martedì 22 aprile 2025
Una settimana fa l’ultima telefonata. Nel novembre 2022 il Papa compì il viaggio privato a Portacomaro, da dove partirono i nonni e il papà
Papa Francesco con la cugina Carla Rabezzana a Portacomaro nel 2022

Papa Francesco con la cugina Carla Rabezzana a Portacomaro nel 2022 - ANSA

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«È una notizia terribile. Sono senza parole. Provo soltanto tanto dolore». Carla Rabezzana è cugina di papa Francesco «È difficile parlare, l’ho sentito in settimana, ho tantissimi bei ricordi» riesce ad aggiunger la donna che ha 93 anni E tra i ricordi vi è sicuramente quello della visita privata che papa Francesco volle fare ai suoi parenti piemontesi. Erano il 19 e 20 novembre 2022. La città aveva accolto con entusiasmo e commozione quel figlio venuto da lontano, che aveva portato con sé le radici della sua famiglia dall’altra parte dell’Oceano. Non si trattò di una visita ufficiale, non c’erano stato discorsi solenni, ma tanti momenti intimi, come l’incontro con la cugina Carla Rabezzana, che compiva 90 anni, l’abbraccio con gli altri parenti e la semplicità di una tavola imbandita in Vescovado, con i sapori di un Piemonte che il Papa ha sempre sentito nel cuore. Tra i piatti che aveva chiesto esplicitamente, c’era la bagna cauda: Bergoglio rievocava spesso l’aroma di questo piatto, preparato dalla nonna Rosa, simbolo di un legame indissolubile con le sue origini.

«Da queste terre mio padre è partito per emigrare in Argentina – aveva detto nella sua omelia in Cattedrale ad Asti, davanti a oltre 4mila fedeli –; e in queste terre, arricchite da buoni frutti della terra e soprattutto dalla genuina laboriosità della gente, sono venuto a ritrovare il sapore delle radici».

Il Papa “venuto dalla fine del mondo” ha sempre portato con sé il forte retaggio delle sue radici. Il Grignolino, vino da un vitigno autoctono franco e ribelle, gli ricordava la terra degli avi, così come le espressioni in piemontese che, di tanto in tanto, facevano capolino nei suoi discorsi, riportando alla memoria un’infanzia fatta di racconti in dialetto e di memorie tramandate.

I “bogianen”, così vengono chiamati i piemontesi. In quel termine, che indica caparbietà e testardaggine operosa, c’è molto della tempra di Francesco: un uomo che ha saputo muoversi lentamente ma inesorabilmente verso le riforme, con la stessa pazienza con cui in vigna si aspetta, spesso per anni, che la pianta sia pronta e dia il suo frutto migliore.

Papa Francesco si era commosso nel 2015, a Torino, quando, pronunciando la sua omelia in piazza Vittorio, aveva citato i versi di Nino Costa, nella poesia «Rassa nostrana» appresa dalla sua amata nonna Rosa in dialetto, che descriveva i piemontesi: «Dritti e sinceri, quel che sono, appaiono: teste quadre, polso fermo e fegato sano, parlano poco ma sanno quel che dicono, anche se camminano adagio, vanno lontano. Gente che non risparmia tempo e sudore e che va a cercarsi il pane».

Bergoglio non ha mai dimenticato di essere figlio di migranti e di quella povertà colma di dignità che portava con sé anche il seme di un futuro migliore. Suo nonno Giovanni Angelo, nato il 13 agosto 1884, in località Valleversa, nei pressi di Asti, lasciò Portacomaro nel febbraio del 1929, con la moglie e il figlio, per Buenos Aires, dove avrebbe costruito una nuova vita per la sua famiglia.

Ma il filo non si spezzò mai: il Papa raccontava spesso di quanto gli fosse caro quel Piemonte agricolo e austero, mai sopra le righe, dove le rughe sui volti e le mani ruvide dei contadini parlavano di fatica, ma anche di fede, sacrificio e speranza.
Un’eredità che ha trovato espressione anche nel suo magistero: la difesa degli ultimi, la forza di spingersi verso le periferie, la critica a un’economia che scarta, l’invito a tornare all’essenziale. Il suo sguardo così pieno di umanità e il suo linguaggio diretto, erano l’eco di una terra che gli aveva trasmesso valori profondi. Anche nel dolore della malattia e della vecchiaia, il Papa ha mantenuto quella stessa forza, quel radicamento che lo rendeva sempre autentico e vicino alla gente.

La visita ad Asti nel 2022 è stata un momento di raccoglimento familiare, lontano dai protocolli e, per quanto possibile, dalle telecamere. Fu un ritorno alle origini, un viaggio della memoria che gli permise di rivivere i luoghi dei racconti ascoltati da bambino. Portacomaro, da cui partì suo nonno, era ancora lì, con le sue colline dolci e le vigne ordinate, custodi di una storia che aveva attraversato l’Atlantico.

Oggi, a Portacomaro, proprio in onore di quelle radici, cresce la “Vigna del Papa”. Partita come iniziativa di recupero ambientale in un’area di circa 3mila metri quadri ai piedi della Casa di Riposo, la vigna di Grignolino piantata nel 2013 è diventata simbolo di comunità e memoria, grazie all’impegno dell’amministrazione civica, delle scuole e dei volontari. Nel giorno dell’elezione di papa Francesco, furono messe a dimora 1.500 piantine di vite, oggi parte di un progetto che unisce solidarietà e sostenibilità.
Nei suoi discorsi, papa Francesco ha spesso richiamato il valore della famiglia e delle radici. «Il cristiano non è una monade, appartiene a un popolo», diceva. E nel suo caso, quell’appartenenza era forte: le telefonate alla cugina Carla, i frequenti scambi epistolari con i parenti, il desiderio di non tagliare mai il filo con le sue origini erano segnali di un legame che lungi da venire meno, caratterizzava pienamente la figura del Pontefice.

Il suo pontificato è stato segnato da grandi sfide e da una volontà instancabile di rinnovamento. Le sue battaglie per i migranti, per la giustizia sociale, per un’economia più umana trovavano radici anche nella sua storia personale. Il figlio di migranti che divenne Papa non poteva che avere uno sguardo particolare per chi, come suo nonno, aveva dovuto lasciare la propria terra in cerca di un futuro migliore.

Tra le eredità più belle lasciate ad Asti, la celebrazione per l’accolitato dell’unico seminarista astigiano, Stefano Accornero, oggi ordinato presbitero, e il poliambulatorio “Fratelli tutti”, ideato dalla diocesi per garantire assistenza sanitaria alle persone indigenti: un progetto che il vescovo Marco Prastaro aveva presentato a papa Francesco nella visita di restituzione fatta in Vaticano per ringraziarlo della venuta ad Asti, e che è ormai attivo da 18 mesi.

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