giovedì 17 aprile 2025
Per la donna di Francavilla, 67 anni, è stato proclamato il 72esimo miracolo di Lourdes. «Avevo la sclerosi e nessuna possibilità di guarire. Dopo la guarigione feci finta di niente: avevo paura»
A sinistra Antonietta Raco a Lourdes nel 2009, a destra Antonietta di nuovo in piedi dopo il miracolo

A sinistra Antonietta Raco a Lourdes nel 2009, a destra Antonietta di nuovo in piedi dopo il miracolo - .

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Vive nella diocesi di Tursi-Lagonegro, Antonietta Raco, la donna guarita miracolosamente dopo un viaggio a Lourdes nell'estate 2009. La firma ufficiale, che riconosce questa guarigione come scientificamente inspiegabile, è avvenuta mercoledì scorso nella Cattedrale di Maria Santissima Annunziata in Tursi, provincia di Matera. Ad apporre il sigillo che decreta il riconoscimento del 72° miracolo per intercessione della Madonna venerata a Lourdes, è stato il vescovo di Tursi-Lagonegro Vincenzo Orofino. La storia del segno prodigioso era già stata raccontata da Avvenire nel 2009 pochi giorni dopo il rientro dal santuario francese. Oggi quel segno è riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa come un miracolo.

Il vescovo di Tursi-Lagonegro, Orofino, firma l'atto di riconoscimento del miracolo della guarigione di Antonietta Raco

Il vescovo di Tursi-Lagonegro, Orofino, firma l'atto di riconoscimento del miracolo della guarigione di Antonietta Raco - .

Nulla, proprio nulla sembra alterare la quotidiana serenità di Antonietta Raco. Te ne accorgi guardando i suoi occhi che accolgono gli ospiti con tenerezza e umiltà, nella sua casa di Francavilla in Sinni (Potenza), in diocesi di Tursi-Lagonegro. Nulla che muti le sue emozioni, nessun timore che ne alteri il comportamento; neanche quando, mercoledì pomeriggio, il vescovo Vincenzo Carmine Orofino la abbraccia e le dice che quel “segno”, quella inspiegabile guarigione avvenuta 16 anni prima a Lourdes, ora, per la Chiesa, è un “miracolo”. Né si scompone, questa signora di 67 anni - alla quale la scienza medica non aveva dato nessuna speranza fino al 2009, a causa della Sclerosi laterale primaria che se la stava portando via -, quando il parroco della comunità della Presentazione della Beata Vergine Maria, don Nicola Caino, che le sta accanto in questi momenti, le dice che una piccola folla di giornalisti si sta radunando a pochi passi dalla sua abitazione. «Forse non lo dimostro, in realtà però provo una grande emozione per quanto avvenuto in occasione della Messa del Crisma di mercoledì, a Tursi, in cui il vescovo ha parlato di segno divino della guarigione - confida Antonietta con un filo di voce -. Sono consapevole dell’accaduto. Eppure, con sincerità le dico che per me non è cambiato nulla».

Mi scusi, lei ha ricevuto un miracolo riconosciuto ufficialmente e, cosa altrettanto singolare, lo può anche raccontare. Sicuro che non sia cambiato nulla?

La mia vita era già cambiata, l’estate di 16 anni fa. Era il 5 agosto del 2009, quando, dopo 4 anni, mi sono alzata dalla sedia a rotelle e ho ripreso a camminare. Ma io ero già credente, la mia fede è stata solo rafforzata.

Che cosa avvenne di preciso a Lourdes, 16 anni fa?

Alla fine di luglio partecipai a un pellegrinaggio Unitalsi, in realtà non per pregare per me. Quando arrivò il mio turno nella piscina, entrando in acqua ero sostenuta da tre "dame". Poco dopo, due si allontanarono, mentre una continuava ad assistermi. Poi anche questa dama di discostò di poco da me. Ecco, fu allora che percepii la presenza di qualcun altro che mi sorreggeva il collo. Allora, non senza difficoltà, ho provato a voltarmi ma non c’era nessuno. Accusai quindi un grande dolore ad entrambe le gambe, prima di una sensazione di avvolgente sollievo. In quell’istante avvertii, alla mia sinistra, una voce femminile, bellissima: era soave, leggera. Non ho mai udito niente di simile. Mi diceva: "Non avere paura, non avere paura!". Ma io tremavo, eccome se tremavo di paura. Stava accadendo un fatto non spiegabile, anche perché quella voce la sentivo solo io. Non sapevo, assolutamente, di essere guarita.

