mercoledì 28 maggio 2025
L'ultimo rapporto presentato oggi mostra che la rete di prevenzione nelle diocesi italiane è sempre più affidabile. Tra i responsabili crescono donne e laici. Nel bienni 2023-2024 69 presunti casi
Un momento della presentazione della Terza rilevazione delle attività dei centri per la tutela dei minori nelle diocesi italiane

Un momento della presentazione della Terza rilevazione delle attività dei centri per la tutela dei minori nelle diocesi italiane - Siciliani

COMMENTA E CONDIVIDI

La rete costruita dalla Chiesa italiana per arginare la piaga degli abusi sui minori è sempre più solida ed affidabile. Aumentano consapevolezza, capacità di intervento, qualità della formazione. E, allo stesso modo, cresce la fiducia nei confronti dei servizi diocesani e regionali che operano sul territorio in modo ormai capillare. Tanto che aumenta il numero di persone che si rivolgono alla rete ecclesiale per segnalazioni, consigli, informazioni. Complessivamente nel 2024 si sono registrati 373 contatti, con un incremento significativo rispetto ai 38 del 2020. I casi di presunto abuso nel biennio 2023-2024 sono stati 69, di cui 27 quelli che sarebbero stati commessi in parrocchia (erano 32 quelli del biennio precedente). I presunti abusi spirituali e di coscienza sono invece stati 17, rispetto ai 4 del biennio 2020-2021. Ma chi sono vittime, per ora presunte? Su 115 casi registrati, ci sono 64 maschi e 51 femmine, hanno tra i 10 e 14 anni. Mentre i presunti abusatori sono per la maggior parte preti (44 su 67) e, in misura minore catechisti/educatori (4), volontari (3), insegnanti di religione, seminaristi, sagrestani. Quasi tutti maschi (65 su 67).

Sono alcuni dei dati che emergono dalla Terza rilevazione sulla rete territoriale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili. Un documento intitolato Proteggere, prevenire, formare, che racconta un cammino ormai sicuro, presente in tutte le 16 regioni ecclesiastiche del Paese e con un coinvolgimento importante delle varie realtà ecclesiali. Tanto che il numero dei partecipanti alle diverse attività formative è passato dai 914 del 2020 ai 1.178 del 2024. Ma si può e si deve migliorare, tanto che gli stessi referenti dei servizi regionali suggeriscono di aumentare la frequenza degli incontri formativi, chiedono un supporto più adeguato per la gestione dei casi complessi e la messa a punto di protocolli comuni per una gestione più uniforme delle segnalazioni.

La presenza sempre più capillare dei servizi di tutela dei minori e delle persone vulnerabili è dimostrata anche dalla partecipazione delle diocesi alla Rilevazione 2023-2024. Hanno risposto 184 diocesi (94,2% del totale) con un incremento significativo delle diocesi del Sud, passate dalle 65 del biennio 2020-2021 alle 80 del 2023-2024.

Tra gli aspetti più interessanti del dossier l’aumento dei laici e delle donne, che rappresentano la maggioranza degli esperti coinvolti. All’interno delle equipe i laici sono il 73%, mentre i sacerdoti (20%) e i religiosi (6,3) sono in minoranza. Ma il dato forse più confortante è che le donne sono complessivamente il 52 per cento. Un aspetto che diventa ancora più rilevante quando si va ad esaminare la situazione dei 103 centri d’ascolto arrivi in 130 diocesi (in alcuni casi si tratta di strutture interdiocesane). Qui gli operatori laici rappresentato l’81,8% del totale e le donne arrivano addirittura al 70,6 per cento. Le competenze più frequenti riguardano la psicologia (29,7%) e l’ambito educativo (23,8).

