sabato 6 luglio 2013
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Ha seguito la causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II nelle vesti di postulatore. E quando si chiede a monsignor Slawomir Oder quale sia il legame che si mantiene intenso e vivo fra papa Wojtyla e il «suo» popolo, lui ripercorre l’itinerario di questi otto anni che porteranno a breve il Pontefice polacco ad essere proclamato santo. «Fin dall’apertura della causa – racconta – è emerso che Giovanni Paolo II viene percepito come uomo di Dio vicino alla gente. Accadeva anche quando era in vita. Ma nel corso dell’iter tutto ciò è affiorato in maniera ancora più chiara. Le persone lo sentono, anche adesso, come un membro delle loro famiglie e non come una di quelle immagini votive che magari vengono chiuse in un’edicola». È la memoria palpitante di Giovanni Paolo II che travalica i confini, le culture e talvolta anche le appartenenze religiose. «Il suo volto illuminato dalla fede è entrato nelle case e ha conquistato i cuori – afferma il postulatore –. Di fatto Giovanni Paolo II ha saputo condividere l’avventura umana sia nelle gioie, sia nei dolori. E direi che oggi resta un compagno di cammino cui affidarsi». Monsignor Oder lo tocca con mano anche seguendo fra i continenti la reliquia del futuro santo. «Con i suoi viaggi apostolici Giovanni Paolo II ha abbracciato il mondo portando la Parola della consolazione e della speranza. La sua presenza ha conquistato tante persone. E adesso se ne scorgono i frutti nella vita quotidiana di chi lo ha incontrato». Ieri, per il postulatore, è stata una giornata di gioia. «Un momento di grazia – confida – perché ogni santo è un dono che ci incoraggia nel cammino e rafforza la nostra fede». Il «traguardo» – come lo definisce Oder – è arrivato dopo il riconoscimento del miracolo che ha aperto le porte alla canonizzazione di Wojtyla. «Il caso che è stato preso in considerazione è avvenuto in Costa Rica e riguarda la guarigione di una giovane donna affetta da aneurisma cerebrale. Ha invocato l’intercessione di Giovanni Paolo durante il rito della sua beatificazione (il 1 maggio 2011, ndr). E all’indomani della celebrazione la malattia era scomparsa». Per riassumere il «gigante» Wojtyla, monsignor Oder, connazionale del Papa polacco, si affida a una metafora. «La sua vita è stata un elogio a Dio che ha creato l’uomo, lo ha redento e lo ha chiamato alla felicità». Una vita lunga 84 anni che, afferma il postulatore, «è stata segnata da molteplici aspetti: la lotta per la sopravvivenza, il lavoro duro, le intese amicizie, il dinamismo, la sofferenza. Il tutto sempre orientato dalla bellezza di credere e dal dialogo continuo con il Signore». La causa non ha scoperto un volto inedito di Wojtyla. «Non c’erano aspetti sconosciuti da rilevare – chiarisce Oder –. È stata confermata la sua identità di uomo di preghiera con una straordinaria passione per la causa dell’uomo». Il «grande Papa», lo chiamano ancora in molti. Un pontificato cominciato il 16 ottobre 1978. «Nei ventisei anni di ministero petrino – sottolinea il postulatore – ha incarnato lo spirito più genuino e vero del Vaticano II con il costante richiamo alla vocazione universale alla santità». Secondo Oder, il suo magistero è scrigno dell’eredità spirituale di Giovanni Paolo II. «Un’eredità che Benedetto XVI e adesso Francesco hanno sviluppato». E il postulatore cita la lettera apostolica del 2001 <+corsivo>Novo millennio ineunte<+tondo>. «Nel documento papa Wojtyla scriveva: “È ora di riproporre a tutti con convinzione la misura alta della vita cristiana”. Ecco, con la sua vita ha mostrato che questa misura alta è assolutamente possibile».​​
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