sabato 3 dicembre 2022
Il cardinale ha tenuto la prima predica in Aula Paolo VI, presente papa Francesco. «Andiamo dunque incontro a Cristo che viene, con un atto di fede che è anche una promessa di Dio e dunque profezia»
Un momento della prima meditazione d'Avvento per la Curia, presente anche papa Francesco

Un momento della prima meditazione d'Avvento per la Curia, presente anche papa Francesco - Dal video Vatican Media

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Dio conosce infiniti e «molti modi per salvare più di quanto noi possiamo pensare» tutta l’umanità. È il perno su cui si è incentrata la Prima predica di Avvento, pronunciata ieri mattina dal predicatore della Casa Pontificia il cardinale Raniero Cantalmessa.

La tradizionale meditazione di Avvento condotta dal frate minore cappuccino, classe 1934, di origini marchigiane, che dal 1980 riveste senza interruzione questo prestigioso ufficio (ad affidarglielo fu san Giovanni Paolo II) all’interno della Famiglia pontificia è avvenuta ieri mattina, alla presenza di papa Francesco, nell’Aula Paolo VI.

Il tema scelto quest’anno dal religioso è: «Sollevate, porte, i vostri frontali” (Salmo 24, 7-8). Fede, Speranza e Carità: le tre porte da aprire a Cristo che viene». Le altre due prediche, sempre in Aula Paolo VI, fissate per le 9 del mattino si terranno il 9 e il 16 dicembre. Ed è stato lo stesso porporato a spiegare il perché di queste meditazioni dedicate a questo argomento: «Ho pensato di scegliere come tema di queste tre prediche di Avvento proprio le tre virtù teologali. Fede, speranza e carità sono l’oro, l’incenso e la mirra che noi, Magi di oggi, vogliamo recare in dono a Dio che “viene a visitarci dall’alto”».

Attingendo alla sua formazione patristica padre Cantalamessa ha soprattutto voluto sottolineare ai presenti in Aula Nervi questo aspetto che «ogni porta » cioé della «fede, speranza e carità» possono essere aperte da ogni credente solo con il «concorso di Dio». E ha osservato a questo proposito: «La grande porta che l’uomo può aprire, o chiudere, a Cristo è una sola e si chiama libertà».

Il religioso è poi ripartito da quanto la Tradizione ci ha tramandato sul concetto di Salus animarum nella Chiesa cattolica e ha rievocato la famosa frase attribuita a san Cipriano Extra ecclesiam nulla salus, ma soprattutto alla luce del magistero del Vaticano II ha voluto ricordare come oggi la stessa categoria di «salvezza» sia divenuta un patrimonio e appannaggio accessibile ad ogni uomo di buona volontà.

«Oggi non è più così. Da qualche tempo è in atto un dialogo tra le religioni, basato sul reciproco rispetto e sul riconoscimento dei valori presenti in ognuna di esse. Nella Chiesa Cattolica, il punto di partenza è stata la dichiarazione Nostra aetate del Concilio Vaticano II, ma un orientamento analogo è condiviso da tutte le Chiese storiche cristiane. Con questo riconoscimento si è andata affermando la convinzione che anche persone al di fuori della Chiesa possono salvarsi».

Nel suo articolato ragionamento ha voluto ricordare la continua «lotta tra bene e male» che fino al giorno del giudizio ogni credente sarà costretto a intraprendere ma anche di quanto oggi sia strategico alla luce anche delle recenti scoperte scientifiche il fecondo rapporto tra «fede e scienza».

Padre Cantalamessa si dice convinto che l’ultima parola spetterà sempre a Dio in quanto «giusto e santo». E ha ribadito che ogni buon cristiano alla luce anche del magistero corrente di papa Francesco deve sempre sapere dove stare: «dalla parte dei poveri, dei deboli, delle vittime, di quelli che portano il peso maggiore di ogni sventura e di ogni guerra». Di qui l’invito a tutti i presenti: «Andiamo dunque incontro a Cristo che viene, con un atto di fede che è anche una promessa di Dio e dunque una profezia».

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