venerdì 27 agosto 2021
La Fondazione dedicata a Giovanni Paolo I conserva i volumi della ricca collezione parrocchiale che Luciani iniziò a consultare da bambino e che riordinò e catalogò da seminarista
Papa Giovanni Paolo I

Papa Giovanni Paolo I - Osservatore Romano

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«Libri scritti in tedesco, greco, arabo, ebraico, perfino una grammatica e vocabolario cinese! Il libro più antico della biblioteca è stato stampato nel 1502, appena cinquant’anni dopo inventata la stampa, a Venezia, nella celebre tipografia di Aldo Manuzio, contiene le poesie del poeta Ovidio. Altri della stessa epoca vengono da Firenze, da Lione, Basilea, dal Belgio, dalla Germania e per la maggior parte sono opere di autori greci e latini. Memorie preziose, che di sè hanno lasciato gli arcipreti passati, sono i libri che esistono in canonica. Sono più di 1.500, trattano di tutte le materie: teologia, filosofia, storia, letteratura, scienze fisiche e matematiche, ci sono perfino trattati di numismatica».

Così il futuro Giovanni Paolo I, nel dicembre del 1935, dalle pagine del giornale parrocchiale Il Celentone descriveva e spiegava con pertinenza la ricchezza dell’antica biblioteca della Pieve di Canale d’Agordo, tuttora conservata nella canonica del suo paese natale. L’articolo non è firmato ma è certamente riconducibile all’inconfondibile vivace penna di Albino Luciani considerato che nell’estate del 1931 era stato proprio lui, ancora seminarista, a riordinare e catalogare l’antica biblioteca per incarico del suo pievano don Filippo Carli.

E Luciani lo svolse con assoluta dedizione, come attesta il quaderno autografo della catalogazione vergato con la sua minuta grafia, trascritto e pubblicato per la prima volta da Patrizia Luciani nel 2003. «È segno che la nostra parrocchia ha avuto in passato la fortuna di possedere dei sacerdoti dotti e istruiti », commentava ancora il giovane chierico Luciani nell’articolo scritto per Il Celentone, e spiegava: «Canale fu fortunata, i suoi parroci avevano avuto la possibilità di fare degli studi regolari e completi nelle scuole di Belluno, scuole che erano state istituite fin dal principio del Trecento che avevano preso grande sviluppo e acquistato rinomanza specialmente dal 1387, anno in cui dal Gran Consiglio della Città era stato chiamato ad insegnare Giovanni da Ravenna, maestro famoso e amico del Petrarca».

A dispetto di una fuorviante vulgata che ha spesso dipinto la marginalità del piccolo paese montano che ha dato i natali a Giovanni Paolo I, l’onesta e approfondita disamina storica ha reso invece ragione alla sua comunità natale. La Pieve di Canale eretta nel 1456 – come anche nel Museo dedicato ad Albino Luciani viene mostrato – è stata terreno fertile per la nascita e la crescita di importanti personalità in ambito artistico, letterario ed ecclesiastico.

Fino alla seconda guerra mondiale, infatti, la valle del Bios si trovava nella condizione tipica delle zone di confine foriere di arricchenti scambi culturali. La Pieve ha conosciuto dunque una notevole vivacità culturale ed è stata così luogo di riferimento per la popolazione dell’intera valle. A sostenere questa vitalità sociale e culturale furono soprattutto i parroci, come nell’Ottocento don Antonio della Lucia, portabandiera del cooperativismo rurale e di significative iniziative per l’alfabetizzazione, o come don Filippo Carli, alla cui scuola era cresciuto Albino Luciani.

La biblioteca della canonica – a testimonianza della vitalità culturale che la Pieve godette nei secoli – è perciò la biblioteca formatasi via via nei secoli con i lasciti dei vari parroci dove la serie dei volumi attesta la sorprendente varietà di interessi. Fra i testi anche due opere elencate allora tra i “libri proibiti”: le Opere complete di Baldassare Castiglione e l’Andrea Cornelis di Paul Bourget.

Durante l’estate del 1931 Albino Luciani lavorò alla catalogazione di 1.236 volumi. I titoli vennero suddivisi per argomento a seguito di una lettura critica, considerato che di ciascuno dei volumi inventariati Luciani ha vergato un piccolo sunto e un giudizio sintetico. Si concesse anche stroncature ambiziose contro autori di pregio, giudizi che tuttavia non stupiscono sulla penna di un ventenne dotato e infiammato dall’ardore del neofita nello studio teologico. Da notare come fra i Padri della Chiesa l’opera più lodata sia quella di Gregorio Magno, nel catalogare la quale un particolare lascia presagire ex post lo stile colloquiale che Luciani stesso assumerà nella predicazione: «I Dialoghi, sono candide confabulazioni di un grande uomo, che si riduce a balbettare per essere compreso dai semplici… L’ingenuità non vi nasconde il genio».

«Ad oggi la biblioteca della Pieve è costituta da due fondi – spiega la catalogatrice Elena Turro mentre mostra la vetrina dei volumi in una stanza della canonica – il corpo antico costituito dai lasciti degli arcipreti succedutisi nei secoli e i volumi della cosiddetta “Biblioteca circolante” messa a disposizione della popolazione nel corso dell’Ottocento e dalla quale, all’età di 8-9 anni, Albino cominciò ad attingere le sue prime letture. Per completare la catalogazione del primo fondo mancano ancora 500 volumi del nucleo dei 1.236 elencati nel quaderno dal futuro Pontefice». Da completare c’è anche la catalogazione e sistemazione dei circa 200 volumi del fondo della “Biblioteca circolante” del cui riordino si occupa Patrizio Di Ventura.

«Ci auguriamo di riuscire a completare questo tassello che manca per approfondire la cultura libraria che è stata alle base della formazione di Albino Luciani » – afferma Loris Serafini, direttore del Musal, il museo dedicato ad Albino Luciani a Canale d’Agordo che ha l’obiettivo di far conoscere il contesto sociale, culturale e ambientale nel quale si è forgiato Giovanni Paolo I. Anche questa inventariazione libraria è pertanto importante per inquadrare la solida formazione umanistica e teologica che Luciani possederà poi con tanta padronanza senza mai darne sfoggio.

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