Fu la paura a non farle rivelare a nessuno quanto le era successo?

Sì, e rimasi in sedia a rotelle.

Perché?

Qualcosa era avvenuto nel mio fisico ma ero intimorita, incapace di rivelare a me e ai miei cari di cosa si trattasse. Del resto, la nostra fede non si basa su fatti da esibire.

Quando ha rotto questo silenzio?

Tornai a casa, nella mia Basilicata. Era la sera del 5 agosto. Guardavo la televisione seduta sul divano, vicino a me c’era mio marito, quando quella voce, la voce di Lourdes, tornò. Che spavento! “Chiama tuo marito - mi diceva -, diglielo”. Ma cosa avrei dovuto dirgli, pensai? Ero agitata. Ma ancora la voce: "Chiama tuo marito, diglielo". Allora ho chiamato mio marito Antonio e ho trovato la forza di provare ad alzarmi sulle mie gambe. Ci riuscii! Ho fatto dei passi, poi addirittura dei giri su me stessa. Mio marito non credeva ai suoi occhi. E gli ho detto tutto.

Lui cosa fece?

Chiamò il medico del paese ma informammo anche il parroco di allora, don Franco La Canna (attualmente parroco a Chiaromonte, ndr).

Cosa le dissero?

Il parroco raccolse ogni informazione per riportarla al vescovo Francescantonio Nolè (scomparso nel 2022, ndr). Il medico disse che quanto vedeva non era razionale. E che avrei dovuto prenotare subito una visita nel centro Sla dell’Ospedale Molinette di Torino, dove ero in cura. Lo feci.

Come andò?

Entrai sulle mie gambe in quel reparto. I medici, gli infermieri che mi avevano sempre sollevato dalla sedia a rotelle per adagiarmi su un letto, erano immobili, a guardarmi. Il primario, il professor Adriano Chiò, mi venne incontro. Era colpito. Mi sottopose a una lunga serie di esami. Alla fine, senza una parola, mi abbracciò, ci siamo commossi. La scienza, lui precisò, non era in grado di spiegare.

Quante possibilità aveva di guarire?

Nessuna.

Quante altre visite ha dovuto sostenere, da allora, perché la Chiesa si esprimesse ufficialmente sul suo caso?

Tantissime. Soprattutto al Bureau des constatations médicales di Lourdes. Sono stata valutata da specialisti italiani ed esteri. Ho anche detto loro che se la mia vicenda può aiutare a comprendere di più questa malattia, ben vengano tutti gli accertamenti.

Antonietta Raco assiste alla celebrazione durante la quale il vescovo Orofino ha annunciato il riconoscimento del miracolo riguardante la sua guarigione

Antonietta Raco assiste alla celebrazione durante la quale il vescovo Orofino ha annunciato il riconoscimento del miracolo riguardante la sua guarigione - .

Come definirebbe il suo rapporto con Maria?

Da sempre ho considerato la Madonna come una mamma. Nella mia semplicità, mi sono sempre affidata a lei. Non nego che, dopo quello che mi è successo, avverto quella presenza accanto, come può avvenire per tutte le altre persone che a lei si affidano. Io scelta per un miracolo? Siamo solo uno strumento nelle mani di Dio. Certo, quando ascolto i passi del Vangelo, sento pronunciare episodi di miracoli. Ma non pensi mai che quei fatti così lontani cronologicamente, possano ripetersi. Invece, la nostra fede ci consente di comprendere che Dio è sempre presente in mezzo a noi, allora come oggi.

È diventata volontaria dell’Unitalsi?

Sì, loro hanno fatto tanto per me, con un’assistenza amorevole, e io voglio fare qualcosa per gli altri. Senza il loro aiuto non avrei avuto la possibilità di andare a Lourdes. Ma volontari lo si è tutti i giorni, semplicemente stando accanto ad una persona che soffre, per esempio.

Tornerà a Lourdes?

Certo. Lourdes è casa mia. E non c’è un momento nel corso della giornata, che la mia mente non torni alla Grotta.

Ha detto che nel 2009 era andata a Lourdes a pregare per un’altra persona…

Sì, pregavo per una bambina malata di Sla. In quanto a me, chiedevo la pace nell’affrontare la malattia. All’epoca fui impressionata dalle vicende di alcuni pazienti incurabili ai quali tolsero i sostegni vitali. Ce lo insegna l’Anno Giubilare: non dobbiamo mai perdere la speranza. La vita va vissuta comunque, fino alla fine.

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