mercoledì 27 maggio 2020
L’esperienza è stata intensa ed efficace, ha allargato l’abbraccio della Chiesa, insegnato a usare meglio le tecnologie. Ma ora cosa è meglio fare? Ecco le ragioni delle diverse scelte
Il vescovo di Trapani, Pietro Maria Fragnelli, celebra in diretta tv e streaming

Il vescovo di Trapani, Pietro Maria Fragnelli, celebra in diretta tv e streaming - Collaboratori Avvenire

COMMENTA E CONDIVIDI

Con la ripresa delle Messe in presenza del popolo, domenica, si è aperta inevitabilmente la riflessione sulle celebrazioni in streaming e in diretta tv: vanno sospese, come ha fatto il Papa, per incoraggiare la gente a tornare a partecipare dal vivo all’Eucaristia, centro e fondamento della comunità cristisana? Oppure vale la pena continuare, affiancando alla liturgia nella chiesa finalmente “abitata” la trasmissione per chi non può uscire di casa o ancora non se la sente, per i motivi più diversi e rispettabili? C’è anche una terza via: garantire la copertura digitale ancora per l’Ascensione e la Pentecoste, anche per dare modo alle parrocchie di fare apprendistato con le complesse procedure di sicurezza. Ma il tema è all’ordine del giorno e richiede di mettersi in ascolto delle differenti posizioni (c’è anche chi non ha mai trasmesso nulla). Abbiamo tutti da imparare, nella legittimità di scelte che rispecchiano la conoscenza della propria comunità. Continuiamo a condividere le esperienze e riflessioni di cui vorrete metterci al corrente (potete scrivere a Francesco Ognibene). (F.O.)

Perché continuare

Lauro Tisi: «Diamo un’opportunità a quanti non possono uscire e a chi ora ci ha ritrovati»

«Andiamo avanti anche in giugno con le Messe in streaming». L’arcivescovo di Trento Lauro Tisi ha scelto di non interrompere l’appuntamento festivo delle 10 in diretta su Telepace Trento e in streaming sul sito dell’Arcidiocesi e del settimanale diocesano Vita Trentina. «Perché non dobbiamo dimenticare che non tutti possono ancora entrare: penso ad ammalati e anziani ai quali è sconsigliata la partecipazione. E l’ho fatto anche per chi ora può recarsi in chiesa: non deve dimenticare quella buona parte di comunità rimasta a casa. E ad essa deve sentirsi unita, deve sentirne quasi nostalgia, comprendendone la sofferenza.

Cosa teme?
«Mi preoccupa il rischio che in questa fase prevalga una deriva individualista del vivere i sacramenti, senza tener conto che debbono sempre essere un momento comunitario, vissuto anche con chi si trova a distanza, in quanto impossibilitato. È estranea all’Eucarestia una fruizione individuale, che dimentica gli altri. Ma c’è un altro motivo per proseguire con lo streaming: In queste settimane ho raccolto commenti o messaggi di trentini che non erano soliti frequentare la chiesa alla domenica, ma che in questa forma hanno potuto incontrare la Parola. E mi hanno chiesto di proseguire perché ne traggono un aiuto nella loro ricerca».

Quali altri riscontri ha avuto?
Ho sentito famiglie che durante la quarantena hanno goduto di poter partecipare all’Eucaristia in questa forma domestica. Tanti ammalati, ma anche operatori sanitari impegnati in corsia, si sentivano accompagnati dalla preghiera di una comunità più ampia collegata alla domenica mattina. (di Diego Andreatta)

Il parroco scrittore e quello blogger: «Online, ma con saggezza»

Se l’inizio della pandemia ha disorientato parrocchie e diocesi, prima di trovare un nuovo assetto, oggi c’è la ricerca di un nuovo equilibrio che consenta di cogliere le opportunità della tecnologia ritrovando il senso fisico della comunità. Don Tonino Lasconi, parroco e scrittore, partecipando a un incontro digitale promosso da Ucsi Marche, di cui è consulente ecclesiale, e condotto dal presidente Piero Chinellato, ha annunciato che continuerà a trasmettere la Messa online domenica prossima alle 11 perché richiesta da chi ha in casa anziani o bambini: «Un’Eucarestia partecipata, non solo per farla vedere a casa. Il virtuale ci ha aiutato a vivere un momento delicato, ma non è irreale: è un reale vissuto in modo diverso».

