sabato 24 settembre 2011
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Una casa di ringhiera sopra una vecchia stalla. Una grande corte abitata dai lavori dei grandi, dai giochi dei bambini e dal becchettare delle galline. A poche decine di metri, dopo la cappella per i morti della peste del 1630, la parrocchiale dedicata a San Leonardo e, davanti al sagrato, il cimitero. Sono racchiuse in gran parte qui l’infanzia e la giovinezza del cardinale Angelo Scola, nato a Malgrate (Lecco) il 7 novembre 1941 e cresciuto in una semplice casa in via Sant’Antonino 6. Certo, in settant’anni il paesaggio è notevolmente cambiato e quella casa prima al limitare del paese oggi è circondata da alti condomini. Anche la corte ha dovuto lasciare spazio ai box per le auto. Ma basta ascoltare Amorina Di Lorenzo, 85 anni, da più di sessanta residente in quella casa, per fare un salto indietro di oltre mezzo secolo. «Se mi ricordo di lui? Certo! Come potrei dimenticarmi quella zazzera rossa che corre e gioca per il cortile... Un bambino vivace ma anche molto impegnato: leggeva sempre».

Tra gli aneddoti della signora Amorina, ce n’è uno curioso ma anche rivelatore della personalità del futuro arcivescovo. «Un giorno nonna Carolina, la più anziana della corte, gli disse: "Russet, cusa mai verrà fora da quella testolina?". E lui sicuro: "Avvocato, prete e poi vo a Papa". Aveva dieci anni». Amorina si commuove ricordando i genitori di Scola: Carlo, camionista della Sae, e Regina Colombo, casalinga. «Nei momenti di difficoltà, soprattutto appena dopo la guerra, ci hanno aiutato tantissimo. La loro casa era l’unica con il telefono, che ci facevano usare ogni volta che ne avevamo bisogno e il papà, con la sua macchina, una delle poche del paese, ci accompagnava volentieri». L’apertura di cuore della famiglia Scola è sottolineata anche dai numerosi cugini, che ancora vivono a Malgrate. Una caratteristica che mamma Regina e papà Carlo hanno trasmesso ai figli Pietro e Angelo. Il primo, maestro elementare, è stato per undici anni sindaco del paese, ed è morto nel 1983 in un incidente stradale. Gli è stata dedicata una scuola a Lecco. In segno di riconoscenza, il cardinale Scola domani pregherà sulla tomba dei genitori prima di raggiungere Milano. In chiesa invece ricorderà il battesimo accanto al fonte presso il quale, settant’anni fa, è stato introdotto nella comunità cristiana.

 A Milano lo accompagneranno quattro pullman di malgratesi, che saluteranno anche il parroco, don Luciano Capra, pronto a seguire l’arcivescovo come segretario. «A Natale – ricorda il cugino Claudio Colombo – ci si riuniva tutti. Eravamo più di 40 e lui non mancava mai. Anzi, era proprio don Angelo ad animare la serata».  Un altro cugino, Enrico Bonacina, e l’amico d’infanzia Natale Ferranti ricordano le giornate trascorse giocando sullo "stradone" che sale dal Comune. Con mamma Regina preoccupata per i continui passaggi dei camion delle cave di sabbia del Moregallo. «A scuola era senz’altro più bravo sui libri che con il pallone» ricorda Giampiero Redaelli, compagno di classe alle elementari e alle medie e, con il giovane Angelo, animatore all’oratorio dell’indimenticato don Fausto Tuissi, che ha forgiato generazioni di malgratesi. Sindaco di Morterone per 25 anni, Redaelli sogna di portare l’amico cardinale al piccolo paese sotto il Resegone, «dopo averci accompagnato sia Martini che Tettamanzi».

Adolescente, Scola contribuì a fondare a Lecco Gioventù studentesca. «Ci si riuniva in uno scantinato di via Cavour, dove però c’era anche un tavolo da ping pong», ricorda Francesco Zamperini, oggi presidente del Celaf (Centro lecchese di aiuto alla famiglia). Di quel gruppo faceva parte anche Emma Molinari, coetanea del cardinale, che qualche anno dopo, nella scuola di Sala al Barro di Galbiate, sarebbe diventata la maestra di don Luciano. Alla fine degli anni Sessanta va con la memoria anche Costantino Mangioni, ginecologo e docente universitario: «Don Angelo, con altri, mi aiutò ad avviare i corsi di formazione religiosa nella scuola per infermieri della Mangiagalli di Milano».

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