mercoledì 7 giugno 2023
Dal prefetto apostolico di Ulan Bator il racconto dell’opera di guarigione spirituale portata avanti dalla Chiesa nel Paese asiatico, che il Papa visiterà a fine agosto
Padre Giorgio Marengo in Mongolia

Padre Giorgio Marengo in Mongolia - Archivio fotografico Missionari della Consolata

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Il Papa sarà in Mongolia dal 31 agosto al 4 settembre prossimi, viaggio e date confermati ufficialmente sabato scorso. Ad attenderlo come pastore della Chiesa locale sarà un cardinale italiano, Giorgio Marengo, il più giovane rappresentante del collegio cardinalizio – proprio oggi, 7 giugno, compie 49 anni – il quale ha salutato con la notizia del 43° viaggio apostolico di Francesco come «un segno di attenzione e di vicinanza per la nostra piccola e giovane comunità» e «un vero incoraggiamento per tutti i fedeli e i missionari».

Nato a Cuneo, religioso dei Missionari della Consolata, nominato prefetto apostolico di Ulan Bator – o Ulaanbaatar – e consacrato vescovo nel 2020, creato cardinale nel concistoro del 2022, Marengo ha una singolarità nel suo curriculum oltre a quella anagrafica: è stato fin dal suo arrivo in Mongolia, vent’anni fa, un missionario esorcista. E lo è a maggior ragione oggi, dopo l’ordinazione episcopale, essendo ogni vescovo il primo esorcista della sua diocesi.

Sul rapporto che intercorre tra la lotta contro il demonio e la missione ad gentes, un tema non usuale, Marengo ha tenuto un suggestivo intervento al Corso per esorcisti che si è svolto a Roma dal 16 al 21 maggio 2022 – quando non era ancora cardinale – promosso dal Pontificio Ateneo Regina Apostolorum e dal Gris (Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa). Quella relazione, riletta oggi, aiuta a comprendere meglio la presenza della Chiesa in Mongolia, in vista dell’appuntamento di fine agosto, e aiuta a riflettere anche sul nostro bisogno di (nuova) evangelizzazione.

«I cattolici sono in tutto 1.400 – spiegava Marengo nell’incipit del suo discorso – su una popolazione totale di 3.200.000 abitanti; la religione maggiormente praticata è il Buddhismo, nella sua forma tibetana, che mescolandosi con il sostrato religioso preesistente ha dato vita ad una Tradizione piuttosto singolare, che gli esperti del settore definiscono “Buddhismo Mongolo”. Storicamente, prima che il Dharma si diffondesse in questa parte interna del plateau centro-asiatico, era lo Sciamanesimo il principale riferimento religioso dei Mongoli; e lo è ancora adesso, se si pensa che da una recente statistica risulterebbero esserci almeno 10.000 sciamani ufficialmente registrati nella sola città di Ulaanbaatar».

Ebbene, «in tale contesto, dove i pochi fedeli cattolici rappresentano la prima o seconda generazione di credenti (celebriamo quest’anno i 30 anni dall’arrivo dei primi missionari in epoca contemporanea) e la Chiesa è rivolta soprattutto ad extra – cioè al mondo non cristiano – il ministero dell’esorcismo e tutto quanto attiene alla guarigione interiore più in generale sono parte essenziale della missione».

Giorgio Marengo creato cardinale

Giorgio Marengo creato cardinale - Siciliani

Spiegava ancora Marengo:

«Alleviare dalle sofferenze imposte dall’Avversario e possibilmente aiutare a prevenirle appartiene all’esperienza pratica di ogni missionario. Uso questa definizione del diavolo come di “avversario” perché si trova nella Scrittura e forse si addice maggiormente al contesto missionario. Sì, con tutta onestà posso testimoniare che il dia-ballos, ovvero il divisore, colui che si mette in mezzo per impedire la relazione con Cristo, si presenta soprattutto come avversario laddove la Chiesa si dedica con coraggio all’annuncio evangelico. Il ragionamento è abbastanza semplice: la Chiesa proclama Cristo vincitore del peccato e datore dello Spirito di vita e lo rende presente nella sua azione sacramentale. Il Nemico non può che adirarsi di questo annuncio di liberazione, volendo invece mantenere le anime schiave e soggiogate. Se poi si tratta di contesti di prima evangelizzazione, dove la vita di fede è ancora agli inizi, è molto probabile che la resistenza al volgersi a Cristo sia particolarmente intensa e minacciosa. Quando inoltre sono presenti su larga scala riferimenti a pratiche ancestrali, spesso associate all’occulto, la serietà del caso è ancora più evidente».

