giovedì 6 gennaio 2011
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TORINOContro la violenza e per favorire l'integrazione, «c'è bisogno di lavorare per una  globalizzazione degli spiriti, della cultura e della solidarietà, promossa da credenti e uomini di buona volontà di ogni popolo e religione»: lo ha affermato l'arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, oggi durante l'omelia dell'Epifania, esprimendo, in particolare agli esponenti della comunità copta «in lutto per l'inqualificabile attentato», l'impegno a «lottare uniti contro ogni forma di violenza e discriminazione per costruire una società dove ognuno possa trovare accoglienza».Nosiglia ha paragonato il pellegrinaggio dei Magi verso la Capanna al difficile pellegrinaggio attuale dell'umanità, «protesa a raggiungere la meta comune e condivisa dell'unità, fonte di pace, giustizia e solidarietà». «Tante - ha rimarcato - sono le resistenze che ostacolano questo cammino, dal fondamentalismo religioso al materialismo, dalla paura di essere sopraffatti da chi è diverso alle sperequazioni economiche». Ecco quindi l'invito a «lavorare per una globalizzazione degli spiriti», mettendosi tutti subito in cammino, «senza aspettare chissà quale segno dal cielo».«La Chiesa di Torino, che brilla per spirito di accoglienza e di solidarietà - ha detto Nosiglia - è chiamata a un supplemento di amore verso gli immigrati cristiani e non cristiani che vivono sul territorio. È necessario lavorare perché l'intera società si apra a questa prospettiva di accoglienza, solidarietà e graduale integrazione».Nosiglia ha infine rivolto un saluto e un augurio «agli immigrati cattolici di rito bizantino e agli ortodossi provenienti da Serbia, Ucraina, Moldavia, Romania, Bulgaria».NAPOLI«Il Messia è nato a Betlemme ed è venuto ad abitare in mezzo a noi - ha detto il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, che ha celebrato la liturgia - ha abbattuto tutti i confini geografici, le lingue, le culture, le condizioni sociali, economiche e politiche e ci ha resi tutti fratelli e figli dello stesso padre».I balli dei nigeriani, vestiti nei loro abiti tipici, hanno accompagnato la processione all'altare del Vangelo. La processione dei doni ha visto protagoniste le bambine: quelle  srilankesi, comunità numerosa e ben radicata a Napoli, hanno danzato, nei loro abiti bianchi e con i braccialetti con le campanelle, mentre bambine polacche, con i loro abiti tradizionali, fatti di colori vivaci e coroncine di fiori, hanno portato i doni all'altare.Il cardinale ha ricordato il cammino dei Magi che, seguendo la stella, sono arrivati da Gesù bambino per adorarli. «La domanda che si ponevano era dove trovarlo  - ha affermato - Il figlio di Dio non è nei palazzi dei re, ancora oggi predilige ciò che per gli uomini appare debole e privo di importanza. È tra i poveri, tra i derelitti, gli abbandonati e i disprezzati dalla società cosiddetta 'bene'. Dio è dove si trovano semplicità, umiltà e bontà».Poi, rivolto ai fedeli riuniti in preghiera, ha sottolineato che «Dio si trova in mezzo a voi, che spesso, anche a Napoli e in Campania, siete obbligati a vivere in condizioni di difficoltà per certi pregiudizi che alcuni continuano a seminare nei vostri confronti».MILANOTutti «nella misura in cui siamo consapevoli di essere "una sola famiglia umana" abbiamo la nostra parte di responsabilità nel processo di integrazione: Stato e società civile, istituzioni e varie forze sociali, singoli e famiglie, gruppi e comunità cristiane». Così l'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, questa sera in Duomo durante la celebrazione eucaristica con i Migranti nella tradizionale "Festa dei Popoli".L'arcivescovo di Milano ha fatto cenno al Natale degli ortodossi, una festa che a Milano «riguarda altri fratelli che come voi qui a Milano sono migranti». «Vogliamo partecipare con la nostra preghiera e con l'affetto ai loro sentimenti e alla loro attesa per la celebrazione del Mistero del Verbo incarnato - ha osservato il cardinale Tettamanzi -. Tanti sono gli ortodossi a Milano, migranti come voi. Oltre all'augurio che esprimiamo loro