sabato 25 gennaio 2025
L'auspicio che il Giubileo possa aiutare a prendere forna un umaesimo che si declina con un nuovo stile professionale, che riguarda tutti, come tutti riguarda anche l’essere servizio pubblico
Un momento del Convegno nazionale "2025: A.I. confini della comunicazione"

Un momento del Convegno nazionale "2025: A.I. confini della comunicazione" - Siciliani

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Il Giubileo pone una domanda forte a giornalisti e comunicatori, e non solo a quelli cattolici. Una domanda che implica un’esigenza di ricerca, non retorica ma necessaria, alla luce delle grandi difficoltà che incontra – non solo la Chiesa – nel rendere efficace il suo messaggio. Interrogativi che è opportuno farsi nel giorno in cui si celebra san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, e inizia il “Giubileo del mondo della Comunicazione”, primo grande evento dell’Anno Santo.
Nel contesto di crisi e sfide che attraversa tutto il pianeta editoria – si pensi solo a quelle poste dall’intelligenza artificiale – questo Giubileo arriva forse provvidenziale. Più che uno stimolo, a me sembra un colpo di frusta.
Una vecchia barzelletta politica ironizzava sul fatto che il popolo italiano si trovasse sull’orlo di un baratro e il tal partito l’avrebbe aiutato a fare un passo avanti. Le storielle in realtà toccano spesso nervi scoperti: nel nostro mondo è questo il passo avanti che vogliamo fare? Forse qualche volta è necessario fare un passo indietro, per cercare, inventare, sperimentare nuove soluzioni.
Papa Francesco, da tempo, indica la sua soluzione che, ancora una volta, è orientata verso tutti i giornalisti. Certo, a quelli del mondo cattolico ha detto: cambiate o sparite, e c’è chi ha interpretato questa “frustata” reincarnando un vero giornalismo di strada. Allora: cosa cerchiamo da questo Giubileo? O meglio: come facciamo a non sprecare una simile occasione? Penso che da questo cammino possa uscire un nuovo umanesimo che si declina con un nuovo stile professionale, uno stile che riguarda tutti, come tutti riguarda anche l’essere servizio pubblico di informazione. Vale nel momento in cui si entra nell’Ordine, o anche solo ci si prepara a entrare, o chi, come avviene all’estero, non ha un ordine professionale giornalistico di appartenenza. Enzo Biagi diceva: «Non manderò acqua inquinata nelle vostre case», intendendo così il giornalismo come l’acqua potabile, la tutela della salute e dell’istruzione. Non a caso tutti servizi in crisi.
E non a caso è proprio questa una delle domande che si pone la Federazione internazionale dei media cattolici, con le annuali Giornate dedicate a san Francesco di Sales, che si tengono solitamente a Lourdes ma in questi giorni si svolgono a Roma. Dove stiamo andando? La presidente di AssoCounseling, Alessandra Caporale, incontrando recentemente i giornalisti, ha detto che il giornalismo può essere – anzi, è – relazione d’aiuto. Perché si prende cura dell’altro, delle storie degli altri, perché ha fiducia nel lettore, perché cerca una comunicazione non violenta, perché si pone in ascolto, con empatia, o anche, come dice papa Francesco, con l’orecchio del cuore. Qui c’è tutto il nuovo umanesimo. Nulla di nuovo, in fondo, ma nella direzione opposta al baratro.
Nessuno si salva da solo, come osserva il Papa. Così ci sembra un buon segnale l’incontro di oggi pomeriggio, in collegamento fra le due sedi dell’Ordine dei Giornalisti e della Fnsi, con tutti i principali soggetti, italiani e internazionali, che custodiscono quel bene pubblico che è l’informazione. La ricerca di un nuovo umanesimo non è solo nella professione ma si coniuga con la salvaguardia di un altro bene prezioso, la democrazia.
Il cerchio può chiudersi con il recupero di una nuova dignità professionale, una forte alleanza con l’opinione pubblica, attraverso un lavoro importante con le scuole, che può innescare una nuova stagione di democrazia attiva, di speranza vera, reale.

Presidente nazionale Ucsi (Unione cattolica stampa italiana)

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