E qui il cardinale piemontese faceva un esempio concreto:

«Un uomo sulla cinquantina, venuto in contatto con la nostra comunità dei Missionari e Missionarie della Consolata, vive un bel cammino di apertura alla grazia e insieme alla moglie decide di abbracciare la fede. Compiuto il catecumenato (che in Mongolia si attesta sui due anni di preparazione), riceve il battesimo e tocca con mano i segni di un effettivo cambiamento in positivo della sua vita, a cominciare dal fatto che riesce gradualmente a superare la dipendenza dall’alcol (piaga purtroppo molto diffusa). Quando però le cose stanno mettendosi per il meglio, coinvolgendo anche i 5 figli, gli viene detto che “gli spiriti” hanno decretato di dover “scendere” su di lui; il suo rifiuto – in quanto cristiano – metterebbe a rischio la sua famiglia, perché verrebbe interpretato negativamente dal mondo astrale, che si vendicherebbe procurando certamente una sofferenza all’interno della sua famiglia. Uso una parafrasi, perché i termini sono molto più crudi: “Se ti opponi agli spiriti, qualcuno della tua famiglia morirà per causa tua”. Immaginiamo il travaglio interiore di quest’uomo, che pur con le migliori intenzioni di continuare nella sua vita di fede si sente minacciato e sperimenta una profonda divisione interiore (di nuovo il dia-ballos…); la sua scelta di fede può mettere in pericolo la sua famiglia e così entra in una crisi profonda, che si esprime in un graduale allontanamento dalla vita della comunità parrocchiale. Questo però ingenera un indebolimento della vita di grazia, venendo a mancare il sostegno dei sacramenti e della vita comunitaria. Purtroppo, uno dei suoi figli comincia a manifestare un comportamento anormale, simile a schizofrenia; e in un raptus di manie persecutorie si toglie la vita, impiccandosi. La fede ci dice che il nemico non ha il potere di toglierci la vita, che appartiene a Dio solo; non possiamo quindi attribuire direttamente all’azione del diavolo la morte di quel povero adolescente, ma dobbiamo ugualmente prendere atto che in contesti di prima evangelizzazione il nemico spesso si mette di mezzo con estrema violenza per scoraggiare e incutere paura, in modo che le persone non si rivolgano a Cristo».

Sciamano in Mongolia

Sciamano in Mongolia - Wikimedia

Se la chiamata in causa del diavolo può risultare per alcuni discutibile, eccessiva – commentava Marengo – giova ricordare quale fu il mandato missionario dato da Gesù, come si legge nel Vangelo di Marco: «E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni», «strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni». E l’evangelista sintetizzava così l’attività degli Apostoli: «Scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano».

Per questo «l’unanime e ininterrotta Tradizione della Chiesa, sia in Oriente che in Occidente, ha sempre letto questo comando come parte integrante del ministero ricevuto dal Risorto, da cui si è generata la concreta prassi liturgica che arriva fino al rituale del 1998 (versione italiana del 2001). Il filo rosso della fede cristocentrica ci unisce alle prime generazioni di credenti, che hanno affrontato il combattimento con lo spirito del male, nella forza del Signore vittorioso sulla morte».

Marengo sottolineava poi un fattore interreligioso: l’esistenza del diavolo è riconosciuta dalle altre religioni monoteiste, ma anche nelle tradizioni religiose non monoteiste c’è «la consapevolezza dell’esistenza di creature spirituali avverse, malefiche si è conservata fino ai giorni nostri ed è considerata come un dato indiscutibile della realtà». L’eccezione sta a casa nostra, «siamo noi nell’Occidente ateisticamente secolarizzato ad aver messo tra parentesi il diavolo». E purtroppo «questa esclusione a priori di qualsiasi discorso logico sul demonio, associata alla fiducia illimitata in un progresso tecnologico quasi idolatrato, non ha prevenuto il re-insorgere di forme pagane di culto pre-cristiano. Con la triste conseguenza che a fare i conti con il diavolo si trova spesso chi ne ha negato l’esistenza, ma ne sperimenta le nefaste macchinazioni».

