martedì 11 maggio 2021
Della Commissione, presso il Dicastero per lo sviluppo umano integrale fanno parte, tra gli altri l’arcivescovo Pennisi, don Ciotti, il presidente del Tribunale vaticano Pignatone, Rosy Bindi
Giovanni Paolo II in visita in Sicilia pronuncio un appassionato discorso contro la mafia. Era il maggio 1993

Giovanni Paolo II in visita in Sicilia pronuncio un appassionato discorso contro la mafia. Era il maggio 1993 - Archivio Ansa

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Non solo una coincidenza temporale. Ma una scelta ben ponderata. «Per onorare Rosario Livatino, primo magistrato beato nella storia della Chiesa, che ha esercitato coraggiosamente la professione come missione laicale, presso il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale è stato costituito un Gruppo di lavoro sulla “scomunica alle mafie”, con l’obiettivo di approfondire il tema, collaborare con i Vescovi del mondo, promuovere e sostenere iniziative». Così ieri un comunicato del dicastero vaticano. Un gruppo che, come ha specificato in una intervista a Vatican News il coordinatore, Vittorio Alberti, nasce proprio per dare sostanza pastorale alle parole pronunciate da papa Francesco il 21 giugno 2014 sulla spianata dell’area Ex Insud, nella diocesi di Cassano all’Jonio in Calabria, quando definì la ndrangheta «adorazione del male e disprezzo del bene comune» e aggiunse che i mafiosi «non sono in comunione con Dio: sono scomunicati».

Il Gruppo, oltre che da Alberti, officiale del dicastero presso cui il gruppo si è costituito, è composto dall’ex parlamentare Rosy Bindi, don Luigi Ciotti, don Marcello Cozzi, docente all’Università Lateranense, don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane, l’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi, il presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone e Ioan Alexandru Pop del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

Il coordinatore spiega che verrà approfondito anche «l’aspetto dottrinale e quello canonistico». Ma soprattutto l’attività del gruppo sarà a livello di mentalità. «L’aspetto a cui teniamo di più – ha sottolineato Alberti – è quello culturale e cioè la necessità di sensibilizzare, fare rete, approfondire e promuovere questi temi per rafforzare il messaggio del Papa e eliminare definitivamente qualunque possibile compromissione di certo cattolicesimo con le mafie».

In questo senso proprio la coincidenza di data tra la beatificazione del giudice Rosario Livatino e l’annuncio della costituzione del gruppo è un preciso messaggio. «La beatificazione di Livatino è veramente un fatto epocale perché è il primo magistrato della storia della Chiesa a diventare Beato e si tratta di un laico, un laico autentico – ha ricordato il coordinatore – . Il riconoscimento poi da parte della Santa Sede, della Chiesa universale, del martirio di un giudice che si è mosso contro le mafie è un messaggio potentissimo per affermare che la mafia non ha nulla a che vedere con il Vangelo e quindi con la Chiesa. Quello che ci sta a cuore è, prima di tutto, affermare una volta per tutte che non è possibile nel mondo appartenere alle mafie e far parte della Chiesa. A partire da qui vogliamo poi costruire una nuova pastorale, un nuovo percorso culturale che coinvolga in primo luogo le vittime, lavorando anche nelle carceri, parlando con i detenuti e accompagnandoli per un percorso di speranza».

Naturalmente, ha concluso Alberti, dal momento che «manca una specifica dottrina della Chiesa universale», si cercherà «di collaborare e sostenere i vescovi del mondo che già lavorano su questi temi».

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