sabato 12 dicembre 2020
La lettera intima, condivisa con tutta la comunità diocesana, ricorda i giorni della malattia, a letto con l'ossigeno, rileggendo "il cammino della mia vita"
Monsignor Boccardo

Monsignor Boccardo - Archivio Avvenire

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«Nelle lunghe ore passate sdraiato sul letto in compagnia della maschera a ossigeno ho potuto rileggere con calma il cammino della mia vita, ormai non breve. Più volte, specialmente durante gli esercizi spirituali annuali, ho affrontato questo percorso, ma mai mi era successo di poterlo fare (o forse non ne ero stato capace) con tanta calma, dettagli e profondità».

Così racconta l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, Renato Boccardo, in una lettera scritta in occasione della terza domenica di Avvento, domani 13 dicembre, detta “domenica della gioia”. Il presule ha vergato la missiva su sollecitazione di una coppia di amici, Chiara e Sandro, che gli avevano chiesto di spiegare come erano stati i giorni trascorsi al Policlinico Gemelli di Roma per curare la polmonite bilaterale interstiziale causata dal Covid-19. La lettera è quindi indirizzata ai due ma è stata condivisa con tutta la comunità diocesana ed è consultabile su www.spoletonorcia.it.

«L’esercizio del “contare i giorni” – scrive il presidente della Conferenza episcopale umbra – mi ha condotto inevitabilmente anche al pensiero del termine naturale della mia vita terrena: quando e come sarà il momento della mia morte? Lo affido alla imperscrutabile sapienza del Signore e alla sua infinita misericordia. Mi piacerebbe però, se così è nei piani della Provvidenza, di esperimentare ancora in quei momenti la stessa intensità di affetto ed amicizia ricevuta in questi giorni… E mi piacerebbe che di me rimanesse – ben aldilà di qualche insegnamento e di qualche progetto e realizzazione pastorale e materiale – il ricordo di qualche bene compiuto».

Con il tono intimo di una confessione, Boccardo chiude così il suo racconto che è anche una meditazione: «Posso affermare – con timore e tremore – di aver avuto una vita bella, piena e luminosa, con tante carezze immeritate e tante piccole croci che mi hanno educato e fatto crescere. Ecco, non vorrei sprecare questo patrimonio, e metterlo ancora a frutto per il tempo che mi rimane. Risulta difficile, e sarebbe probabilmente presuntuoso, stilare programmi per un futuro anche immediato. Non so e non sappiamo quale strada intraprendere, sollecitati da un passato che sembrava darci sicurezza (che cosa è rimasto?) e da un futuro che vorremmo illuderci di gestire per farlo a nostra immagine e somiglianza».

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