A questo riguardo Marengo richiamava una figura emblematica, quella del belga padre Joseph-Marie Verlinde, attuale priore della Famiglia monastica di San Giuseppe, che oggi conta case in Francia a Montpellier e a Lione, passato per la sequela in India di Maharishi Mahesh Yogi (1918-2008), il “guru dei Beatles”, e per pratiche occultistiche di cui portò a lungo i segni fino al risveglio: «Lo spavento lo assale quando un giorno, partecipando alla Santa Messa, avverte dentro di sé una repulsione forte al momento della consacrazione, come anche parole interiori di blasfemia. Si dà il caso che il sacerdote fosse uno degli esorcisti di quella diocesi; essendosi sinceramente aperto con lui, si rende conto che le pratiche che aveva seguito con tanto zelo lo avevano esposto all’azione straordinaria del maligno, per cui intraprende un cammino di guarigione».

Messa in Mongoli

Messa in Mongoli - Archivio fotografico Missionari della Consolata

Ma lasciamo ancora la parola all’esorcista:

«Nei primi anni del mio servizio missionario, quando mi trovavo in una zona rurale della Mongolia, accompagnando gli inizi della prima comunità cattolica (la Chiesa non era mai stata presente da quelle parti), furono le richieste di chiarimento della gente e i loro bisogni spirituali a farmi rileggere in una nuova luce alcuni brani dell’Antico Testamento che sembravano scritti proprio per loro. Mi riferisco alle prescrizioni della Torah e dei Libri Storici:

Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio o l'augurio o la magia; né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore; a causa di questi abomini, il Signore tuo Dio sta per scacciare quelle nazioni davanti a te. Tu sarai irreprensibile verso il Signore tuo Dio, perché le nazioni, di cui tu vai ad occupare il paese, ascoltano gli indovini e gli incantatori, ma quanto a te, non così ti ha permesso il Signore tuo Dio. Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto (Dt 18,10-15).

Perché all’ingresso nella terra promessa il popolo di Dio si sentì ripetere con insistenza dai profeti quelle ingiunzioni a non mescolarsi con i culti dei popoli che abitavano quelle regioni? Evidentemente, pratiche quali la necromanzia, la divinazione, il culto dei morti e varie forme di manipolazione dell’occulto erano conosciute e praticate già a quei tempi (e prima ancora). Le stesse pratiche si trovano anche nella Mongolia di oggi, come – anche se in forme che possono variare tra di loro – in molte altre parti del mondo. I nostri fedeli sono esposti a questo tipo di tentazioni ed è molto importante aiutarli a capire perché la Chiesa li esorta a tenersi lontani da esse».

Per Marengo «accompagnare persone che si stanno aprendo a Cristo provenendo da un background in cui prevale la mentalità magico-ritualistica è un dono e una responsabilità. Ci chiede di essere preparati a rispondere alle loro domande e anche alle loro inquietudini».

La Cattedrale cattolica a Ulan Bator

La Cattedrale cattolica a Ulan Bator - Archivio fotografico Missionari della Consolata


