venerdì 7 maggio 2021
Cieca, abbandonata dai genitori, è stata “ancella” della carità che il Papa ha appena canonizzato. Domenica in Umbria e nelle Marche la fine delle celebrazioni per i 700 anni dalla sua morte
Santa Margherita di Città di Castello in un polittico neogotico nella chiesa di San Domenico a Città di Castello

Santa Margherita di Città di Castello in un polittico neogotico nella chiesa di San Domenico a Città di Castello - Diocesi di Città di Castello

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Piccola di statura. Analfabeta. Abbandonata dalla famiglia. Cieca. Con alcuni deficit fisici. E ora santa. Margherita di Città di Castello, che per secoli era conosciuta come la “beata Margherita”, è già canonizzata. Dallo scorso 24 aprile. Con il via libera di papa Francesco che ha accolto le conclusioni della Congregazione delle cause dei santi. E senza bisogno di un miracolo, ma grazie alla speciale procedura “per equipollenza” per la suo culto diffuso in tutti i continenti. «In realtà un miracolo c’è stato – spiega il vescovo di Città di Castello, Domenico Cancian –. E sta nel fatto che la sua fama di santità, a distanza di sette secoli, è ancora viva. Anzi, è sempre più viva: non solo qui in Umbria dove ha testimoniato la gioia del Vangelo ed è scomparsa nel 1320 quando aveva appena 33 anni, oppure nell’arcidiocesi di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado in cui è nata nel fortilizio della Metola, ma nel mondo come mostra la devozione verso di lei ad esempio in Messico, nelle Filippine, in Australia, in Giappone, in India e soprattutto negli Stati Uniti dove addirittura è stato dedicato un film a Margherita».

Il vescovo di Città di Castello, Domenico Cancian, di fronte alla reliquia di santa Margherita

Il vescovo di Città di Castello, Domenico Cancian, di fronte alla reliquia di santa Margherita - Diocesi di Città di Castello

Domenica 9 maggio le due diocesi che hanno visto la presenza della nuova santa chiuderanno le celebrazioni per il settimo centenario della sua morte. Un doppio appuntamento che unirà l’Umbria e le Marche nel nome della mistica del Medioevo che è stata quasi contemporanea di Caterina da Siena e ha vissuto mentre Dante componeva la Divina Commedia. A Città di Castello sarà Cancian a presiedere la Messa solenne alle 11.15 nella chiesa di San Domenico dove sono custodite le spoglie e dove la giovane era rimasta affascinata dall’Ordine dei frati predicatori fino a entrare a far parte delle Mantellate domenicane, poi Terziarie secolari di san Domenico. E poi è già in programma per domenica 19 settembre nelle due terre una solenne concelebrazione di ringraziamento per la canonizzazione.

Eccellenza, Margherita diventa santa in un tempo segnato dalla pandemia e dalla prova. Che cosa dice a chi vive questo frangente così complesso?

La canonizzazione è coincisa con l’ultimo tratto dello speciale anno in suo onore che si è aperto nel 2020 ma anche con la drammatica emergenza sanitaria causata dal Covid. Ecco, Margherita, santa della porta accanto, può insegnarci a trasformare il male in bene, senza cedere allo sterile vittimismo e alla lamentela inutile, invitandoci a una reazione evangelica che sa vedere come tutto può concorrere al bene. Passando per le nostre vie possiamo immaginarcela con le parole poetiche di Fernando Pessoa: “Con le mie mani tocco i muri, ma con l’anima la verità… Sento solo ali di uccelli, ma vedo ali di angeli”.

La via della santità non conosce barriere. Né di cultura, né di natura fisica.

Margherita non sapeva né leggere né scrivere. Eppure era in grado di recitare a memoria tutti i Salmi. Ed era una disabile segnata dalla cecità. Handicap che lei, illuminata dallo Spirito Santo, ha elevato a opportunità. La sua avventura spirituale può essere riassunta in un motto: era cieca ma viveva nella luce. Tutto ciò è uno schiaffo alla cultura dello scarto che valuta l’uomo o la donna soltanto con il metro dell’utilitarismo. Margherita è la testata d’angolo ricavata dalla pietra scartata: prima dalla famiglia che, rifiutando i suoi deficit, l’aveva rinchiusa in casa e poi abbandonata a Città di Castello, e persino da una comunità religiosa dove lei era entrata. La sua vita poteva essere marcata dai risentimenti che ritengo lei umanamente avesse anche avvertito, ma li ha vinti con l’amore. E così è stata una donna che ha portato fra la gente la bellezza di una vita di preghiera e di donazione agli altri nel segno della carità e della vicinanza agli ultimi.

Negli Usa una statua di santa Margherita di Città di Castello

Negli Usa una statua di santa Margherita di Città di Castello - Wikipedia

Margherita richiama all’accoglienza, a cominciare dai più bisognosi e deboli.

Direi che è un grido quello che si alza da lei. Un grido a non cedere alla tentazione dei pregiudizi, dell’indifferenza, della spinta all’emarginazione. Sulla sua pelle ha sperimentato l’esclusione indotta dalle fragilità. Persino nel suo corpo incorrotto che si trova nella nostra città si notano alcuni problemi fisici. La preziosa eredità lasciata dalla santa ci impegna a concretizzare l’inclusione, la pacificazione, la gioiosa carità di cui lei è stata un modello esemplare.

La mistica, a cui sono attribuiti prodigi e guarigioni, si è spesa per i dimenticati e i carcerati. Un invito a chinarsi sulle ferite dell’umanità?

La sua vita è un inno alla carità. Le biografie evidenziano la sua serenità e il suo ininterrotto desiderio di donarsi agli altri. Guai a voltarsi dall’altra parte.

Chi si rivolge oggi alla santa che abbraccia l’Umbria e le Marche?

La chiesa di San Domenico che accoglie le sue reliquie è meta di tanti che invocano la sua intercessione per una grazia o un aiuto. Del resto nelle nostre due diocesi è la protettrice dei non vedenti e degli emarginati. La sua immagine al centro dell’abside della Cattedrale di Città di Castello, così come nella cupola, rivela la straordinaria importanza di questa minuscola donna. La sua figura è stata ispiratrice di opere di prossimità. Cito le “ciechine”, come qui veniva chiamato familiarmente l’istituto che accoglieva i bambini non vedenti sull’esempio di Margherita. Poi ci sono le associazioni che si dedicano ai disabili e che guardano alla sua profezia. Aggiungo che negli Stati Uniti è invocata dalle partorienti ed è riferimento nei movimenti per la vita. Un ulteriore aspetto è la devozione di Margherita per la Santa Famiglia di Nazareth. Da lei, rifiutata dai genitori e poi abbandonata, giunge come un appello alla famiglia, alla generatività, all’amore per la vita: dal concepimento alla naturale conclusione.


La biografia: una non vedente sugli altari


È una storia di «cultura dello scarto» quella di santa Margherita. Che riscatta le sue prove con la fede. Nata cieca e deforme nel 1287 nel fortilizio della Metola (oggi nel Comune di Mercatello Sul Metauro nelle Marche), viene rinchiusa in una cella dalla sua famiglia, espressione della piccola nobiltà locale, perché resti nascosta agli occhi del mondo. I suoi “difetti” sono uno stigma. A cinque anni è portata dai genitori in Umbria, a Città di Castello in cerca di un miracolo che non si compie. E la ragazzina viene abbandonata. Dopo aver mendicato per le vie del borgo, è accolta dalle suore: la ripudieranno anche loro. Verrà “salvata” da una coppia di devoti che la accolgono in casa. E la santa sarà l’educatrice dei figli, ma anche un’amica di carcerati e infermi. Innamorata della preghiera, dedita a pratiche penitenziali, si vedrà attribuire prodigi o guarigioni. E la sua frequentazione della chiesa dei frati predicatori la spingerà a entrare a far parte delle Mantellate domenicane, poi Terziarie secolari di san Domenico. Non è un caso che il suo corpo si trovi nella chiesa di San Domenico a Città di Castello. Muore nel 1320, a 33 anni.



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