martedì 8 giugno 2021
I corpi trovati erano bambini indigeni che frequentavano un istituto di “rieducazione” inserito nel sistema voluto dal governo e gestito da comunità cristiane. «Le autorità facciano chiarezza»
Il Papa all'Angelus di domenica scorsa

Il Papa all'Angelus di domenica scorsa - Ansa

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Spiega di seguire «con dolore le notizie che giungono dal Canada» sulla «sconvolgente scoperta dei resti di 215 bambini, alunni della Kamloops Indian Residential School, nella provincia della Columbia Britannica». E aggiunge che si unisce «ai vescovi canadesi e a tutta la Chiesa cattolica in Canada nell’esprimere la mia vicinanza al popolo canadese traumatizzato dalla scioccante» rivelazione. Papa Francesco parla all’Angelus di domenica scorsa in piazza San Pietro del ritrovamento dei corpi dei ragazzini, alcuni di soli tre anni, che frequentavano l’istituto, uno dei più grandi della nazione, attivo sino alla fine degli anni Settanta, il quale faceva parte di una rete di scuole fondate dal governo canadese e amministrate dalle Chiese cristiane presenti nel Paese che allontanavano i figli degli indigeni dalla loro cultura per “assimilarli” alla propria. I piccoli erano costretti a convertirsi, era loro impedito di parlare le lingue native ed erano picchiati o maltrattati verbalmente. «La triste scoperta – afferma il Papa affacciato dalla finestra del Palazzo Apostolico – accresce ulteriormente la consapevolezza dei dolori e delle sofferenze del passato». E il Pontefice assicura: «Le autorità politiche e religiose del Canada continuino a collaborare con determinazione per fare luce sulla triste vicenda e impegnarsi umilmente in un cammino di riconciliazione e di guarigione. Questi momenti difficili rappresentano un forte richiamo per tutti per allontanarci dal modello colonizzatore e camminare fianco a fianco, nel dialogo, nel rispetto reciproco e nel riconoscimento dei diritti e dei valori culturali di tutte le figlie e i figli del Canada».


Nei giorni scorsi l’arcivescovo di Winnipeg, Richard Joseph Gagnon, presidente della Conferenza episcopale canadese, aveva già annunciato la massima determinazione dell’episcopato locale perché «sia fatta luce sulla verità» di ciò che è accaduto. E aveva aggiunto: «Questa tragedia colpisce profondamente le comunità indigene, con le quali molte persone in questa terra e in tutto il mondo sono oggi solidali».


Molto mediatica e a effetto la dichiarazione del primo ministro canadese Justin Trudeau il quale ha chiesto che la «Chiesa canadese», ma anche il Papa in prima persona, «si assuma la responsabilità per quanto successo». Tuttavia queste tipologie di scuole, come la Kamploops Indian Residential School, operavano su mandato del governo canadese attraverso il ministero per gli affari indigeni, che le aveva affidate in gran parte alle Chiese cristiane attive allora sul territorio. E già nel 2008 il governo federale si era pubblicamente scusato con le popolazioni indigene, pochi giorni dopo la costituzione della Truth and Reconciliation Commission, che aveva concluso i suoi lavori nel 2015 definendo il sistema delle scuole residenziali indigene «un genocidio culturale». Del resto, non era la sola Chiesa cattolica a essere stata attrice religiosa in questo metodo.


La Santa Sede sta seguendo i fatti con grande attenzione. E c’è chi legge in tutto ciò la nomina da parte di papa Francesco del nuovo nunzio apostolico in Canada che risale a sabato scorso: è l’arcivescovo sloveno Ivan Jurkovic, 69 anni, finora osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e istituzioni specializzate a Ginevra e presso l’Organizzazione mondiale del commercio e, inoltre, rappresentante della Santa Sede presso l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. E nell’Angelus di domenica scorsa il Pontefice affida «al Signore le anime di tutti i bambini deceduti nelle scuole residenziali del Canada» e invita a pregare «per le famiglie e le comunità autoctone canadesi, affrante dal dolore».

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