E portava un altro esempio: «Alcuni anni fa una signora, cresciuta in ambiente praticante buddhista, intraprende un bel cammino di fede, attratta dalla pace che sperimenta quando entra nella nostra umile cappella (nella forma di una ger, la tenda mongola). Dopo aver compiuto anch’essa le tappe del catecumenato, riceve con immensa gioia il battesimo la notte di Pasqua e vive i primi tempi con grande entusiasmo. Un giorno, all’improvviso, una disgrazia: sua figlia viene coinvolta in un incidente stradale, da cui esce quasi indenne, ma che causa la morte del conducente, una donna al sesto mese di gravidanza. Ricordo ancora quella sera in cui la neofita venne a bussare alla missione: voleva chiedere i danni! “Perché mi è successo questo? Non era quella di Gesù la scelta migliore che potessi fare? Ho fatto un errore a diventare cristiana? Se questa fosse davvero la religione giusta, non mi sarebbe dovuta accadere questa disgrazia…”. Ci volle del tempo per calmarla, ascoltandola con pazienza. Mentre cercavo di accogliere il suo smarrimento, gradualmente mi sembrava di percepire a un livello profondo una differenza: quella tra l’atteggiamento religioso naturale e la fede in Cristo. L’homo religiosus che c’è in ciascuno di noi ci ricorda il “cordone ombelicale” con cui siamo venuti al mondo, è una traccia che ci collega in modo viscerale al mistero della vita. Custodiamo anche inconsciamente questo rispetto per il divino, che tende ad assestarsi sull’assioma “se mi comporto bene, Dio/il divino mi premia; se qualcosa va storto è perché Dio/il divino mi sta punendo”. Tuttavia, questo atteggiamento ancestrale che ci portiamo dentro riduce la religiosità a una ritualità che può rasentare la magia, supponendo che essa dovrebbe garantire che “tutto vada bene”; ma questo apparato crolla inesorabilmente davanti al mistero del male o anche solo all’apparire delle contraddizioni della vita. Come la mettiamo con il giusto perseguitato o con l’innocente sofferente? Per i parametri dello sciamanesimo, Gesù di Nazareth rappresenta l’esatto opposto del successo, anzi è proprio la somma della “sfortuna”, il segno di un destino avverso: un uomo buono, ma senza discendenza in quanto celibe, che muore a soli 33 anni di morte violenta.

Ma è proprio qui che si staglia l’originalità della fede cristiana e che forse comprendiamo in una luce nuova le ingiunzioni vetero testamentarie contro le pratiche idolatriche che abbiamo citato prima. Cristo Signore, accettando su di sé l’abisso della nostra fragilità e persino del nostro peccato, ha inaugurato la vita vera da figli, che convive anche con le contraddizioni e con il male inspiegabile. La sua radice è il nuovo atteggiamento di fiducia piena e di abbandono a Dio conosciuto come Padre, che non ha lasciato il Suo Figlio nel sepolcro, ma lo ha risuscitato. E nel suo ascendere dall’abisso, il Risorto prende per mano Adamo ed Eva e li porta con Sé presso il Padre. Questa è la rappresentazione iconografica più antica della risurrezione.

Allora forse apprezziamo meglio, proprio grazie al contatto con il mondo non cristiano e imparando da chi compie la scelta coraggiosa della fede in simili contesti, la bellezza dell’essere cristiani e la necessità di nutrire la nostra fede, essendo “semplici come colombe e astuti come serpenti”. L’astuzia sta anche nel riconoscere l’azione malefica del diavolo ed aiutare le persone a tenersi lontane da lui, incoraggiando la vita cristiana più autentica».

Comunità cattolica a Ulan Bator

Comunità cattolica a Ulan Bator - Archivio fotografico Missionari della Consolata

Infine, quali percorsi comunitari per contrastare le insidie del diavolo? Marengo ne citava nella sua relazione alcuni che riportiamo nella loro interezza:

«1) Indubbiamente la via maestra è quella della preghiera. Una vita intensa di preghiera (liturgica e privata), come esperienza gioiosa di relazione personale con Cristo, è il primo e fondamentale mezzo per favorire il lavorio della grazia nei cuori e tenere lontano lo spirito del male. Tra le forme di preghiera più efficaci nel confermare i fedeli nella loro scelta e nel proteggerli dall’azione del demonio spiccano l’adorazione eucaristica e le varie forme di devozione mariana. Laddove il Santissimo Sacramento viene esposto di frequente all’adorazione dei fedeli, sia tramite momenti comunitari e guidati, sia in forma privata, si sperimentano veri e propri miracoli di conversione, in cui si tocca con mano la potenza di Cristo e il terrore dei demoni alla Sua presenza. Includerei anche preghiere litaniche con espresse invocazioni di guarigione e liberazione, ovviamente attenendosi ai testi approvati dalla Chiesa. Tutti i grandi esorcisti (di cui abbiamo qui una nutrita rappresentanza) raccontano di quanto il demonio tremi di fronte alla Vergine Maria invocata nel rito; gli episodi sarebbero innumerevoli e spero che ne saranno citati alcuni in questi giorni.

