martedì 4 aprile 2023
Monsignor Shen Bin, nel 2010 consacrato col consenso vaticano, è stato trasferito dalla diocesi di Haimen. Il portavoce della Santa Sede, Bruni: l’insediamento appreso dai media
Monsignor Shen Bin

Monsignor Shen Bin - Agenzia Romano Siciliani

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Una svolta importante per la Chiesa cattolica in Cina: la diocesi di Shanghai ha un nuovo vescovo. È Giuseppe Shen Bin, attuale titolare di Haimen (Jiangsu), non lontana dalla grande metropoli: si è insediato ieri alla presenza di preti, suore e laici di Shanghai. Ordinato nel 2010, con il consenso della Santa Sede e del Governo cinese, Shen Bin ha poi assunto anche responsabilità più ampie ed è attualmente presidente della Conferenza episcopale cinese (non riconosciuta da Roma). Fa anche parte della Conferenza politica consultiva del popolo cinese. È noto pure all’estero, dove si è recato più volte negli ultimi anni: è stato anche in Italia e ha contatti con vescovi cattolici di tutto il mondo. Si è dunque voluto scegliere il vescovo con il profilo che sembrava meglio rispondere alle impegnative esigenze di una diocesi così importante anche per tutta la Cina. Nel discorso di insediamento, Shen Bin ha detto: rimaniamo «nella fede che si basa sulla Bibbia e sulla Santa Tradizione» e seguiamo «la tradizione della Chiesa Una Santa Cattolica e Apostolica e lo Spirito del Concilio Vaticano II». Ha inoltre manifestato il suo amore per la Chiesa di Shanghai e invocato la protezione dello Spirito Santo sull’opera dell’evangelizzazione. Nel suo discorso ci sono state espressioni di patriottismo e di adesione alla prospettiva della “sinizzazione” del cattolicesimo in Cina.

La nomina è particolarmente importante. la diocesi di Shanghai era, di fatto, senza guida dal 27 aprile 2013, quando morì Aloysius Jin Luxian – riconosciuto dalla Santa Sede nel 2005 – che ha governato la diocesi dal 1988 rendendola fiorente per numero di parrocchie, attività religiose, impegno sociale e culturale, contatti internazionali (il suo seminario è stato un importante luogo di formazione anche per sacerdoti di altre diocesi). Nel 2014 è morto anche il vescovo “clandestino” Fan Zhongliang, che aveva accettato di lasciare il governo della diocesi a Jin Luxian. Precedentemente, nel 2012 era stato ordinato vescovo ausiliare Taddeo Ma Daqin, che durante l’ordinazione prese pubblicamente le distanze dall’Associazione patriottica dei cattolici cinesi. Fu ritenuto un gesto antigovernativo e da allora ha vissuto nel santuario di Sheshan, senza la possibilità di esercitare il suo ministero. Ma Daqin è vescovo ausiliare e non coadiutore con diritto di successione: la nomina di un nuovo vescovo a Shanghai, perciò, non è in contrasto con le leggi della Chiesa. Si spera però che Ma Daqin possa riprendere ad esercitare le sue funzioni di ausiliare, il che è possibile all’interno di quella “normalizzazione” della situazione che sembra si voglia promuovere con la nomina di Shen Bin. È significativo che Ma Daqin abbia scritto nel suo blog: «In questa Pasqua ringraziamo Dio per il nostro vescovo Shen Bin che dobbiamo rispettare e proteggere. Seguiamolo nella fede». E ha aggiunto: «Cristo ha detto: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri». Se Ma Daqin riprendesse il suo ministero di vescovo ausiliare, sarebbe un bel segnale di pacificazione: si chiuderebbe una pagina molto dolorosa apertasi prima dell’Accordo tra Cina e Santa Sede del 2018.

Durante la cerimonia è stata citata la Conferenza episcopale cinese ma non sono stati fatti riferimenti al Papa e alla Santa Sede. Quest’ultima era stata informata «pochi giorni fa della decisione delle autorità cinesi di trasferire monsignor Shen Bin, vescovo di Haimen, alla diocesi di Shanghai – ha detto il portavoce Matteo Bruni – e ha appreso dai media dell’avvenuto insediamento questa mattina (ieri ndr). Per il momento – ha aggiunto il direttore della sala Stampa vaticana – non ho nulla da dire riguardo alla valutazione della Santa Sede in merito». Shen Bin era già vescovo e non c’è stata una nuova consacrazione episcopale: nulla a che vedere, dunque, con le tante ordinazioni illegittime che ci sono state in Cina dal 1958 al 2018. Si è trattato più semplicemente del trasferimento di un vescovo a una nuova sede episcopale. L’interesse a risolvere la complicata situazione di Shanghai, inoltre, è condiviso dalle due parti, ed è comprensibile che il nuovo vescovo venga da fuori proprio alla luce di tale situazione – impossibile individuare nel clero locale il nuovo vescovo – e la persona scelta non ha incontrato obiezioni.

Indubbiamente, la rapidità con cui è stata infine realizzata questa nomina ha impedito che si creassero nuovi problemi in una realtà già molto tormentata. Ma preoccupazioni di controllo sociale e di ordine pubblico non possono essere le uniche a venir prese in considerazione quando si tratta di dare un nuovo vescovo a una diocesi, per giunta così importante: la voce di Roma deve essere adeguatamente ascoltata. È questo il senso dell’Accordo del 2018. A volte si ha l’impressione che in Cina si verifichi uno scollamento, per quanto riguarda la Chiesa cattolica tra decisioni di politica interna e questioni di carattere internazionale e di una incomprensione della natura universale propria della Chiesa, complice in questo caso forse anche un recente cambio alla guida dell’organismo del Fronte unito che si occupa degli affari religiosi e in particolare del cattolicesimo.

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