venerdì 11 ottobre 2013
Il racconto di Ernesto Olivero sull’omaggio alla Madonna che porta la firma di tre Papi. Nei giorni scorsi, nell’udienza con il fondatore dell’Arsenale della pace, anche Francesco ha voluto aggiungere il suo nome a quello di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sotto alle parole accompagnate da un’icona che arriva dalla Russia.
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È «una storia di Dio». Ernesto Olivero non ha dubbi: «È la storia più incredibile della mia vita, iniziata 13 anni fa. È di certo una storia di Dio», ripete il fondatore del Sermig di Torino. Gli ingredienti sono semplici: una preghiera mariana scritta nel 2000, un incontro ripetuto a poca distanza di tempo con Giovanni Paolo II, quello a sorpresa con Benedetto XVI, un’icona antica fatta giungere dalla Russia da un amico non credente e infine la firma di papa Francesco. L’occasione per ripercorrere la vicenda con Avvenire è l’udienza privata con Bergoglio avvenuta nei giorni scorsi.Come è nato questo incontro?Il mio vescovo, Cesare Nosiglia, il pastore di Torino, aveva scritto al Santo Padre poco dopo l’elezione chiedendogli di ricevermi come fondatore del Sermig, una realtà attiva dal 1964.Quindi al Papa ha offerto un resoconto di tutte le vostre attività?In realtà ho voluto parlargli non di attività ma dello spirito che ci anima. Uno spirito che è ritratto nella Regola per i consacrati del Sermig, nella quale c’è tutta la nostra storia. Quando mi misi a redigerla partii da due interrogativi: prima di tutto nel nostro percorso abbiamo ricevuto delle sofferenze e delle ingiustizie incredibili, ma chi ci ha dato la forza di non polemizzare? Abbiamo avuto, poi, anche dei successi importanti, ma chi ci ha dato la forza di non montarci la testa? Allora ho capito che dovevamo scrivere la Regola partendo dalla chiamata ad amare con il cuore di Dio. A papa Francesco, poi, ho raccontato gli incontri che hanno guidato la nostra storia.Quali furono?Prima di tutto quello con padre Michele Pellegrino, il cardinale arcivescovo di Torino, che, andando contro tutto e contro tutti, ci permise di utilizzare la chiesa dell’arcivescovado, dopo che eravamo stati mandati via dalla nostra prima sede. Poi ci fu l’incontro il 19 giugno 1976 con Paolo VI, dal quale andai in realtà per protestare contro una Chiesa che ritenevo staccata dalla gente. E lui, accolte le mie parole che volevano essere propositive, mi abbracciò e mi disse: "Anch’io desidero quello che desidera lei. Faccia lei quello che mi ha chiesto". Altri incontri fondamentali furono quelli con dom Luciano Mendes de Almeida e dom Helder Camara, oltre a quello con Madre Teresa di Calcutta. Poi un’altra tappa di questo viaggio negli incontri fu con Giovanni Paolo II, il quale mi ha ricevuto 77 volte. Dopo aver parlato di questi incontri a papa Francesco ho presentato la preghiera a Maria Madre dei giovani, che ho scritto il 4 novembre 2000. Un testo che è al centro di una storia nella quale si vede la mano di Dio.Può raccontarcela?Pochi giorni dopo averla scritta incontrai Giovanni Paolo II, il quale ci chiese di organizzare il Giubileo della pace. In quell’occasione avevo con me un piccolo poster con la preghiera. Lo diedi al Papa dicendogli che in quell’impresa ci avrebbe accompagnato quella preghiera. Il 22 dicembre successivo in Aula Paolo VI me la restituì con la sua firma. Quando è stato eletto Benedetto XVI i miei amici, conoscendo la mia amicizia con Wojtyla e con i suoi collaboratori, mi chiedevano come avrei fatto con il nuovo Papa. E io rispondevo che qualcuno "mi avrebbe preso per mano" e portato da lui. E così è stato: all’inizio del 2006 in Vaticano trovai monsignor Giovanni d’Ercole che mi incoraggiò a scrivere una lettera al Papa, consegnandola al prefetto della Casa Pontificia. Mi presentai il 3 febbraio 2006 senza appuntamento per lasciare la lettera e il prefetto, dopo averla letta, mi disse che il Papa poteva ricevermi quella mattina. Fu un’emozione enorme, avevo il cuore che batteva a mille, ma non potevo presentarmi a mani vuote, così andai da suor Ariberta, la custode del magazzino dove venivano conservati i doni al Papa e dove aveva lasciato un piccolo spazio per me. Lì trovai una bandiera della pace e una copia della preghiera a Maria Madre dei giovani. Portai la preghiera a Benedetto XVI e lui la firmò con entusiasmo. Poi anche lui si accorse che era un nome nuovo per Maria, quello di «madre dei giovani». Così gli chiesi di regalarmi un volto da accompagnare alla preghiera. "Certamente – fu la sua risposta – ne parli con il prefetto".E come si è arrivati all’icona proveniente dalla Russia?Dalla risposta del Papa è partita la storia più incredibile della mia vita. Il prefetto acconsentì subito ad avviare la ricerca di un’immagine della Vergine per la preghiera. Doveva essere un volto "degno", che però non arrivava. Allora ad un certo punto ho proposto di farmi carico della ricerca di un volto da sottoporre all’approvazione del Papa. Il 29 aprile 2009 di rientro a casa a tarda ora mi misi a fare zapping alla tv e capitai sulle immagini di un documentario dedicato all’assedio di Mosca durante la Seconda Guerra mondiale. Veniva raccontata la storia di un monaco ortodosso che raccontò a Stalin una visione nella quale gli veniva chiesto di portare in cielo sopra Mosca l’icona della Madre di Dio. Così avvenne e la città fu risparmiata. Decisi così che il volto della Madre dei giovani sarebbe dovuto arrivare dalla Russia e che un non credente avrebbe dovuto aiutarmi.Su chi ricadde la scelta per l’aiuto?Pensai subito a Massimo D’Alema, con il quale ho un rapporto spirituale. La scelta di farmi aiutare da lui fu approvata dal Vaticano. Così poco tempo dopo andai da D’Alema il quale acconsentì a regalarmi un’icona che arrivasse dalla Russia. Chiamò subito un amico a Mosca e fece partire la ricerca. Mi richiamò il 24 giugno 2010, festa di san Giovanni. Andai da lui il 29 giugno e scoprii con stupore che la Madonna in quell’icona aveva tre mani. Era un’icona del XIX secolo scritta secondo la tradizione legata a san Giovanni Damasceno, il quale ebbe una mano amputata dai musulmani ma fu guarito dopo una notte in preghiera davanti alla Vergine. Per riconoscenza fece aggiungere alla Madonna una terza mano d’argento. Il 15 agosto 2010 portai l’icona a Castel Gandolfo da Benedetto XVI, che la benedisse. Penso che grazie alla «Madonna delle tre mani» il Sermig diventerà un vero santuario mariano.E anche papa Francesco ha apposto la sua firma sulla preghiera?Sì e mi ha colpito molto il fatto che abbia firmato con una grafia piccolissima, un gesto che rivela la sua umiltà. Poi ho dato al Papa da benedire le croci che l’8 dicembre consegnerò ai consacrati del Sermig e l’ultimo Rosario appartenuto al cardinale Van Thuan. Infine, dopo un abbraccio Bergoglio mi ha chiesto di pregare per lui.
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