2) Catechesi appropriata sui temi della salute spirituale e della prudenza nei confronti dei pericoli derivanti dall’azione del nemico. Sono i nostri stessi cristiani a chiederci quest’attenzione particolare! Sarebbe davvero un peccato non assecondarli. Molte volte mi è capitato di sentirmi rivolgere domande piuttosto concrete, anche da persone esterne alla Chiesa, desiderose di sapere quale sia l’insegnamento della Chiesa al riguardo.

Ricordo una visita al consolato di un Paese europeo, dove il responsabile mi aveva invitato per una semplice benedizione degli ambienti da poco ristrutturati. Nel giro di pochi minuti, si è radunato l’intero staff mongolo, composto per lo più da persone non cristiane, che mi hanno fatto una quantità impressionante di domande proprio sul tema del diavolo e di come proteggersi dalla sua azione. A volte incontro persone comuni che quando vengono a sapere che sono un sacerdote mi chiedono se posso scacciare i demoni… Recentemente ho ricevuto un giovane professionista che mi chiedeva di aiutare sua sorella, che soffre di gravi disturbi del comportamento; dalla sua storia sembravano esserci gli elementi della cosiddetta “vocazione sciamanica”, ma non sarebbe da escludere anche la componente psichiatrica.

3) Condivisione frequente del proprio cammino di fede, con momenti appositamente dedicati a temi di demonologia. Attraverso questa prassi di ascolto, il pastore viene a conoscere meglio le reali situazioni di vita in cui i fedeli sperimentano confusione o incertezza, oltre che paure di vario genere. Dal racconto personale dei fedeli si evincono elementi molto significativi per decifrare il mondo religioso di quel popolo. A questo proposito, trovo molto utile la prassi di prendere nota per iscritto e di conservare questo materiale per ulteriori approfondimenti, che necessariamente richiedono anche nozioni di antropologia e psicologia.

4) Celebrazione del rito dell’esorcismo, laddove questo si renda necessario, dopo accurato discernimento. Una Chiesa locale in cui viene garantito questo ministero è una Chiesa che manifesta la pienezza della sua sacramentalità e si piega sulle ferite dell’umanità oppressa dal nemico. Qui abbiamo tutti da imparare dall’esperienza di diocesi che si sono organizzate in un vero e proprio servizio, ben coordinato tra parrocchie ed esorcisti incaricati dall’ordinario. In questo corso non mancheranno riferimenti a tali “buone pratiche”, che possono dare indicazioni utili a chi stesse ancora iniziando il percorso.

5) Formazione dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose sui temi della salute spirituale e della lotta al demonio. Inutile dire che se non sono i sacerdoti stessi, insieme ai religiosi e alle religiose, ad avere gli strumenti necessari per muoversi in questo terreno, sarà difficile educare il popolo di Dio e sostenerlo nel suo cammino di guarigione e liberazione.»

Adorazione eucaristica

Adorazione eucaristica - Josh Applegate

In coda al suo ricchissimo intervento Marengo citava un altro suggestivo aneddoto su un punto citato in precedenza, la potenza spirituale dell’adorazione eucaristica:

«In occasione del trentennale della Chiesa in Mongolia, ho chiesto alle comunità parrocchiali e a quelle religiose di inserire espressamente almeno un’ora di adorazione eucaristica quotidiana. Nella cattedrale di Ulaanbaatar abbiamo deciso di estendere il tempo dell’esposizione del Santissimo Sacramento alle 12 ore diurne (dalle 9 del mattino alle 9 di sera) e vediamo quanto questa scelta stia già portando frutti spirituali sensibili. Tra questi, la storia di un kazako della Mongolia, distrutto dalla morte simultanea di moglie e 5 figli in un incidente stradale. Disperato dalla tragedia, ha provato a cercare conforto dai Musulmani e dai Buddhisti, senza però trovarne beneficio. Poi, un giorno, trovandosi a Ulaanbaatar e sapendo della nostra cattedrale, è entrato proprio durante l’adorazione e ha detto di aver provato una pace interiore che non poteva che venire da Dio. Recatosi in Kazakhstan per lavoro, ha chiesto alla sua ambasciata dove si trovasse la Chiesa Cattolica a Nur Sultan e vi si è recato per le prime catechesi».

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