Cosa ci hanno insegnato, allora, questi mesi? Don Dino Pirri, parroco a Grottammare, grande dimestichezza con i social, sottolinea l’improvvisa attenzione di tante agenzie laiche sulle attività dei preti, che talvolta però sono sembrati più ansiosi di occupare spazi che gestire processi. La bulimia di celebrazioni online ha anche mostrato il rischio di Messe e Rosari ‘takeaway’, celebrazioni scelte fra quelle registrate come al supermercato. «I social – incalza don Dino – hanno rischiato così di creare ancora più separazione, diventando moltiplicatori di link di devozioni senza riflessione. Ma ci è chiesto di riempire il vuoto o attraversarlo?». (di Vincenzo Varagona)

Perché smettere

Pietro Maria Fragnelli: «Ora dobbiamo ritrovarci nelle nostre comunità, Ma quanto ho imparato»

«Grazie di questa compagnia». «Grazie della sua presenza». «Ci mancherà...». Sono alcuni dei messaggi lasciati su Facebook dopo l’ultima celebrazione in streaming e in tv dalla cappella del palazzo vescovile, domenica 17 maggio. Sabato scorso il vescovo di Trapani, Pietro Maria Fragnelli, aveva inviato un messaggio per salutare tutte le comunità che tornavano a riunirsi.

«Per un pastore è sempre doloroso dire un no soprattutto quando ti accorgi che anche la comunicazione mediata rivela una sua valenza unica, ma nella Messa dell’Ascensione ho avuto la gioia, dopo 80 giorni, di ritrovare la comunità cristiana in carne e ossa.
Le Messe in diretta mi hanno permesso di raggiungere tante persone che non sono in condizione di partecipare in chiesa o che non sono solite farlo. Ho “conosciuto” una porzione del mio popolo che abitualmente non raggiungo se non con sporadici incontri personali. E’ stata un’occasione generativa di relazione con molte persone.

Cosa le mancherà?
L’impegno prolungato di ascolto e di studio della Parola da cui sono nate omelie che hanno tentato di cogliere e trasmettere il senso di quello che il Signore ci ha voluto dire in queste settimane. Guardando avanti questo stimola la verifica, direi la conversione della nostra predicazione domenicale. La lontananza fisica, unita alla presenza mediatica, ha generato in me l’eco di un richiamo forte a quella relazione con Dio nella quale la mia umanità supera i suoi argini e riesce a fare spazio anche a coloro che non sono abitualmente presenti nella mia azione pastorale. E’ stata una situazione scomoda che ha generato nuovi codici comunicativi.

Cosa abbiamo imparato secondo lei da questo tempo?
Abbiamo appreso a fare “sosta” e nelle nostre soste stimolare la revisione della nostra scala dei valori. Ti accorgi che la presenza del Vangelo è appello a una dignità umana ben oltre le scale di valori “stagionali” o riduttive che ogni epoca si dà. (di Lilli Genco)

Il parroco che interrompe i live: «La gente deve ritornare»

Le Messe in diretta sono state realmente momenti di incontro con la gente. L’appuntamento quotidiano in streaming si è dimostrato importante per tutti, vissuto con attenzione ed entusiasmo. Grazie alla Rete le porte delle chiese non sono rimaste chiuse e l’Eucaristia celebrata in diretta ha forse dato prova, anche a chi non era abituato a recarsi in chiesa per la Messa feriale, di quanto importante ed essenziale sia per nutrire la fede. Per noi sacerdoti non è stato facile presiedere una Messa in diretta perché una cosa è celebrare “faccia a faccia”, altra farlo sapendo che dietro lo schermo ci sono persone che ti ascoltano e ti guardano. Ecco perché non c’è logica pastorale nel continuare, ora che la gente può recarsi in chiesa per la Messa, a celebrare Messe contemporaneamente in diretta e con le persone presenti in chiesa. E’ vero che il distanziamento non permette a tutti di partecipare alla Messa ma ogni giorno molti possono recarsi in chiesa e partecipare alla Messa feriale qualora non si dovesse riuscire la domenica. Forse è arrivato il momento di mettere i nostri telefoni in modalità silenziosa e cominciare invece a progettare nuove modalità di pastorale in Rete in particolare per i bambini e ragazzi del catechismo. La Messa però celebriamola senza più telefoni e telecamere, lasciamo che la gente ritorni.
don Alessandro Palermo, parroco a Marsala




© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: