mercoledì 7 luglio 2010
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«Ammesso che l’abbiano letta, i potenti della Terra dovrebbero aver capito tre cose dalla Caritas in veritate: che lo sviluppo economico non è possibile dove non si fanno figli e che non lo si può fondare sul consumo a debito. Insomma, lo sviluppo o è integrale o non è». Si accalora Ettore Gotti Tedeschi. Un po’ perché qualche dubbio ce l’ha, che tra i tanti commentatori collezionati dall’enciclica sociale in un anno parecchi non l’abbiano letta integralmente. E un po’ perché il presidente dello Ior, dopo decine di conferenze sul tema, è convinto che il messaggio contenuto nel sesto capitolo, dedicato allo sviluppo dei popoli e alla tecnica, stia diventando della massima urgenza.Qual è il terzo insegnamento della Caritas in veritate?È una raccomandazione: evitare nuove "bolle" pericolose, soprattutto nelle biotecnologie. Si tratta di risorse importanti ma rischiose, se male utilizzate; l’uomo è tecnicamente avanzato ma immaturo, non dà ancora la garanzia di saper usare strumenti che, come scriveva Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis, potrebbero sfuggirgli di mano. Sarebbe un disastro.Quindi l’enciclica contiene un programma?Come ha detto il cardinale Bertone, un’enciclica è fuori dal tempo, contiene raccomandazioni "eterne", un richiamo dottrinale e pastorale agli uomini di buona volontà. Questa lettera in particolare, però, è anche "nel" tempo – ed è la sua carica innovativa – in quanto è la prima grande enciclica sulla globalizzazione. Come tutti hanno notato, è stata pubblicata con due anni di ritardo, perché il Santo Padre si è reso conto – e se n’è reso conto il cardinal Bertone che gli è stato vicino durante la stesura – che la crisi economica stava modificando lo scenario.Si può dire che la crisi ha "riscritto" l’enciclica?Si può dire che in due anni alcuni contenuti sono stati integrati: si pensi al primo capitolo, laddove si riprende con forza l’Humanae Vitae anche per chiarire che la ragione della crisi è il crollo della natalità. Il rifiuto della vita – indotto nel mondo occidentale dal 1975 al 1985 dai movimenti neomalthusiani – è l’origine del declino economico e delle "manovre compensative" tentate negli ultimi 25-30 anni.Quest’enciclica l’hanno commentata tutti: quali sono stati gli errori più ricorrenti?Il primo è che molti vanno dritti al capitolo quinto, dove si parla della redistribuzione della ricchezza, del dono... e leggerlo dimenticando gli altri quattro, e ignorando l’introduzione, è come leggere i comandamenti saltando il primo. Altri commentatori hanno ritenuto che il Papa volesse dare un nuovo indirizzo al capitalismo; tuttavia, Benedetto XVI non dà lezioni di economia, il suo richiamo non riguarda gli strumenti ma i fini; il mercato e il capitalismo sono strumenti e il Papa sa che uno strumento non è in sé né buono né cattivo.A un anno di distanza, cosa pensa invece Gotti Tedeschi dell’enciclica?Sono convinto che nulla sia più razionale della morale cattolica e che questa sia una delle encicliche più razionali. Più della Rerum Novarum. Tutta la Caritas in veritate è permeata da un indirizzo chiaro: che gli strumenti non possono assumere autonomia morale, che devono avere un fine e che questo fine è spiegato dalla Verità che l’uomo deve avere come riferimento. In tal senso, l’introduzione è quasi una minienciclica contro il nichilismo dominante.Governanti e banchieri tutto questo l’hanno capito?Ammesso che abbiano letto integralmente il testo, come ha fatto Tremonti, che ne ha discusso pubblicamente con me, dovrebbero aver capito che se nel mondo occidentale continuiamo a non far nascere figli, dovremo tirare la cinghia e che non si possono inventare compensazioni, particolarmente quelle a debito. Il secondo insegnamento dell’enciclica è che lo sviluppo economico non può essere solo materialistico. Tremonti, nella Paura e la speranza, l’ha colto: non è soddisfacente governare l’uomo dandogli unicamente dei beni materiali. Infine, la politica, come l’economia, è uno strumento: se gli strumenti acquisiscono un’autonomia morale e divengono fini, l’uomo diventa un mezzo: di produzione, di consumo, di creazione di risparmio, di sperimentazione tecnologica...
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