venerdì 11 giugno 2010
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C’è chi è arrivato con lo spirito del pellegrino; chi, essendo a Roma per motivi di studio, non ha voluto mancare all’appuntamento. Mentre fanno la fila per entrare a San Paolo fuori le Mura e a San Giovanni in Laterano, c’è chi si mescola nel gruppo, chi ritrova vecchi compagni di corso, chi si fa fotografare con la Basilica alle spalle. Dai volti, segnati dal tempo o giovanissimi, si riescono ad intuire alcune delle provenienze. Sono circa diecimila i preti di un centinaio di nazioni giunti nella capitale per la chiusura dell’Anno Sacerdotale. Tra questi c’è anche chi è tornato dopo ben 39 anni nello stesso luogo dove ha studiato. Don Simon Pazhukayil è del Kerala, in India, e dal 1968 al 1971 è stato a Roma, al Collegio di Propaganda Fide. Subito dopo l’ordinazione, è rientrato nel suo Paese («solo il 2% della popolazione è cristiana, ma la Chiesa è viva e ha molte vocazioni», tiene a precisare) e poi è stato inviato in Germania, dove vive attualmente. «L’Anno Sacerdotale – spiega – è stato un’occasione per organizzare incontri nelle parrocchie e capire cosa la gente si aspetta dai preti, ma anche per promuovere momenti di condivisione a livello diocesano con il vescovo, i sacerdoti e i loro familiari». Per don Simon, si tratta di «uno stimolo ad andare avanti uniti, anche in questo tempo problematico, di sofferenza». «Rispondiamo all’invito del Papa, siamo qui per stare insieme e rinnovare il nostro sacerdozio», gli fa eco don Agostino Nguyen Van Du, coordinatore della comunità vietnamita in Italia. «Quello che stiamo vivendo – rileva – è un momento particolare di comunione ecclesiale, in un tempo in cui la Chiesa soffre per gli errori commessi da alcuni nostri confratelli». Don Agostino è in Italia da trent’anni: «Quando sono arrivato qui – ricorda – ero ancora diacono, sono stato ordinato sacerdote da solo, senza i miei compagni. Oggi sono molto contento perché sono presenti 200 preti vietnamiti: alcuni lavorano in Italia o all’estero, ma circa 150 arrivano direttamente dal Vietnam». «È molto bello – continua – perché il Signore ha guidato la storia, mostrando segni di speranza per un futuro migliore». «Siamo qui da tutto il mondo per esprimere la nostra fede e riscoprire la nostra missione», aggiunge don Do Trong Huy, vietnamita della diocesi di Thai Binh. Per lui, l’Anno Sacerdotale è stato «importantissimo per rinnovare il dono dello Spirito Santo ricevuto con l’ordinazione» e un incoraggiamento «a predicare il Vangelo a tutte le nazioni del mondo». «L’Anno Sacerdotale ci ha ricordato che dobbiamo sforzarci di essere sale della terra e luce del mondo», sottolinea da parte sua don Pietro Vaccari della diocesi di Cosenza-Bisignano per il quale «lo straordinario incontro tra confratelli provenienti da tutto il mondo» è un’opportunità «per pregare insieme e ricaricare le batterie». Se don Emil Adler della Polonia lo definisce «una conferma della verità del Vangelo», don Raphael Dila della Repubblica Democratica del Congo lo chiama «risveglio». «È una grande gioia ritrovarci qui, sacerdoti di tutto il mondo, intorno al Papa», dice con un grande sorriso. «Una forte emozione, un’occasione per aumentare la grazia della mia vocazione e per viverla stando sempre attento ai segni dei tempi», rivela Ethelbert Arua, nigeriano. Per don John Henry Munoz si tratta di «una grazia di Dio che ci aiuta a rafforzare l’impegno  a servizio della Chiesa e della comunità». Don John è colombiano, ha scoperto la vocazione grazie ad esperienze di promozione vocazionale nelle scuole. Dopo l’ordinazione, è stato incaricato dal vescovo di occuparsi della pastorale missionaria, in particolare di quella dei bambini. «Ho potuto sperimentare – confida – la paternità grande a livello spirituale, la gioia di poter entrare in contatto con persone di tutte le età ed essere per tutti strumento di speranza». Per don John, questo incontro di chiusura dell’Anno Sacerdotale «non è la fine, ma uno stimolo ad andare avanti, a continuare a testimoniare Cristo con autenticità».
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