sabato 26 febbraio 2022
Il percorso un centinaio di metri permetterà agli ospiti dell'evento «Mediterraneo frontiera di Pace» di toccare luoghi e monumenti unici della storia sacra e civile di Firenze
La facciata della Basilica di Santa Maria Novella

La facciata della Basilica di Santa Maria Novella - Wikipedia

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Stamani i vescovi presenti all’incontro di Firenze su «Mediterraneo frontiera di pace» si trasferiscono da Santa Maria Novella a Palazzo Vecchio per l’assemblea congiunta con i sindaci.

Uno spostamento di qualche centinaia di metri per passare dai chiostri della basilica intrisa di spiritualità domenicana al Salone dei Cinquecento del palazzo civico per eccellenza. E non sono pochi, a parte questo odierno, i legami tra le chiese e i palazzi della città, a partire proprio da Santa Maria Novella che ospitò il Concilio del 1439 accogliendo anche le spoglie del patriarca di Costantinopoli Giuseppe II, arcivescovo ortodosso bizantino, che morì nei giorni dell’assise e che Benozzo Gozzoli ha immortalato in una delle principali residenze storiche fiorentine: nella Cappella dei Magi di Palazzo Medici Riccardi.

Ma non solo, si può anche dire che le cose più belle di Firenze sono state fatte quando è stato più forte il legame tra le radici religiose e la vita del popolo. Il David di Michelangelo, simbolo religioso che diventa simbolo civile, è l’esempio più evidente. Il David fu collocato prima davanti al Duomo (addirittura era stato pensato per uno sprone alla base della cupola del Brunelleschi) e poi, nel 1504, davanti a Palazzo Vecchio dove è rimasto per quasi quattro secoli prima di essere sostituito da una copia e trovare una collocazione più sicura sotto la cupola di vetro della Galleria dell’Accademia.

Ma non mancano nel capoluogo toscano altre sintesi artistiche di questo tipo, anche a livello di architettura. Basterebbe pensare al complesso di Orsanmichele, che più che una chiesa sembra un palazzo: «l’altissimo parallelepipedo», lo defenisce Piero Bargellini nelle sue Strade di Firenze, che spiega come il nome derivi da Orto di San Michele, ovvero l’orto delle monache benedettine sul quale nel Duecento sorse la prima Loggia del grano, diventato poi santuario mariano.

La loggia, alla metà del Trecento non sembrò più un luogo adatto al mercato, che fu trasferito altrove. Così, nel 1380, l’edificio venne sopraelevato di due piani. Nella parte superiore fu comunque allestito il magazzino del grano (oggi Museo di Orsanmichele), mentre le dieci arcate della loggia vennero chiuse, grazie ad eleganti trifore in stile tardogotico e vetrate dipinte, dando origine alla chiesa come sostanzialmente la vediamo ancora oggi, con l’aggiunta dei tabernacoli all’esterno.

Orsanmichele è stato definito «il monumento più fiorentino di Firenze» per il suo carattere tra religioso e civile: chiesa e granaio, santuario e magazzino, luogo civico di mercato e nello stesso tempo luogo di culto mariano. Anche geograficamente si trova pressoché a metà strada tra il Duomo e Palazzo Vecchio, in quella via Calzaiuoli che è la più centrale ed elegante della città.

Senza dimenticare che sopra il portone principale di Palazzo Vecchio, che stamani i vescovi varcheranno per attraversare il Cortile di Michelozzo e salire verso il Salone dei Cinquecento, si trova il monogramma di Cristo di San Bernardino tra i due leoni simbolo del popolo fiorentino e l’iscrizione che riconosce Cristo come il Signore di Firenze, Rex regum et Dominus dominantium (Gesù Cristo, Re dei re e Signore dei signori), per dire che i fiorentini sono liberi e non devono rispondere a nessuna autorità umana. Tenendo anche conto dell’iscrizione originaria, fatta sostituire da Cosimo I, che era addirittura più esplicita: Jesus Christus Rex florentini populi (Gesù Cristo Re del popolo fiorentino)

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