mercoledì 16 ottobre 2013
La malattia non ha sconfitto Laura. Che oggi con il marito Ugo e la piccola Alessia è stata ricevuta da Francesco. «L’uomo non è il suo limite – dice –. Lo si può superare con fede, pazienza e fantasia». GUARDA IL VIDEO (Pino Ciociola)
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Stanza di un albergo romano. Le dieci di mattina, Alessia dorme sul lettone e senza il ciuccio, mamma Laura Morgante è accanto alla finestra, sulla sua carrozzella, Ugo le è vicino. Bella, capelli biondi a caschetto, occhi chiarissimi. Sono di Morciano di Romagna, due passi da Rimini, stamane saranno dal Papa, grazie all’accompagnamento organizzato dall’Unitalsi capitolina. «Ci conoscemmo l’estate del 2004, ci piacemmo, ci mettemmo insieme», racconta lui. Il matrimonio all’orizzonte e nell’ottobre 2010 ebbero «la notizia poco piacevole»: Laura ha la Sclerosi laterale amiotrofica. La Sla. Devastati? «Non ci scoraggiammo». Anzi, decisero di sposarsi e anche «il prima possibile, così che lei potesse percorrere la chiesa fino all’altare sulle sue gambe e al braccio di suo padre, come tutte le spose».Non s’illudono: «Conoscevamo bene la sua patologia, sapevamo che non avremmo potuto avere bambini e che, seppure fosse rimasta incinta sarebbe stato molto pericoloso». Un giorno invece scoprono che Laura “aspetta”. Sono... «sorpresi». Ma «ce la metteremo tutta», si dicono. E «con una grossa forza arrivata dall’Alto, siamo andati avanti fiduciosi, certi che quel dono se Qualcuno aveva voluto farcelo, allora ci avrebbe dato anche la forza di portarlo avanti. Di accudirlo».I medici le consigliano, le suggeriscono insistentemente d’interrompere la gravidanza, le spiegano che i rischi sono alti, che può giocarcisi la vita. E quando Alessia decide che è ora di venire al mondo – otto mesi fa – «nella sala parto eravamo quattordici persone con medici, anestesisti e infermieri che aspettavano... E la gioia di tutti in quei momenti è difficile da raccontare». Più che un parto, insomma, è stata «una specie di festa». Laura sorride.Non si sono mai sentiti soli dal 2004. «È cresciuto a dismisura l’affetto delle persone», dice d’istinto Ugo: «Si sono avvicinati tutti. Gran parte della forza che pensiamo di avere arriva proprio da loro e ci serve per continuare a lottare».Trentaquattro anni lui, che è impiegato, trentuno lei. Alessia non ha smesso di dormire e sempre senza il ciuccio. A Ugo non passò «nemmeno mai per la testa» di lasciare Laura, spiega: «È la stessa persona prima e dopo la diagnosi. Non è cambiata assolutamente, lei aveva scelto me e io lei». Lui però ora non riesce proprio a non sorridere: «A dirla tutta, qualcosa che è cambiato c’è, le basta uno sguardo per comandarmi!», aggiunge. E qui sono entrambi a ridersela... Chissà se è difficile nella loro situazione: «Veramente noi ridiamo sempre!». Alcuni raccontano che una disabilità tolga dignità: «Un disabile ha bisogno solo di maggiore aiuto, non certo di rendergli la sua dignità, che non può essere scalfita da una malattia».Desideravano andare da Papa Francesco: «Abbiamo una grossa fede» e «lo vediamo come un grande papà, che ci dà speranza e forza per andare avanti». Chissà cosa si porteranno via, dopo l’incontro, tornando a Morciano... «Tanta forza. Una gran buona “ricarica” delle nostre pile». I sogni di Laura e Ugo sono per la loro piccola: «Un bel futuro, l’istruzione e serenità». Lui aggiunge una frase: «Vivere una vita tranquilla con mia moglie e mia figlia». C’è qualcosa che non rifarebbero, tornando indietro? Laura scuote subito la testa, Ugo lo pronuncia: «No. Niente. Rifaremmo tutto quanto abbiamo fatto». E se si trovassero davanti a chi sta per cedere alla disperazione, a chi sta per arrendersi? «Gli direi – è Laura ad esprimersi – di combattere ogni giorno. Perché ogni giorno vale la pena viverlo». L’ultima domanda è tutta per Laura: cosa vi ha insegnato la malattia?. «Che l’uomo non è il suo limite», risponde sussurrando, gli occhi lucidi. E come si fa ad andare oltre il limite?. «Con la pazienza e la fantasia. Con la fede».
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