mercoledì 5 dicembre 2018
Il “miracolo” della parola ritrovata nelle testimonianze di giovani e docenti dell’istituto Effetà a Betlemme. La storia di Isra’a, 24 anni, muta alla nascita, che oggi è insegnante nelle stesse aule
Isra’a, l'insegnante che è stata ex studente sorda dell'istituto Effetà a Betlemme

Isra’a, l'insegnante che è stata ex studente sorda dell'istituto Effetà a Betlemme

COMMENTA E CONDIVIDI

Si fa fatica a pensare che Isra’a sia sorda. Perché parla l’arabo in modo chiarissimo, tiene a freno una ventina di bambini e l’apparecchio acustico non si scorge. Nascosto, com’è, dietro il velo viola. Ma non per imbarazzo. Solo perché lei è musulmana. Insegnante nell’istituto Effetà, la scuola voluta da Paolo VI a Betlemme per restituire la parola ai ragazzi sordi della Palestina. Scarpe da ginnastica e un lungo vestito scuro, ha 24 anni. Ed è stata uno degli oltre settecento studenti passati in queste aule dove da quarantasette anni si abbatte il muro del silenzio totale e si ripete il miracolo dell’“effatà”, di quell’“apriti” pronunciato da Cristo per far parlare un sordomuto in Galilea.

Oggi lei è l’orgoglio della scuola, racconta la direttrice suor Lara Hijazin che con altre sei religiose della congregazione italiana delle Maestre di Santa Dorotea guida il plesso affacciato su via Arafat all’angolo con via Paolo VI. Arrivata muta, Isra’a ha trovato la voce a Effetà. E nell’istituto si è diplomata: pioniera nel primo gruppo di alunni che cinque anni fa hanno “inaugurato” il liceo. Poi ecco la laurea all’università di Betlemme. Quindi il ritorno dall’altra parte della cattedra. «La più grande lezione che qui ho imparato? È che l’handicap non è una barriera nella vita, ma una sfida da affrontare insieme», spiega lungo i corridoi che l’hanno vista bambina e adolescente. Si ferma davanti a una cucina giocattolo in plastica. «È la stessa con cui anche io mi divertivo quando avevo sei o sette anni. Ogni volta che la scorgo mi viene in mente il mio passato segnato anche da molti disagi ». Compresi i pregiudizi. «È capitato che l’autobus che doveva portarmi a scuola non si fermasse perché chi lo guidava sapeva che ero sorda...», ricorda con amarezza. Ma subito il volto torna sereno. «Quando mi sono aperta al mondo, iniziando a parlare e a comprendere, è stato uno dei momenti più belli della vita. Leggevo sempre: non volevo più smettere. Poi scrivere. Scrivevo in continuazione ». E sarebbe stata lei a insegnare a sua mamma, completamente analfabeta, a fare altrettanto.

Isra’a viene da uno dei villaggi più poveri intorno a Hebron, come buona parte degli allievi. Enclave di famiglie dove in molti si sposano fra consanguinei – anche fra cugini di primo grado – per non disperdere il patrimonio. «E questa è una delle maggiori cause di una così alta incidenza della sordità in queste zone. Una piaga che colpì Paolo VI durante la sua visita in Terra Santa nel 1964», afferma suor Lara. Il padre di Isra’a non voleva che la figlia studiasse. «Tutta acqua passata. Adesso mi sostiene», dice lei. «Il giorno della maturità – racconta – mi sono sentita finalmente libera e capace di abitare la società, senza timori e preclusioni». Confida che, quando era alle elementari, voleva essere infermiera. «Perché soffro di diabete». Alla fine ha optato per scienze dell’educazione. «Giunta al termine ho scelto di restituire ad Effetà quanto avevo ricevuto». E ammette: «Adesso mi rendo conto come sia impegnativo per le maestre far imparare a capire, a leggere o a scrivere i ragazzi con disabilità. Ed essere al loro fianco, alle stesse che mi insegnavano, è una soddisfazione straordinaria».

«Sei tu il nostro vanto», la interrompe Mary, la più longeva docente dell’istituto. Ha cominciato nel 1982, undici anni dopo l’apertura del complesso. Lei è cristiana. E cita papa Montini appena proclamato santo. «Paolo VI ha gettato un seme che a distanza di mezzo secolo ha dato molto frutto. Il suo sogno continua a realizzarsi ogni giorno, seppur fra le difficoltà. E lo vediamo nei volti dei ragazzi». Poi aggiunge: «Sui suoi passi combattiamo l’emarginazione, lo stigma che un non-udente qui si porta dietro. E ancora oggi, quando i genitori sono restii ad affidarci i figli, mostriamo loro i ragazzi più grandi che parlano, scherzano. Allora ti dicono: “Anche il mio ragazzo ha speranza...”». Mary, che insegna arabo nelle ultime classi delle elementari e alle medie, torna all’esordio della sua missione fra i bambini che non hanno la voce. «L’handicap è ritenuto una vergogna. Nostro compito è anche favorire nelle famiglie la consapevolezza che la sordità non può essere sinonimo di ghettizzazione. Un’opera di educazione comunitaria che intende contribuire a cambiare la mentalità ». E molti dei suoi ex studenti tornano a trovarla. «Ogni volta che li abbraccio mi sento realizzata come docente e come donna».


Nella palestra Isra’a inizia l’ora di ginnastica. I ragazzi della sua classe, la terza elementare, gridano. Lei li placa. «Più che una scuola, questa è una famiglia – sostiene –. Le maestre mi consideravano un po’ una loro figlia. E lo stile è ancora lo stesso. È un modo per infondere fiducia. Ed è come se ti ripetessero: vai avanti, non ti abbattere perché i problemi esisteranno sempre ma vanno superati».


COME SOSTENERE LA SCUOLA DEI BAMBINI SORDI DI PAOLO VI

Un gesto concreto di solidarietà per celebrare la canonizzazione di Paolo VI, il primo Papa pellegrino in Terra Santa che a Betlemme nel 1964 volle si realizzasse un istituto pontificio specializzato nell’educazione e nella riabilitazione audiofonetica di bambini sordi. La scuola Effetà da quasi 50 anni accoglie ogni giorno oltre centosessanta bambini di varie religione e di diverse zone della Palestina. Ad Effetà entrano bambini sordi, isolati, emarginati ed escono ragazzi autonomi, capaci di relazionarsi con la società ed affrontare coraggiosamente il futuro. “Avvenire” insieme con la Fondazione Giovanni Paolo II invitano ad aiutare i bambini di Betlemme in ricordo di Paolo VI. È possibile sostenere i ragazzi di Effetà attraverso:

- Bonifico bancario intestato a Fondazione Giovanni Paolo II utilizzando il seguente Iban IT04I0539005458000000092116 (ricorda di inserire anche il tuo indirizzo nel campo causale)
- Bollettino su conto corrente postale n. 95695854 intestato a Fondazione Giovanni Paolo II, via Roma, 3 - 52015 Pratovecchio Stia (AR). Causale: “Per i bambini di Effetà Betlemme”
- Carta di credito o PayPal sul sito www.sostienieffeta.org

Fai un gesto di solidarietà con la tua parrocchia o associazione, con i tuoi familiari o amici. Facendo una donazione hai diritto alle agevolazioni fiscali previste dalla legge. I dati saranno trattati ai sensi dell’art. 13, Regolamento Europeo 679/2016 (c.d. “GDPR”).



© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI