sabato 21 giugno 2025
Aveva 88 anni, si è spenta a Rocca di Papa, nella sua casa. La lettera di Margaret Karram, che l'ha seguita al vertice del Movimento
Maria Voce in una foto d'archivio

Maria Voce in una foto d'archivio - .

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È forse uno dei momenti più delicati della storia di un movimento quello in cui l’eredità del fondatore deve essere traghettata verso un’epoca nuova, o, addirittura, verso un cambiamento d’epoca. Nel Movimento dei Focolari a curare questo passaggio è stata Maria Voce, presidente, dopo Chiara Lubich, dal 2008 al 2014. La testimone e guida fondamentale per i focolarini in quel momento storico, si è spenta venerdì, 20 giugno, all’età di 87 anni. Intorno a lei, ad accompagnarla nel fino all’ultimo, l’attuale presidente Margaret Karram e Jesús Morán, copresidente del Movimento nei primi sei anni del servizio di Maria Voce.
I funerali – si legge dal comunicato diffuso dopo la morte – si terranno lunedì alle 15 presso il Centro internazionale dei Focolari a Rocca di Papa (Roma) e verranno trasmessi in streaming sul sito www.live.focolare.org in italiano, inglese, spagnolo, francese e portoghese.

Sinodalità, continuità e dialogo i tratti della sua presidenza, ma anche riforma, sguardo internazionale e rapporto profondo con la Chiesa e i Papi. Fin da subito sulla scelta del suo nome ha pesato il compito di unire sensibilità diverse, che sono sembrate, però, ricomporsi in breve: «Fu eletta dopo un lungo travaglio tra chi voleva una presidente scelta tra le prime compagne di Chiara e chi invece chiedeva un cambiamento generazionale. Prevalse, anche per l’intervento autorevolissimo di Pasquale Foresi, cofondatore del Movimento, proprio lei, che aveva conosciuto l’ideale dell’unità all’università di Roma sul finire degli anni ’50. In realtà non prevalse, perché ottenne alla fine, dopo il profondo discernimento nell’Assemblea, quasi l’unanimità dei voti dei delegati», racconta l’allora direttore di Città Nuova, Michele Zanzucchi.

Maria Voce diede quindi corpo alle riforme degli statuti generali del Movimento, di cui aveva curato l’aggiornamento, come esperta giurista, già tra il 2002 e il 2007. È grazie al suo lavoro che nei documenti del Focolari si parlò per la prima volta di dialogo con la cultura, con il mondo politico e il mondo economico e venne meglio definito l’inserimento delle persone delle diverse Chiese, di chi aveva un’altra fede religiosa e di chi, senza un riferimento religioso, voleva collaborare alla costruzione della fratellanza universale.
«Maria Voce passerà alla storia del Movimento non solo come la prima presidente della fase post-Chiara Lubich, ma anche come colei che ha mosso il primo passo innovativo-organizzativo del Movimento nell’era della post fondazione, in perfetta fedeltà creativa al carisma», afferma Jesús Morán.

Il suo lavoro collegiale nella segreteria generale del Movimento l’ha portata a mettere al centro una sinodalità capace di far percepire ad ognuno, poi, nei suoi due mandati da presidente, la necessità di far camminare il carisma sulle proprie gambe dopo la scomparsa della fondatrice: «Il nome “Emmaus”, ricevuto come programma di vita da Chiara, è diventato programma del suo governo – spiega Margaret Karram –: camminare insieme, fidandoci, nonostante le domande e le perplessità che possono sorgere lungo il cammino, della presenza di Dio in mezzo ai suoi».

Necessità questa che ha reso urgenti i suoi viaggi in tutti i continenti, per incontrare le comunità del Movimento sparse nel mondo e tessere contatti con personalità del mondo civile, ecclesiale, culturale, politico, ecumenico e interreligioso. Ne conseguì una riorganizzazione delle comunità dei Focolari con uno sguardo più internazionale. È con lei infatti che nei contesti dove unità, fratellanza e pace sembravano più urgenti, alcuni focolari sono stati distaccati per portare il proprio contributo alle società e alle Chiese locali. È il caso della Turchia, dove Maria Voce aveva già vissuto, tessendo rapporti a livello ecumenico con l’allora patriarca di Costantinopoli Demetrio I e numerosi metropoliti, come l’attuale patriarca Bartolomeo I, oltre ad esponenti di varie Chiese. Ma va ricordato anche il lavoro a Goma, capoluogo della regione del Nord Kivu in Repubblica Democratica del Congo, insanguinata da un guerra alimentata dall’accaparramento delle terre rare.

Non ultimo, nel solco della sinodalità, la distinse il tratto del servizio alla Chiesa. Fu con papa Benedetto XVI che nel 2008 intervenne al Sinodo dei vescovi su «La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa», nel 2009 venne nominata Consultore del Pontificio Consiglio per i laici e nel 2011 Consultore del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Di Bergoglio, invece, da lei accolto a Loppiano nel 2018, aveva sempre affermato di sentirsi «sorella», forse per il compito che ebbe di «preparare il Movimento alla fase di inevitabile crisi che si profilava all’orizzonte e che papa Francesco ha identificato come una grande opportunità» dice di lei Morán.

«Seppe suscitare le prime strategie di fronte a problemi inediti quale il calo di “vocazione all’opera” e il parallelo invecchiamento dei quadri dirigenti, il primo emergere di qualche caso di abusi», aggiunge Zanzucchi.

«Quando andrò in Paradiso – aveva detto Maria Voce in una delle sue ultime interviste dedicate al Papa argentino – mi dirà: “Vieni sorella”. E io dirò: “Mi accoglie un padre, cosa voglio di più?”».

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