giovedì 19 settembre 2013
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Si definisce "un peccatore al quale il Signore ha guardato". Rilegge la sua storia di gesuita. Parla delle sfide che attendono la Chiesa. Racconta le sue preferenze culturali. Più che un'intervista, è un intenso e toccante colloquio - condotto in tre giornate - quello che padre Antonio Spadaro, direttore della rivista dei gesuiti "Civiltà Cattolica", ha avuto con il Papa.Il dialogo parte diretto, quasi intimo. "Chi è Jorge Mario Bergoglio?". "Posso forse dire che sono un po' furbo, so muovermi, ma è vero che sono anche un po' ingenuo. Sì, ma la sintesi migliore, quella che mi viene più da dentro e che sento più vera, è proprio questa: 'sono un peccatore al quale il Signore ha guardato'".Per passare dall'uomo Bergoglio alla sua spiritualità. "Della Compagnia mi hanno colpito tre cose: la missionarietà, la comunità, la disciplina. Curioso, questo, perché io sono un indisciplinato nato". "Il discernimento è una delle cose che più ha lavorato interiormente sant'Ignazio... Per sant'Ignazio i grandi principi devono essere incarnati nelle circostanze di luogo, di tempo e di persone... La sapienza del discernimento riscatta la necessaria ambiguità della vita e fa trovare i mezzi più opportuni".Ma al centro del colloquio c'è la Chiesa. "L'immagine della Chiesa che mi piace è quella del santo popolo fedele di Dio... Nessuno si salva da solo, come individuo isolato... E l'insieme dei fedeli è infallibile nel credere, e manifesta questa sua infallibilitas in credendo mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo che cammina"."Io vedo la santità nel popolo di Dio paziente: una donna che fa crescere i figli, un uomo che lavora per portare a casa il pane, gli ammalati, i preti anziani che hanno tante ferite ma che hanno il sorriso... le suore"."E la Chiesa è madre. La Chiesa è feconda, deve esserlo. Vedi, quando io mi accorgo di comportamenti negativi di ministri della Chiesa o di consacrati o consacrate, la prima cosa che mi viene in mente è: 'ecco uno scapolone', o 'ecco una zitella'"."La cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. E' inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite". 

"Il confessionale non è una sala di tortura, ma il luogo della misericordia... Penso anche alla situazione di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito. Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L'aborto le pesa enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore?"."Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato".Ma la Chiesa è fatta anche di dicasteri e di gerarchie... "I dicasteri romani sono al servizio del Papa e dei Vescovi: devono aiutare sia le Chiese particolari sia le Conferenze episcopali... Sono mediatori, non intermediari o gestori".E il ruolo della donna nella Chiesa? "Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa: riflettere sul posto specifico della donna anche proprio lì dove si esercita l'autorità nei vari ambiti della Chiesa".Il dialogo vola verso temi ardui, "cercare e trovare Dio in tutte le cose". "Dio lo si incontra camminando, nel cammino. E a questo punto qualcuno potrebbe dire che questo è relativismo. E' relativismo? Sì, se è inteso male, come una specie di panteismo indistinto. No, se è inteso in senso biblico, per cui Dio è sempre una sorpresa... Per questo il discernimento è fondamentale"."Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è stata un disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è nella sua vita".Il colloquio volge al termine, si affrontano ancora i temi dell'arte e della creatività. "Amo moltissimo Dostoevskij e Holderlin... In pittura ammiro Caravaggio... In musica amo Mozart, ovviamente... E poi le Passioni di Bach... Poi, a un livello diverso, non intimo allo stesso modo, amo Wagner. Mi piace ascoltarlo, ma non sempre". E poi il cinema. "La strada di Fellini è il film che forse ho amato di più. Mi identifico con quel film, nel quale c'è un implicito riferimento a san Francesco... Un altro film che ho molto amato è Roma città aperta". Infine, la preghiera. "Ciò che preferisco è l'Adorazione serale... E la preghiera è per me sempre una preghiera 'memoriosa', piena di memoria, di ricordi, anche memoria della mia storia... La memoria fonda radicalmente il cuore di un gesuita... E' questa memoria che mi fa figlio e che mi fa essere anche padre".

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