dalla nostra Cattedrale, sappiate esprimere voi di persona questo augurio. Sarà l'occasione per stringere e consolidare rapporti di amicizia, per accorgersi di un fratello o di una sorella che magari è nella prova e ha bisogno di aiuto». «Il Natale è il mistero della solidarietà di Cristo con l'uomo - ha spiegato il presule - tutti rinnoviamo l'impegno a essere solidali tra di noi. Voi migranti, specialmente, siate solidali tra di voi, senza fare distinzione di nazionalità e religione. E in questo dialogo interculturale, ecumenico, interreligioso concreto, concretissimo, voi che avete sperimentato e magari state sperimentando il peso dell'isolamento, della diffidenza nella società solo perché di cultura e provenienze differenti siate maestri per noi italiani da maggior tempo».Il cardinale Tettamanzi, davanti a un gran numero di immigrati presenti in Cattedrale, ha richiamato la responsabilità di tutti nel favorire il processo di integrazione, ricordando le parole di Papa Benedetto XVI sulla unità della intera famiglia umana nel suo Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. «Tutti siamo responsabili di tutti - ha sottolineato il cardinale Tettamanzi - nel segno dell'amore fraterno, del reciproco rispetto, del vicendevole aiuto, della giustizia e della solidarietà, nell'impegno per un "bene comunè inteso" sempre più in tutta la sua ampiezza geografica e in tutta la sua profondità culturale e spirituale. Questi atteggiamenti non devono mai mancare, ma devono farsi più urgenti e intensi nelle situazioni di povertà, di disagio, di solitudine e di emarginazione. In momenti di crisi, come quello che stiamo ora vivendo sotto diversi aspetti, la necessità che i sentimenti ora ricordati si traducano in opere concrete si fa più forte ed esigente. L' unità della famiglia umana è insieme la radice e il frutto di una giustizia più grande e di una solidarietà più generosa».VENEZIA«Come non ricordare in questo momento i tanti cristiani chiamati a dare la loro vita per Cristo mentre sono in preghiera nelle chiese o stretti nelle loro case con i loro cari?». Lo ha detto il patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, nell'omelia per la festa dell'Epifania, facendo un implicito richiamo alla strage avvenuta in Egitto. Il patriarca ha ricordato che i martiri indicano la via della libertà religiosa e della pace. Scola ha espresso l'auspicio che «il sangue dei martiri produca per noi e in noi, a opera dello Spirito Santo» il riscatto; «tanto più che il sangue benedetto dei martiri dei nostri giorni non ridonda solo sui cristiani, ma su tutta la famiglia umana perché ci insegna e grande legge dell'esistenza: la vita ci è data, nessuno può autogenerarsi, e ci è data per essere donata. nel riconoscimento di questa verità l'uomo incontra la possibilità di relazioni buone con Dio, con il prossimo, con se stesso. Sono - ha aggiunto - il fondamento di ogni società veramente civile e, nello stesso tempo, di un ordine mondiale che supera ogni logica di violenza e di terrore contro ogni rischio di scontro di civiltà». «I martiri - ha detto ancora - danno la vita per Cristo, guidati non solo da una stella, come i Magi, ma dallo Spirito di Gesù morto/risorto per noi. Per tutti gli uomini credenti o non credenti essi indicano la vita della libertà religiosa e della pace».BOLOGNA«È la verità che ci rende liberi, perché la sua ricerca per trovarla e la fedeltà a essa quando scoperta, non hanno prezzo; non si possono barattare e non sono negoziabili. Quando si cerca di creare una cultura dello scetticismo e del relativismo, quando si giunge a dire che la passione per la verità è una passione inutile, quando si mente all'uomo, soprattutto ai giovani, dicendo che scetticismo e relativismo sono le vere condizioni della libertà, in realtà si fa il gioco dei potenti di turno. Estinguete nell'uomo la passione per la verità ed avrete creato uno schiavo perfetto». Lo ha ricordato l'arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, nella Messa nella cattedrale di S.Pietro per l'Epifania.Il cardinale ha ricordato anche il «profondo insegnamento» che viene da re Erode: «Erode non impedisce la ricerca, anzi è lui stesso che convoca gli scribi. Ma per servirsi del risultato raggiunto per i suoi scopi. E quando si rende conto che quei tre ricercatori puri della verità non si sottomettono ai suoi disegni, fa ricorso ai mezzi più spietati. Ciò che Erode fa cela in sè un meccanismo, una logica di potere che si ripete molto spesso ed è pericolosissima».