venerdì 8 maggio 2020
Nato nel 1932 a Pola, prete dal 1955, già vescovo di Vittorio Veneto dal 1983 al 1997 e di Trieste fino al 2009, è morto a seguito di un “periodo di sofferta malattia"
Monsignor Eugenio Ravignani

Monsignor Eugenio Ravignani - archivio Giorgio Boato

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"Don Eugenio - come tutti affettuosamente lo abbiamo sempre chiamato - fu un amato e venerato testimone del Signore, sempre circondato dalla stima e dall'affetto di tutti per la sua grande carità, il suo amabile e arguto sorriso, la sua pazienza e delicatezza nei rapporti". Così l’arcivescovo monsignor Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste, ricorda il suo predecessore, monsignor Eugenio Ravignani.

Nato nel 1932 a Pola, prete dal 1955, monsignor Eugenio Ravignani, già vescovo di Vittorio Veneto dal 1983 al 1997, successivamente di Trieste fino al 2009, è morto a seguito di un “periodo di sofferta malattia, affrontato con sereno e fiducioso abbandono alla volontà del Padre celeste”, come ha sottolineato ancora Creopaldi. E’ stato un antesignano del dialogo ecumenico. Nel 1967, per mandato dell’allora vescovo di Trieste monsignor Antonio Santin, ha avviato una fraterna collaborazione con i responsabili delle Chiese cristiane, ortodosse ed evangeliche della città, allargandola pure alla comunità israelitica. Dal settembre del 1978 al febbraio 1981 diresse il settimanale diocesano Vita Nuova.

Eletto vescovo di Vittorio Veneto il 7 marzo 1983, fu consacrato a Trieste nella cattedrale di San Giusto il 24 aprile 1983 dal vescovo mons. Lorenzo Bellomi. I 13 anni dell’episcopato a Vittorio Veneto sono stati tutti protesi all’applicazione del Concilio e si collocano idealmente tra i due convegni ecclesiali, quello celebrato nel dicembre 1985: “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”, e quello del dicembre 1996: “Il Vangelo della carità rigenera chiesa e società”.

I temi indicano la traiettoria pastorale di Ravignani, vescovo che aveva un’attenzione particolare per gli ultimi, in particolare per i malati di mente. L’espressione di San Pietro «Donec dies elucescat», «Fino a quando non spunti luminoso il giorno» è stata scelta quale motto ispiratore del suo servizio episcopale. Il 4 ottobre 2008, nella cattedrale di San Giusto martire in Trieste, ha concelebrato assieme all’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il rito di beatificazione di don Francesco Bonifacio, martire delle foibe. Un sacerdote per il quale Ravignani ha portato avanti convintamente la causa di beatificazione.

La “purificazione della memoria” è stato per lunghi anni il suo impegno pastorale e culturale, oltre che spirituale: per portare pacificazione tra gli animi ancora esacerbati dalle vicende drammatiche del confine nordorientale. "Pastore del dialogo, lungimirante e sensibile uomo di fede, pace e carità, che ha saputo operare e vivere per il bene della nostra comunità e del prossimo": così lo ha definito il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. "Mons. Ravignani - afferma il primo cittadino - è stato un amico che ha amato la città e la sua Chiesa con una intelligente e profonda umanità".

Ravignani è stato anche membro della Commissione Episcopale della Cei per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso dal 1998 dal settembre 2001 e membro della Commissione episcopale per l'educazione cattolica, la scuola e l’università. Vice Presidente della Conferenza Episcopale Triveneta dal 2000 al 2009, è stato anche componente. della Commissione episcopale per la Facoltà Teologica del Triveneto con la delega per gli Istituti teologici regionali.

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