sabato 26 gennaio 2013
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«Noi in famiglia lo avevamo soprannominato affettuosamente l’orso, lui invece mi chiamava alouette petite, la piccola allodola». Su Raoul Follereau, 'l’apostolo dei lebbrosi', pochi come lei possono ancora portare una testimonianza così familiare, inedita: Marie Claude Zepp, religiosa 76enne ora in servizio in Italia, era una bambina di 6 anni quando il ricco giornalista francese, amico di famiglia, lanciò la sua «battaglia contro l’egoismo» dopo il viaggio­safari del 1935 sulle orme di De Foucauld in Africa che gli aveva fatto scoprire lo scandalo di quella «stupida malattia». 
In vista della Giornata mondiale dei malati di lebbra di domenica, inventata proprio dallo stesso Follereau 60 anni fa, suor Zepp ha raccontato per la prima volta al settimanale diocesano di Trento indelebili ricordi d’infanzia che esprimono il carisma del 'vagabondo della carità' scomparso nel 1977: «I miei genitori avevano un albergo a Bourg en Bress – riepiloga suor Marie Claude – e lo accolsero una sera dopo una conferenza indimenticabile: nessuno ancora lo conosceva all’inizio ma al termine nessuno voleva alzarsi dalla sedia. Era tornato più volte da noi con la moglie quando la Gestapo lo ricercava per i suoi articoli in cui fra l’altro aveva definito Hitler l’anticristo». Poi si era nascosto in un convento di suore a Lione da dove continuò durante la guerra a inviare aiuti ai lebbrosi della Costa d’Avorio.
«Mi teneva volentieri sulle sue ginocchia – continua suor Marie Claude, prima insegnante, poi consacratasi in Trentino nella Piccola Opera del Divino Amore di Mattarello – e lo abbiamo sentito spesso anticipare le frasi tipiche («Nessuno può essere felice da solo» oppure «Essere felici è fare felici») dei suoi libri e delle Giornata mondiali; aveva sempre in testa l’amore». Risuonano nella memoria anche le parole forti di sdegno al ritorno dai tanti viaggi in 95 diversi Paesi, ma anche di coraggio «contro tutte le lebbre del mondo». È sonoro però il ricordo più struggente: «Aveva una voce inconfondibile, straordinaria. Veniva la pelle d’oca ad ascoltarla. Quell’amore di cui parlava, Follereau lo aveva anche nella voce. Calda e coinvolgente, ma anche decisa e forte».
Quell’"orso", bonario anche nelle foto d’epoca, assume in questa testimonianza la tenerezza del nonno. Alla piccola Zepp regalò la sua prima patente, raccontando che la prima volta che si mise al volante andò a sbattere contro un muro. Alla famiglia fece leggere e poi affidò anche alcune lettere alla fidanzata, divenuta poi l’inseparabile moglie Madeleine: «Cominciano tutte parlando di Dio, di come arrivare a Dio attraverso l’amore umano. Questi passaggi – commenta suor Maria Claude – non li ho trovati in nessun’altra pubblicazione». Insieme a tante cartoline dei viaggi in 95 Paesi (pari a 32 volte il giro del mondo), anche un fermacarte a forma di pugno chiuso, sul quale usava appoggiare la sua mano: «Me lo regalò – conclude riconoscente suor Marie Claude – dicendomi che così la sua mano mi sarebbe sempre stata vicina».
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