lunedì 17 aprile 2023
Viaggio a Myrnohrad, il polo minerario che nel 2016 ha cambiato nome su proposta del parroco, padre Ivan Vasylenko. «Vogliamo essere segno profetico in un conflitto che qui viviamo da nove anni»
Nella piazza centrale la scritta con il nome di Myrnohrad, la "città della pace" in Donbass

Nella piazza centrale la scritta con il nome di Myrnohrad, la "città della pace" in Donbass - Gambassi

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A Myrnohrad la guerra è un sottofondo ossessionante. L’eco dei colpi di artiglieria rimbalza di strada in strada e arriva notte e giorno dalla battaglia di Avdiivka, atroce come quella di Bakhmut. A Myrnohrad la guerra si scorge nei volti smarriti degli sfollati che qui hanno trovato un rifugio, in fuga dai villaggi lungo la linea di combattimento nella regione di Donetsk, oppure nei mezzi dell’esercito e nelle jeep ridipinte di verde militare che si muovono sull’asfalto malmesso fra le poche auto civili. A Myrnohrad la guerra si tocca con mano nelle case bombardate, nella scuola rasa al suolo, in una delle miniere devastate dai missili russi: l’ultimo caduto poche settimane fa. Allora si fa fatica a pensare che Myrnohrad sia la “città della pace”, come dice il suo nome. Soprattutto in pieno Donbass dove la pace si ferma alla toponomastica. «Ma vogliamo essere profezia in una terra sprofondata nell’abisso della guerra non da un anno ma da nove», sostiene padre Ivan Vasylenko. Sguardo magnetico e barba curata, ha 47 anni. E appena cento fedeli. Però è un’autorità rispettata e ascoltata ben oltre la recinzione della parrocchia greco-cattolica di Santi Pietro e Paolo fondata venti anni fa. Un vulcano d’idee che si è persino tagliato i capelli lunghi fino alle spalle per regalare una parrucca alla bambina malata di cancro che aveva abbracciato nell’ospedale oncologico.

Padre Ivan Vasylenko, il sacerdote greco-cattolico che ha dato il nome alla città di Myrnohrad

Padre Ivan Vasylenko, il sacerdote greco-cattolico che ha dato il nome alla città di Myrnohrad - Gambassi

A lui si deve il nuovo “battesimo” della città che in Ucraina è sinonimo di estrazione di carbone. «Si chiamava Dymytrov, in onore a un attivista comunista della Bulgaria – spiega –. Nel 2016 il municipio ha voluto cambiarle il nome. Era una reazione agli scontri dei russi nelle oblast di Donetsk e Lugansk iniziati due anni prima. Ma la scelta non poteva essere solo frutto della rabbia. Allora ho suggerito di fare della nostra comunità una voce di speranza in mezzo al frastuono delle armi». Padre Ivan ha raccolto firme, creato comitati, catalizzato consensi. «E il consiglio comunale ha approvato la proposta». Mentre racconta il suo sogno, indossa la mimetica. Il prete della fraternità che veste il giaccone dell’esercito? «Certo, sono anche cappellano militare. Il desiderio di pace unisce noi che abbiamo scelto di restare qui, a trenta chilometri dal fronte, e i soldati che ci difendono. La chiediamo insieme al Signore», dice mentre scarica con le “nonne” della parrocchia il carico di aiuti umanitari destinati ai poveri di guerra.

Una delle miniere della città di Myrnohrad

Una delle miniere della città di Myrnohrad - Gambassi

Se l’invasione del Donbass ha partorito “Myrnohrad”, il conflitto che coinvolge l’intero Paese ha trasformato la sua fisionomia. «Oggi siamo la città dei militari, dei profughi e degli operai», sintetizza il sacerdote. La città dei militari perché ospita le retrovie della zona più calda. E su di sé sente tutta la brutalità del conflitto. «Soltanto nel 2023 ho già celebrato 58 funerali di soldati originari di qui», confida il parroco. Accanto al municipio è stato inaugurato il monumento ai “caduti per l’indipendenza e la libertà”. A conferma del fatto che, nonostante la «propaganda russa», ripete padre Ivan, questo è un angolo d’Ucraina. «E anche la gente è ucraina». Come testimonia l’accoglienza costante dei profughi. «Molti se ne sono andati, a cominciare dalle famiglie con i bambini: troppo pericoloso essere così vicini alle trincee. Ma altrettanti sono arrivati dalle località dove la pioggia di fuoco incessante, la battaglia che si combatte metro dopo metro, la mancanza di cibo, acqua ed elettricità obbligano di fatto a evacuare». A conti fatti il numero degli abitanti non è variato: 50mila. Chi resta è perché può ancora lavorare. Nelle cinque miniere sempre aperte. Non è un caso che il simbolo della città sia la ruota di una carrucola gigante che ha scritto la storia delle cave.

Padre Ivan Vasylenko davanti al simbolo della città di Myrnohrad

Padre Ivan Vasylenko davanti al simbolo della città di Myrnohrad - Gambassi

Nel quartiere popolare dietro uno dei giacimenti padre Ivan ha voluto una nuova chiesa. Costruita sotto le bombe. «È un ulteriore invito a guardare con fiducia al futuro», riflette. La croce bianca al cancello indica il punto in cui è stata collocata la prima pietra. «L’ho difesa da un gruppo del patriarcato di Mosca che l’ha abbattuta al grido: “Mai ci sarà una chiesa greco-cattolica finché saremo qui”». Settimana dopo settimana padre Ivan ha dormito in auto per presidiare il terreno. Oggi, nel giorno della Pasqua bizantina, celebrerà la prima Messa. «Ma la faremo consacrare dal nuovo vescovo ausiliare di Donetsk, Maksym Ryabukha, nella solennità della Trinità a cui la chiesa è intitolata».

Padre Ivan Vasylenko con il vescovo ausiliare di Donetsk, Maksym Ryabukha

Padre Ivan Vasylenko con il vescovo ausiliare di Donetsk, Maksym Ryabukha - Gambassi

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