mercoledì 11 ottobre 2017
Al Convegno Aipas il volto giovane della testimonianza. Ad Assisi il racconto della sofferenza vissuta alla luce del Vangelo e la sfida di prendersi cura
Una giovane volontaria e un malato in attesa di un trapianto

Una giovane volontaria e un malato in attesa di un trapianto

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Se la Chiesa. come dice Francesco dev’essere un ospedale da campo, loro vogliono essere «il campo di quell’ospedale ». E non è solo un gioco di parole, perché la Piccola Opera Charitas di Giulianova, come ha spiegato Federica De Lucia introducendo le testimonianze al convegno Aipas su #Giovani, #Fede, #Malattia che si concluderà domani a Santa Maria degli Angeli in Assisi. La volontaria ha raccontato lo stupore di un’esperienza che fa un giovane scegliendo di dedicare il proprio tempo in una realtà sanitaria cattolica (oggi un centro di riabilitazione che eroga 31.000 prestazioni residenziali, 24mila semiresidenziali, 7250 ambulatoriali e 2200 domiciliari) al servizio delle disabilità psichiche.

Questo 'tuffo' nell’accoglienza proposto sia ai giovani del servizio civile che a chi intraprende un percorso personale di volontariato sociale rappresenta anche un ritorno alle radici bibliche del cristianesimo, come ha ricordato Rosanna Virgili. «Dio è medico, anzi questo è il primo aggettivo assegnato a Dio dopo la liberazione dall’Egitto – ha spiegato la biblista – ma l’opera di cura del Signore non è una 'prestazione' bensì una vera alleanza, che presuppone un atto di fedeltà, in base al quale mi prendo cura di te».

Il secondo giorno del convegno nazionale è entrato quindi nel tema del Sinodo dei giovani con l’intervento di don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, il quale ha messo in guardia tutti da un equivoco: «Non pensiamo che, scritto il documento preparatorio, il Sinodo sia finito e neanche che nel documento si debbano trovare tutte le risposte a tutti i problemi dei giovani, perché, al contrario, siamo all’inizio di un percorso impegnativo». Il Sinodo, ovviamente, declinerà anche il tema della sofferenza, centrale nell’esperienza di crescita dei giovani, che pure «vivono soprattutto una fragilità psicologica e spirituale, sottoposti come sono alle intemperie della crescita, e molto meno la fragilità fisica; quando però vengono a contatto con la malattia e con la morte rivelano il loro grande bisogno di una guida, di adulti che sappiano con coraggio ac- compagnarli nella scoperta di queste difficoltà.

E purtroppo, spesso, questi adulti sono impreparati » ha commentato don Falabretti. Per sovvenire a quest’esigenza, la Chiesa deve continuamente aggiornare la propria pastorale, come spiega don Carmine Arice, che ha lasciato la direzione dell’Ufficio Cei dopo l’elezione a superiore generale della Società dei sacerdoti di San Giuseppe Cottolengo e domani interverrà a conclusione del XXXIII convegno: «La pastorale della salute deve stare nella realtà e il Sinodo rappresenta un’ulteriore sfida a rispondere alle domande che la società esprime, anche se le tre grandi emergenze che la pastorale della salute deve affrontare in questo tempo e in questo Paese restano sicuramente la condizione dell’anziano, la salute mentale e le sfide bioetiche». Oggi il convegno approfondirà i temi della ricerca di senso, con don Paolo Fini dell’arcidiocesi di Torino, e del rapporto tra disabilità e vocazione, con don Francesco Rebuli della diocesi di Vittorio Veneto.

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