«L'uomo - ha sottolineato Caffarra - non può vivere nella menzogna, ha bisogno della verità, deve cercarla. Un clima di scetticismo e di relativismo è sempre contro il bene della persona umana». E la domanda ultima «è sempre una domanda su Dio, sul senso della vita, sul suo inizio e soprattutto sul termine del cammino che l'uomo percorre sulla terra. La domanda di senso non si accontenta di risposte parziali o costruite di volta in volta dalla cultura o dalla società in cui viviamo, ma tende a una risposta ultima e definitiva». Ma, ha ammonito l'arcivescovo, «la riduzione scientista della natura a una cosa puramente meccanica, priva di qualsiasi capacità di "suggerire" di andare oltre sè, ha privato l'uomo di uno dei principali "segnali stradali" per il suo cammino verso la Verità ultima».FIRENZEDue colpi di colubrina, piccolo cannone rinascimentale, hanno salutato l'arrivo dei re Magi in Piazza Duomo a Firenze, al termine del tradizionale corteo storico che ha percorso le vie della città. Nonostante il brutto tempo, e grazie anche all'afflusso in città per il primo giorno di saldi, in migliaia hanno seguito la rappresentazione - organizzata dall'Opera di Santa Maria del Fiore - che rievoca una tradizione fiorentina che ha radici nel quindicesimo secolo.Un corteo storico di figuranti è partito da Palazzo Pitti, sfilando nel centro e, dopo essersi unito al corteo storico della Repubblica fiorentina, con in testa il gonfalone della città e il sindaco Matteo Renzi, ha raggiunto piazza del Duomo, dove era stato allestito un presepe vivente. A fare gli onori di casa, sul sagrato, l'arcivescovo Giuseppe Betori e rappresentanti dell'Opera del Duomo.In un breve intervento, l'arcivescovo Betori ha auspicato che ciascuno «come la stella che indicò la via ai Re Magi, rifletta la luce di Gesù affinché tutti sappiano incontrarlo». La cerimonia si è conclusa con decine di palloncini colorati liberati in cielo. PALERMOLe comunità degli immigrati hanno partecipato nella Cattedrale di Palermo, com'è ormai tradizione, alla Messa dell'Epifania celebrata dal cardinale arcivescovo Paolo Romeo. «Come ogni anno - ha detto Romeo - proviamo a rendere concretamente più visibile questa universalità di popoli raggiunti dall'amore di Dio, cercando di far confluire, nel giorno dell'Epifania, qui in Cattedrale, le rappresentanze delle varie comunità etniche presenti nella nostra Chiesa diocesana: uomini e donne che provengono da altri Paesi e che colorano, per così dire, l'odierna celebrazione delle variopinte pennellate dei loro canti, dei loro costumi, delle danze e delle diverse lingue materne». Durante il solenne pontificale, l'arcivescovo - che ha anche festeggiato oggi il ventisettesimo anniversario della sua ordinazione episcopale - ha parlato della povertà come di «una stella che interpella tutti a una risposta generosa di carità, ciascuno nell'ambito che gli è proprio, ciascuno nell'ambiente in cui vive e opera ogni giorno», e ha fatto riferimento alla missione "Speranza e carità" del laico Biagio Conte che «vent'anni fa - ha detto il cardinale - si è lasciato scomodare da Dio, che gli parlava, non tanto attraverso la luce di una stella, ma per mezzo dell'oscurità dei più poveri, degli emarginati e degli esclusi. Fratel Biagio ha seguito questa strana stella della presenza di Cristo negli ultimi. Ha trovato questa strana luce in mezzo a tutta l'oscurità che andava scorgendo nelle notti di Palermo, in particolare sotto i portici e sui marciapiedi della Stazione Centrale. E insieme a lui, in questi anni, tanti si sono lasciati interpellare dalla povertà dei fratelli bisognosi della nostra complessa realtà cittadina, cercando di essere per loro come il buon samaritano».
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