lunedì 21 giugno 2021
Si tratta di un segno di accoglienza, ad esempio verso coppie che convivono da tempo o hanno contratto solo un matrimonio civile. Nel rispetto, ovviamente, delle norme canoniche
Nozze religiose a casa: Livorno fa da apripista

Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

«Vorrei sposare in chiesa ma non ho i soldi!». Quante volte abbiamo sentito questa frase per giustificare una convivenza o un matrimonio solo civile. Come se il Sacramento del matrimonio fosse legato a tutto ciò che sta intorno: cerimonia, servizio fotografico, ricevimento, viaggio di nozze, ecc. «La celebrazione del Sacramento del matrimonio non costa nulla, al massimo se una coppia lo vuole, lascia un’offerta per i poveri e non per il prete. Per questo ho dato facoltà ai sacerdoti di Livorno di sposare anche in casa, per fare in modo che quello della location non sia un motivo per rinunciare alla cerimonia religiosa». Il vescovo di Livorno, monsignor Simone Giusti, spiega così la nota diffusa in questi giorni: «Certo – continua il pastore – sappiamo bene che accanto a questa motivazione, ce ne sono anche altre, legate alla privatizzazione del matrimonio, divenuto evento intimo che si pensa riguardi solo la coppia e non si comprende più perché ci si debba sposare con rito pubblico, alla presenza di un rappresentante della comunità civile o religiosa, ma occorre dare dei segnali di accoglienza ai tanti che sono cristiani, ma hanno difficoltà oggi a sposarsi in chiesa».


33.614
Coppie conviventi in Italia (dati 2018)

890
Convivenze in Toscana

3.638
Convivenze nel Lazio

4.078
Convivenze in Lombardia

184.088
Matrimoni celebrati in Italia nel 2019

11.690
Il calo rispetto all’anno precedente (– 6 per cento)

‒ 80%
Calo dei matrimoni nel 2020 rispetto all’anno precedente (stime Istat)



Così, nell’anno “ Amoris laetitia”, la diocesi di Livorno offre questa possibilità a chi magari da tempo convive o ha contratto solo un matrimonio civile: poter celebrare il Sacramento del matrimonio nella semplicità della propria casa, insieme anche solo ai testimoni.

«Non si tratta di ritornare a celebrare matrimoni nella clandestinità, sempre stigmatizzati dalla Chiesa – spiega il vicario giudiziale della diocesi, don Alberto Vanzi – poiché le celebrazioni nei luoghi di culto restano comunque ordinarie e preferibili, ma questa possibilità può aiutare alcune coppie a superare le difficoltà a celebrare il “tipo” di matrimonio imposto da certi modelli culturali e sociali». Naturalmente il matrimonio dovrà essere comunque celebrato in un contesto dignitoso e adempiute le prescrizioni canoniche, inoltre i coniugi dovranno comunque prepararsi al Sacramento.



‒ 60%
Calo delle unioni civili nello stesso periodo

‒ 9,5%
Il calo delle prime nozze per quanto riguarda gli uomini dai 18 ai 34 anni rispetto al 2014

‒ 7,8%
Il calo delle prime nozze per quanto riguarda le donne nello stesso periodo

52,6%
Percentuale di nozze civili rispetto al 2019 (erano il 2,3% nel 1970 e il 36,7% nel 2008)


«Il Santo Padre ci chiede di sperimentare vie nuove con coraggio e ne ha dato l’esempio – ricorda il vescovo Giusti – quando durante il volo da Santiago del Cile a Iquique, unì in matrimonio uno steward e una hostess cileni, i quali convivevano già da tempo ed erano già sposati civilmente. Quando il Pontefice chiese loro perché non si fossero sposati con matrimonio religioso, i due spiegarono che ciò era dovuto al crollo della chiesa dove avrebbero dovuto sposarsi a causa del terremoto del 2010. Da lì la decisione di sposarli seduta stante. L’essenziale del Sacramento del matrimonio è la ferma volontà di volersi unire cristianamente per ricevere la grazia di Dio e poter edificare una bella famiglia cristiana. Con questo non si vuol togliere importanza e bellezza alle cerimonie che molti giovani riescono a vivere, ma la Chiesa deve andare incontro a chi non può farlo e rimuovere per quanto possibile tutti quegli “impedimenti” di natura sociale e morale che inducono molti a scegliere la convivenza».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: