giovedì 6 novembre 2008
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«Calorosi saluti e cordiali auguri " riferiscono padre Federico Lombardi e l'««Osservatore Romano» " sono stati rivolti da Benedetto XVI a Barack Obama dopo la sua affermazione nelle presidenziali americane di martedì. Nella «storica occasione» dell'elezione, scrive il quotidiano vaticano, «il Papa, in un telegramma trasmesso attraverso l'ambasciatore statunitense presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon, assicura Obama delle sue preghiere affinché Dio lo assista nelle sue "alte responsabilità al servizio della nazione e nella comunità internazionale"». «Possano le abbondanti benedizioni del Signore " auspica Benedetto XVI " sostenere Lei e l'amato popolo americano nei vostri sforzi, insieme a tutti gli uomini e alle donne di buona volontà, per costruire un mondo di pace, solidarietà e giustizia». Analogo messaggio è stato rivolto al presidente eletto dal segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone. Da parte sua il quotidiano vaticano dà ampio risalto al voto statunitense. «Una scelta che unisce», è il titolo dell'editoriale, a firma di Giuseppe Fiorentino, pubblicato in prima pagina tra una grande foto di Obama e un'immagine di papa Benedetto XVI all'udienza generale. «Alla fine il cambiamento si è realizzato " scrive il notista " l'America, come ha sottolineato il presidente eletto nel suo discorso di vittoria pronunciato a Chicago, è davvero il Paese dove tutto può accadere, il Paese della nuova frontiera, anzi di una frontiera sempre nuova e dinamica, capace di superare fratture e divisioni che solo fino a poco tempo fa potevano apparire insanabili». Per Fiorentino, «gli Stati Uniti, e non è la prima volta che accade, sono stati a loro modo capaci di indicare una nuova strada al resto del mondo». In un articolo dedicato al resoconto della nottata elettorale, l'«Osservatore» attribuisce il merito della vittoria del senatore nero all'economia e non manca di elogiare McCain: nel discorso pronunciato in occasione della sconfitta, «si è dimostrato un vero statista e ha anteposto il futuro del Paese all'amarezza personale».
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