Trend crescente per quanto riguarda i servizi diocesani anche sul fronte degli incontri formativi. Quelli rivolti agli operatori pastorali, ai sacerdoti, ai religiosi e alle associazioni sono stati 781 (l’87,2% delle attività), con la partecipazione di 22.755 persone. I temi trattati più frequentemente il rispetto della dignità dei minori (40,2%) e le buone prassi in parrocchia (30,5%). Nel 2024 il 65% dei servizi diocesani ha proposto attività formative per i propri membri.

Un altro indicatore che sembra confermare il consolidamento della rete dei servizi e la diffusione di una cultura della tutela dei minori arriva anche dalla partecipazione alla Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti degli abusi del 18 novembre. Nel 2024 hanno risposto positivamente l’85,6% delle realtà regionali e diocesane.

In un quadro sostanzialmente positivo per quanto riguarda la crescita della sensibilità degli educatori e dei catechisti rimangono alcuni punti di debolezza, soprattutto in relazione alle scarse relazioni con gli enti locali e le associazioni non ecclesiali. «La Chiesa continua a fare la sua parte - ha osservato monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei - anche se la collaborazione con le istituzioni è fondamentale. Esistono esempi interessanti, come a Cagliari o a Piacenza, ma certamente è un aspetto che va incrementato». E ha aggiunto: «L’obiettivo è quello di inserire la tutela dei minori nella pastorale ordinaria di tutte le comunità».

I membri dei servizi diocesani e regionali valutano negativamente anche le comunicazioni sui media locali. «Ora – ha osservato ieri Chiara Griffini – presidente del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili – si tratta di definire i prossimi passi orientando la bussola del cammino su quattro poli: responsabilizzazione ecclesiale comunitaria; ascolto e cura verso chi è ferito e ricerca verità e giustizia; collaborazione con la società civile perché la tutela sia “linguaggio universale”; comunicare un rinnovata salvaguardia e imparare a gestire la crisi con trasparenza».

Il dossier presenta anche una serie di domande aperte che evidenziano, tra l’altro, tre necessità emerse dalle osservazioni degli operatori pastorali: formazione continua, collaborazione e trasparenza nella tutela. Fondamentale anche l’accoglienza e il supporto delle vittime che, come è stato sottolineato, va gestito con un approccio empatico e non giudicante, offrendo spazi di ascolto sicuri e riservati e comunicando con chiarezza i protocolli di ascolto per garantire riservatezza. Ma esiste un modello vincente per organizzare un sistema di tutela dei minori nella Chiesa? «No - ha risposto Louis Manuel Ali Herrera, segretario della Pontificia Commissione per la tutela dei minori - non esiste un modello unico, occorre sempre rispettare le radici culturali dei diversi Paesi. Ci sono quindi strade molteplici a patto che si abbia sempre a cuore il bene dei piccoli che ci sono stati affidati e la verità del Vangelo, che rimane il primo antidoto culturale. Il Signore ci ha insegnato ad amare le persone. Prediamo sul serio il Vangelo».

Alla presentazione della Terza rilevazione delle attività dei centri regionali e diocesani per la tutela dei minori della Cei, è arrivato anche il messaggio dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Marina Terragni, che ha messo l’accento sull’importanza dell’ascolto dei piccoli. «Una precondizione essenziale per poter dare avvio a percorsi di presa in carico e di accompagnamento volti alla protezione e poi al superamento di un trauma che colpisce la persona nella sua totalità. Decisivo da questo punto di vista - ha aggiunto la garante - creare luoghi di prossimità accessibili, dove sentirsi al sicuro ricevere ascolto da parte di operatori qualificati».

Anche Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro ha commentato positivamente lo sforzo messo in campo dalla Chiesa italiana: «Il Terzo report della Cei sugli abusi ad opera di religiosi presenta la dimensione del fenomeno - nota Caffo -. Questo è un fatto positivo e un passo in avanti. Ritengo che ci sia bisogno di un rapporto e di un dialogo più stretto tra la Chiesa, le comunità educative e le Istituzioni per poter fornire strumenti universalmente condivisi e che siano un aiuto concreto per le vittime, che troppo spesso vengono dimenticate».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI