nel suo essere che, pur vivendo nella storia, è anche metastorico. Si dice che non esistono valori assoluti, cioè validi per tutti e per sempre, poiché tutto sarebbe cultura e storia; appartiene però alla coscienza universale un “no” netto ad azioni o fatti aberranti giudicati come male assoluto, come il commercio dei bambini, la schiavitù e altro…, di cui neppure si deve discutere perché su certe mostruosità non si fa accademia. Bisogna, però, essere umili e vigili, perché lentamente ci si abitua a tutto: spesso basta ripetere in modo ossessivo la menzogna perché appaia vera. Quando, nel pubblico dibattito, si osa eccepire o dire il contrario, spesso nascono clamori scandalizzati come si fosse toccato dei nervi scoperti, e così facilmente si crea un clima intimidatorio che spinge a diversi consigli, in apparenza più aperti, ma in realtà pavidi rispetto alle reazioni urlate, o verso i compagni di viaggio. I giovani della fornace ardente hanno scelto e agito diversamente: sapevano che perdere le ragioni del vivere per mantenere la vita, sarebbe stato tagliare per sempre la loro vita alla sua stessa radice. E hanno sfidato il re.
4. Ho detto che bisogna imparare a stare in compagnia della verità, se occorre anche da soli. Dobbiamo però riconoscere che la compagnia dei fratelli conforta non poco la nostra umanità, e rafforza il nostro coraggio. È legittimo pensare che i tre giovani si siano fatti animo a vicenda. E’ umano. Ed ecco che qui emerge la bellezza del camminare insieme: quell’ “insieme” che è dato dalla visione comune della vita e dell’uomo, della società e dello Stato. Camminate insieme con fiducia e benevolenza, con stima reciproca e coraggio: su molte cose le opinioni saranno logicamente differenti – lo ricorda anche il Concilio Vaticano II – ma sui valori essenziali vi ritroverete pienamente, e potrete insieme meglio esporre a tutti argomenti e testimonianza. Ho detto argomenti, perché, come ben sapete, i cattolici non vogliono imporre a nessuno un’etica confessionale. Purtroppo sembra che gli attori culturali e comunicativi non vogliano ascoltare quanto si ripete da sempre, e cioè che il fatto che alcuni principi facciano parte del Vangelo non diminuisce la legittimità civile e la laicità dell’impegno di coloro che in essi si riconoscono: «La laicità vera, infatti, rispetta le verità che emergono dalla conoscenza naturale sull’uomo che vive in società» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale, 24.11.2002).
Cari Fratelli e Sorelle, vi ringrazio per la vostra presenza attenta e orante, ed auguro una Santa Pasqua a voi, ai vostri cari e ai vostri colleghi. Il Signore risorto illumini i vostri pensieri e sostenga le vostre decisioni in vista del bene del nostro Paese. La gente guarda a voi e desidera sentirsi al primo posto nei vostri pensieri e nel vostro lavoro quotidiano. La nostra preghiera vi accompagna.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana