domenica 18 gennaio 2015
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Passa dal pozzo di Sicar il cammino verso la piena comunione fra le Chiese cristiane. «Dammi un po’ d’acqua da bere», dice Cristo alla Samaritana giunta al pozzo di Giacobbe. E la donna risponde: «Perché tu che vieni dalla Giudea chiedi da bere a me che sono Samaritana?». «L’inizio del colloquio fra il Signore e la donna, riportato nel quarto capitolo del Vangelo di Giovanni, è un richiamo all’unità nella diversità e ci indica l’unica strada percorribile di fronte alle sfide ecumeniche», spiega il direttore dell’Ufficio nazionale Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, don Cristiano Bettega. Aggiunge il vescovo Mansueto Bianchi, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo: «È essenziale la comunicazione delle identità che rappresentano un arricchimento reciproco. E le originalità non possono mai diventare pretesti per imbastire conflitti».  La prima frase che Gesù pronuncia al pozzo è il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani cominciato domenica 18 gennaio. Un appuntamento nato grazie all’intuizione proposta nel 1908 da padre Paul Wattson che la immaginò compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo, il 25 gennaio (giornata conclusiva dell’Ottavario). «Se non siamo assetati di Dio – sottolinea il vescovo Bianchi – non possiamo essere cercatori di comunione. È l’amore verso il Padre che accende nel cuore il desiderio di fraternità e di unità. Questo ci dice il testo biblico proposto per la Settimana. E le parole di Cristo alla donna dobbiamo ripeterle anche noi al Signore: perché è lui la sorgente dell’incontro che consente di superare le continue tentazioni di ripiegamento o di rallentamento del passo». Il dialogo fra le Chiese parte dalla conoscenza e dal rispetto. «Lo ha chiarito il Concilio – afferma don Bettega –. Ma oggi non è più la stagione degli inviti. Questo è il tempo degli imperativi. Ci troviamo continuamente gomito a gomito con fratelli che appartengono ad altre tradizioni cristiane e ad altre culture non certo meno significative della nostra. Allora sarebbe miope far finta che tutto ciò non esista. Non possiamo arroccarci in un guscio che, poi, è sinonimo di arroganza. Vale per la Chiesa cattolica; vale per le altre confessioni ». E si torna al versetto che fa da denominatore alla Settimana. «“Dammi un po’ d’acqua” – sostiene Bianchi – può essere così letto in chiave ecumenica: fammi conoscere qualcosa di te, offrimi le peculiarità che hai nella conoscenza di Dio, nell’esperienza della Rivelazione, nel cammino di fedeltà alla sua Parola. È questo scambio di doni che siamo tenuti ad attuare. L’Ottavario lo evidenzia bene.  E ce lo ricordano anche due prossimi avvenimenti: il Sacro Sinodo pan-ortodosso del 2016 a Istanbul e il quinto centenario delle Tesi di Lutero nel 2017. Sono due “porte” ecumeniche che stanno dinanzi a noi: occorre decidere come varcarle e capire quali vie lascino intravedere». La divisione fra i cristiani resta pietra di scandalo per il mondo. «L’era della globalizzazione e della comunicazione senza confini amplifica le difficoltà fra i “mondi” cristiani – dichiara il direttore dell’Ufficio Cei –. La controtestimonianza del Vangelo che portiamo issando barriere grida oggi ancora più forte. Per questo è quanto mai urgente ritrovarsi: a livello teologico-dottrinale, ma anche a livello di base. Pensiamo all’inchino di papa Francesco al patriarca ecumenico Bartolomeo I lo scorso novembre. È un ulteriore impulso al cammino di dialogo che si sperimenta nelle nostre comunità e che, per certi versi, è più avanti rispetto al percorso istituzionale. L’abbraccio quotidiano fra i cristiani che vivono gli stessi quartieri, le stesse scuole, gli stessi ambienti di lavoro avviene in maniera spontanea e semplice. Si tratta di uno sprone che deve diventare direzione di marcia comune». Perché, conclude Bianchi, «le confessioni cristiane hanno anche un’acqua da offrire al mondo: è quella della dignità, del valore della persona, del rispetto del creato, della pace, della giustizia. Guai a far prevalere gli atteggiamenti di peccato che separano le Chiese e che negano i molti doni dello Spirito sparsi con la Pentecoste».
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