sabato 9 novembre 2013
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«Straordinaria, un’omelia straordinaria». Non sta e­sagerando? «No, davvero. Una voce tanto autorevole dà coraggio a chi combatte contro la corruzione; e fiato a un tema quasi del tutto cancel­lato dall’agenda politica». 
Alle parole di papa Francesco, il professor Alberto Vannucci si spalanca in un sorriso. E c’è da capirlo. Docente di Scienza politica all’Università di Pisa, da quattro anni coordina il master in 'Analisi, preven­zione e contrasto della criminalità or­ganizzata e corruzione' assieme a Li­bera e Avviso Pubblico, il primo del ge­nere in Italia. «I corrotti e i corruttori di­ventavano sempre più attrezzati, ma l’università ignorava questi temi. E in­vece occorre conoscere, per dare ri­sposte di prevenzione e contrasto. Tra l’altro, abbiamo scoperto che non sia­mo tutti figli delle tangenti». Ieri sera, Vannucci era a Bari per presentare il suo libro Atlante della corruzione (Edizioni Gruppo Abele).
Cominciamo appunto dalla coda, dal Papa che prega per i bambini e ragaz­zi che ricevono dai genitori «pane spor­co », i figli di corrotti e corruttori. Quel «pane sporco» sono i disvalori che inevitabilmente vengono respirati in certe famiglie, dove si finisce per cre­dere che tutto sia monetizzabile, tutto abbia un prezzo, compresa la dignità. Come può crescere chi vive immerso in un clima simile? Non crede che quei «figli», in qualche modo, siamo tutti noi? In parte sì. In molti c’è una rimozione colpevole del problema. Intanto, la cor­ruzione in Italia ha raggiunto un livel­lo assai superiore a quello di paesi a noi analoghi. Nelle classifiche, facciamo peggio di paesi in via di sviluppo e non democratici. Perché la dea tangente è tanto forte ed esercita una tale attrattiva? Perché è una via agevole all’arricchi­mento. Consente di guadagnare cifre enormi rischiando pochissimo. Le cro­nache recenti confermano che il flusso di denaro è gigantesco. Ma fin­ché la corruzione sarà così con­veniente e poco pericolosa, sarà impossibile contrastarla.
Che cosa può fare la politica? I­nasprire le pene, aumentare le indagini, varare leggi apposi­te? Tutto utile, ma insufficiente. I controlli più incisivi servono a poco, perché l’origine ultima della cor­ruzione è 'dal di dentro', è nell’anima. Sono convinto che il primo compito della politica sia la formazione etica di amministratori e funzionari. La dea tangente è scaltra e comincia proprio da lì, attenuando e annullando i sensi di colpa. Avvelena l’anima? Dice bene papa Francesco: è una dro­ga. Coglie una realtà che noi studiosi conosciamo bene. Si comincia a pic­cole dosi. Il primo pensiero è che 'co­sì fan tutti', si passa poi all’assuefazio­ne, la soglia morale si abbassa ulterior­mente e si supera prestissimo il limite oltre il quale non si torna più indietro. Alla fine, senza il ricorso alla corruzio­ne il politico, l’amministratore, l’im­prenditore non riuscirebbero più ad an­dare avanti. Eppure non è una battaglia persa, al­trimenti non sareste qui a lottare.
La percezione può ingannare, la cor­ruzione è di molti ma non di tutti. Le nostre ricerche dimostrano che una minoranza di corrotti sta tenendo in ostaggio una maggioranza di onesti. A cui anche un intervento come que­sto del Papa può dare la forza di rial­zare la testa.
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