mercoledì 11 maggio 2016
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Padre Mattevi: ha anticipato la Chiesa “in uscita” che abbraccia le periferie BRESCIA «Abbiamo appreso con grande gioia la notizia che il Papa ha autorizzato la Congregazione delle cause dei santi a promulgare il decreto riguardante il miracolo attribuito all’intercessione del beato Ludovico Pavoni. Un riconoscimento che apre la strada alla canonizzazione del nostro fondatore». Questo il primo commento di padre Walter Mattevi, parroco della comunità parrocchiale di Santa Maria Immacolata, alla pubblicazione dell’«attesa» notizia sul bollettino della Sala Stampa vaticana. Il “nulla osta” pontificio ha ufficializzato ciò che l’intera famiglia pavoniana ha sempre ritenuto: padre Lodovico è stato un santo. «Il nostro fondatore – continua padre Walter – è stato una figura eccezionale, una figura di sacerdote che avrebbe saputo incarnare alla perfezione quella Chiesa “in uscita” tanto cara a papa Francesco». In anni certamente più difficili di quelli attuali, don Lodovico Pavoni seppe andare verso le periferie umane, sociali e culturali della prima metà dell’Ottocento, indicando nel lavoro una potente leva di riscatto. «Una scelta – continua ancora il parroco di Santa Maria Immacolata – che anche la Chiesa del tempo guardò con occhio critico, non capendo sin da principio perché dei religiosi dovessero sottrarre del tempo alla preghiera e alle altre attività connesse al loro stato per dedicarlo ai giovani nei luoghi di lavoro». Erano anche quel- li segnali di santità non facili da cogliere se non vivendo fianco a fianco con Pavoni e che tutti quelli che negli anni hanno fatto proprio il suo carisma. «Proprio nei giorni scorsi – ricorda al proposito padre Walter Mattevi – ho incontrato a Genova un gruppo di ex allievi dell’Istituto “Fassicomo”, un’altra delle realizzazioni nate dall’intuizione del sacerdote nato a Brescia nel 1784. Persone con storie difficili alle spalle che hanno confermato che solo un santo poteva concepire un’opera come quella che ha dato loro concrete possibilità di futuro». L’Istituto comprende sia la Casa Pavoni per i ragazzi in difficoltà, sia il Centro giovanile universitario, sia la Scuola grafica, espressione della lungimiranza del prete lombardo che aprì la prima scuola grafica italiana nella Brescia del 1821. In via Pavoni a Brescia, come in tutte le altre comunità, si respira un sentimento di gioia per il via libera alla canonizzazione del fondatore. «Non conosciamo ancora la data della celebrazione – afferma padre Walter –. Solo dopo il Concistoro previsto a giugno si potrà sapere». In attesa dell’ufficialità della data, c’è un sentire condiviso nella famiglia pavoniana così riassunto da padre Walter Mattevi: «La canonizzazione di Lodovico Pavoni deve essere occasione per chiamare alla santità anche tutti gli altri pavoniani». Anche per loro la strada da seguire è chiara: ed è quella tracciata da Pavoni – beatificato da san Giovanni Paolo il 14 aprile 2002 – con la sua vita e le sue intuizioni. Nato a Brescia l’11 settembre 1784, dopo l’ordinazione sacerdotale intuisce di essere chiamato all’educazione cristiana dei ragazzi più poveri e a questi dedica l’intera vita. Alla sua morte, avvenuta il 1° aprile 1849 a Saiano, nel Bresciano, lascia un’eredità importante: un metodo educativo che lo pone all’avanguardia dei pedagogisti più illuminati del proprio secolo; uno stile di istruzione e di avviamento al lavoro che prelude alle attuali scuole professionali; riforme di assoluta novità, che sembrano anticipare di mezzo secolo alcuni concetti della dottrina sociale indicati nell’enciclica di Leone XIII Rerum Novarum del 1891 (dignità del lavoro, salario familiare, assistenza nelle ma-lattie, licenziamento solo per giusta causa, partecipazione del lavoratore agli utili di azienda). E, soprattutto la Congregazione dei Figli di Maria Immacolata, i cui figli, i Pavoniani, appunto, collaborano “alla pari” come educatori della fede, come maestri d’arte e di umanità. © RIPRODUZIONE RISERVATA La scuola grafica e centro professionale «Fassicomo» a Genova
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