mercoledì 6 aprile 2016
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Il loro numero è stimato tra i 400mila e i 600mila, ovvero tra il 4% e il 6% della popolazione. Tanto è consistente in Ungheria la presenza di persone di etnia rom. Una sede naturale, quindi, per ospitare l’annuale incontro del Comitato cattolico internazionale per gli zingari (Ccit), che si apre venerdì per chiudersi domenica, per la precisione a Esztergom, la storica cittadina di 30mila abitanti al confine con la Slovacchia. Il tema dell’incontro sarà “All’incrocio: l’Europa, le Chiese e le culture di fronte alla misericordia” e ad esso parteciperanno responsabili per la pastorale dei rom e sinti di vari Paesi europei (per l’Italia il direttore dell’Ufficio Migrantes del Lazio e Roma, monsignor Pierpaolo Felicolo, per il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti sarà presente invece suor Alessandra Pander), oltre a sacerdoti, religiosi e laici impegnati a vario titolo in questo ambito. Tra gli interventi previsti, quelli del sacerdote francese di origini sinti Claude Dumas e del teologo don Vito Impellizzeri, della diocesi di Mazara Del Vallo, mentre la celebrazione eucaristica conclusiva sarà presieduta dall’arcivescovo di Esztergom-Budapest e primate d’Ungheria, il cardinale Péter Erdö. In un messaggio inviato ai partecipanti da parte del cardinale Antonio Maria Vegliò e dello scalabriniano padre Gabriele Bentoglio, rispettivamente presidente e sottosegretario del del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, si ricorda come occorra trovare il coraggio per denunciare le ingiustizie di cui i gitani sono ancora vittime e rispondere con le opere alle necessità dei rom poveri, disprezzati e oppressi. «Ovunque si trovano i cristiani – si legge nel testo – nelle parrocchie, nelle comunità e nelle associazioni, devono sorgere oasi di carità e di amore misericordioso». In questo modo, l’opera di evangelizzazione dei rom e sinti, e le «attività a loro favore» sono guidate dal motto dell’Anno giubilare: misericordes sicut Pater. La realtà che promuove l’appuntamento, appunto il Comitato cattolico internazionale per gli zingari, nasce da incontri informali organizzati a Parigi, agli inizi degli anni Settanta, dal sacerdote Yoschka Barthélemy e dai coniugi belgi Elisa e Léon Tambour, per sollecitare una riflessione a livello internazionale sulle comunità zigane e sulla loro condizione umana e spirituale. Sin dalla sua costituzione il Comitato lavora in collaborazione con le autorità ecclesiali e ha legami particolari con il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti (due membri del gruppo dirigente sono “strutturalmente” responsabili delle relazioni con il dicastero vaticano). Sullo sfondo della tre giorni di Esztergom ci sarà anche il discorso che papa Francesco ha rivolto recentemente, lo scorso 26 ottobre, ai partecipanti al pellegrinaggio a Roma del popolo gitano. «Conosco le difficoltà del vostro popolo – aveva detto in quell’occasione – visitando alcune parrocchie romane, nelle periferie della città, ho avuto modo di sentire i vostri problemi, le vostre inquietudini». E aveva aggiunto: «Vorrei che anche per il vostro popolo si desse inizio a una nuova storia, a una rinnovata storia. Che si volti pagina! È arrivato il tempo di sradicare pregiudizi secolari, preconcetti e reciproche diffidenze che spesso sono alla base della discriminazione, del razzismo e della xenofobia». Il Papa aveva quindi indicato ai suoi interlocutori, come modello di vita, uno speciale esempio di santità, un martire della Guerra civile di Spagna: «Avete l’esempio del beato Zeffirino Giménez Malla, figlio del vostro popolo, che si distinse per le sue virtù, per umiltà e onestà, e per la grande devozione alla Madonna, una devozione che lo portò al martirio e ad essere conosciuto come “Martire del Rosario”. Ve lo ripropongo oggi come modello di vita e di religiosità». © RIPRODUZIONE RISERVATA Un campo nomadi in Francia
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