nella casa di Miari, in Corea, l'ambasciatore d'Italia a Seul, Federico Failla, a nome del presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, ha consegnato a suor Maria Dorotea D'Oto, nata a Casalbore in provincia di Avellino, missionaria in Corea dal 1966, l'onorificenza di Ufficiale della Stella d'Italia. Il riconoscimento viene conferito a coloro che si sono distinti nella promozione di rapporti di collaborazione e legami di amicizia tra l'Italia e altre nazioni - Ansa / Vatican Media
Con la consegna, ieri, dell’onorificenza di Ufficiale della Stella d’Italia da parte dell’ambasciatore italiano a Seul, Federico Failla, il presidente Sergio Mattarella ha voluto premiare con un riconoscimento prestigioso una suora che ha saputo guadagnarsi “sul campo” il merito di avere favorito i rapporti di collaborazione e i legami di amicizia tra l’Italia e la lontana Corea del Sud.
Nata a Casarbore, in provincia di Avellino nel 1931, nel Paese estremo-orientale dal 1966, suor Maria Dorotea D’Oto ha saputo realizzare il suo sogno missionario in una nazione emersa da pochi anni dal conflitto devastante con la Corea del Nord, tra le più povere del continente asiatico, diffondendo, come sottolineato dall’ambasciatore alla consegna della Stella, «gli insegnamenti della religione cattolica nelle aree più degradate della capitale Seul, delle città di Daegu e Gwangju etc.» con un forte contributo «all’organizzazione della comunità delle Figlie di San Paolo (...) che è ora una realtà significativa e ben conosciuta della capitale».
Una capacità di integrazione del carisma della sua Congregazione nella realtà religiosa e culturale sudcoreana riconosciuto anche da suor Anna Caiazza, superiora generale delle Figlie di San Paolo (Paoline): «Tale onorificenza onora grandemente la nostra congregazione. Siamo profondamente grate a suor Maria Dorotea per la testimonianza di una vita spesa per l’annuncio del Vangelo in una terra lontana dal suo Paese, che è però diventato il “suo” Paese, a un popolo che è diventato il “suo” popolo». Un impegno lungo e incessante che nonostante l’età non si è affievolito perché, ha ribadito suor Caiazza, «ancora oggi, suor Maria Dorotea percorre, con la preghiera incessante, le strade della Corea perché il Vangelo corra e si diffonda».
Suor Maria Dorotea con le consorelle paoline della sua comunità durante la consegna dell'onorificenza - Ansa / Vatican Media
La suora campana è l’unica di nazionalità italiana rimasta nella comunità delle Figlie di san Paolo a Seul e nel 2015, in occasione del centenario della fondazione della congregazione voluta da don Giacomo Alberione, le consorelle hanno pubblicato un libro (“Vorrei gridare al mondo”) basato sulle esperienze e ricordi raccolti dalla consorella suor Giacomina Heo.
Nel 2020 le Paoline hanno raggiunto i sessant’anni di presenza in Corea del Sud, un percorso di evangelizzazione e proporzione umana che suor Maria Dorotea D’Oto ha seguito quasi per intero dopo un decennio di attesa successivo alla professione perpetua nel marzo 1956. Una destinazione che la suora aveva accolto dopo avere per anni sognato di partire per l’Africa e che aveva raggiunto dopo un viaggio via mare di oltre un mese con non poche difficoltà.
Lo studio del coreano nella scuola per missionari gestita dai Francescani le risultò particolarmente ostico e lo superò con molto impegno e con qualche compromesso - che lei stessa ammette - sul piano della precisione. Senza che questo ne limitasse l’intensa attività che l’ha vista affrontare con forte spirito di servizio vari incarichi secondo le necessità variabili in una realtà - quella sudcoreana degli ultimi decenni - in forte e costante evoluzione.