venerdì 29 marzo 2024
Esattamente quarant'anni fa si spegneva a Innsbruck il gesuita e teologo tedesco (1904-1984) che fu tra gli ispiratori del Vaticano II. Il ricordo del discepolo e biografo Karl Heinz Neufeld
Un'immagine degli ultimi anni del teologo gesuita Karl Rahner (1904-1984)

Un'immagine degli ultimi anni del teologo gesuita Karl Rahner (1904-1984) - *

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Esattamente il 30 marzo di 40 anni fa, era un venerdì di Quaresima rispetto alla solennità che celebriamo oggi il Sabato Santo si spegneva all’età di 80 anni ad Innsbruck in Austria il gesuita tedesco, originario di Friburgo, Karl Rahner (1904-1984).

Il teologo di fama mondiale, tra i fondatori della rivista internazionale Concilium e fratello del grande patrologo Hugo (1900-1968) è considerato ancora oggi uno dei pensatori che ha più influito indirettamente (la tesi è di Juan Alfaro) sul buon esito del Concilio Vaticano II ed è stato tra i padri nobili del tomismo trascendentale, di stampo esistenzialista, per la sua formazione così vicina al filosofo e che fu, tra l’altro, suo professore per la tesi di laurea su san Tommaso d’Aquino Martin Heidegger.

E proprio al mistero della Passione, morte e Risurrezione di Gesù Karl Rahner ha dedicato pagine significative. Che sembrano rilette, con gli occhi di oggi, quasi un importante lascito spirituale. Come queste: «Di fronte alle tante speculazioni, noi diciamo “Pasqua”, Risurrezione. E ciò significa che il futuro definitivo è già iniziato. La trasfigurazione del mondo non è un ideale, ma una realtà». Un pensatore che rispetto al suo ex confratello gesuita lo svizzero Hans Urs von Balthasar (1905-1988) non ha consegnato ai posteri particolari scritti su questa particolare giornata del Triduo pasquale, il Sabato Santo in cui è prescritto nella Tradizione plurisecolare della Chiesa l’assenza di celebrazioni eucaristiche e l’invito al raccoglimento e al silenzio.

A tanti anni dalla morte di Rahner la casa editrice Queriniana ha pubblicato recentemente, nel 2021, su un tema così nodale una densa raccolta di suoi scritti con un titolo eloquente: Che cosa significa la Pasqua. In questa piccola perla editoriale sono custodite le meditazioni sulla Settimana Santa scritte dall’allora giovane e già maturo sacerdote ignaziano tra il 1946 e il 1957. A realizzare l’edizione tedesca di questo piccolo saggio sono stati due discepoli del pensatore di Friburgo il gesuita e curatore dell’opera omnia di Rahner Andreas Batlogg e lo psicoterapeuta Peter Suchla. In queste meditazioni ci sono i contenuti della fede cristiana alla luce del mistero pasquale. «È proprio così – spiega il gesuita Karl Heinz Neufeld, classe 1938, discepolo e per tanti anni assistente delle cattedre universitarie dove insegnò Rahner in Germania -. Al centro di tutta la sua ricerca teologica traspare soprattutto questo punto centrale l’importanza di coniugare il Vangelo alla fede vissuta. Come per lui il mistero della Pasqua e del Sabato Santo simboleggiano per lui l’incontro con la vita e la morte. E non stupisce che rispetto al suo illustre collega Balthasar non abbia lasciato uno studio così sistematico sul tema del Sabato Santo ma abbia preferito, un po’ come prescrive la Chiesa per questo giorno dell’anno liturgico come un momento di silenzio e di attesa in vista della Pasqua e della Risurrezione del Signore». Padre Neufeld, allievo di dottorato del domenicano Yves Congar all’Istituto Cattolico di Parigi per tanti anni ha insegnato nell’università dei gesuiti di Innsbruck. Attualmente è direttore spirituale del Seminario della diocesi di Osnabrück in Bassa Sassonia in Germania. Tra i meriti di questo studioso ve ne è uno singolare quello di aver scritto la più autorevole biografia, edita in italiano dalla San Paolo nel 1995, su Hugo e Karl Rahner. Padre Neufeld si dice convinto che un altro testo chiave per entrare nel mistero della «teologia dei tre giorni» cioè della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù sia riprendere in mano proprio del suo «maestro» Rahner un trattato importante come La teologia della morte e poi rielaborato nel più efficace saggio del 1976 Il morire cristiano in cui egli indicava alla luce della fragilità (causata spesso da sofferenze e malattie) e finitezza della nostra natura umana l’importanza di saper «morire con Cristo» dove la «conclusione di ogni vita – è la convinzione di Rahner – avrà un suo compimento pieno e definitivo nell’aldilà».

A tanti anni di distanza dalla sua scomparsa, a giudizio di padre Neufeld, rimangono ancora attuali molte delle sue opere come Uditori della Parola, La Fatica di credere, Corso fondamentale sulla fede, o ancora Spirito nel mondo o lo scritto ritenuto da molti come uno dei suoi testi spirituali più significativi, indirizzato ai giovani, Discorso di Ignazio ad un gesuita odierno, considerato dallo stesso Rahner come «la sintesi della mia teologia e di ciò che ho tentato di vivere». «In queste pubblicazioni si scopre di Rahner l’uomo spirituale e attento al futuro della Chiesa e alle attese delle nuove generazioni. Egli si ritrova – è l’argomentazione dello studioso - nella regola di vita indicata dagli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola: cioé trovare Dio in tutte le cose. Egli come spesso lo ha descritto il suo discepolo il cardinale Karl Lehmann è stato un uomo del “dopodomani” perché al di là dell’inevitabile datazione delle sue opere ha sempre cercato di portare delle risposte concrete ai contesti del suo tempo di cui si sente contemporaneo in cui emerge il suo tratto prima di sacerdote e poi di studioso».

Padre Neufeld ricorda, nel suo ragionamento, il ruolo centrale giocato da Rahner come perito personale del cardinale di Vienna Franz König - con cui collaborerà negli anni successivi anche per lo strategico dialogo con i non credenti- durante il Concilio Vaticano II (1962-1965) con l’allora collega Joseph Ratzinger, il futuro Benedetto XVI per la stesura di importanti documenti come le Costituzioni dogmatiche Lumen Gentium e Dei Verbum. Lo studioso gesuita si sofferma, alla luce di questo importante anniversario, su un saggio rahneriano di stringente attualità come Penitenza della Chiesa (edito dalle Paoline nel 1992) in cui emerge, a suo giudizio, «la situazione concreta del soggetto, peccatore, ma sempre toccato dalla grazia di Dio che crea, redime e trasforma». A tanti anni di distanza dalla sua scomparsa tornano alla mente di Neufeld la famosa frase attribuita al pensatore di Friburgo e spesso ripetuta durante gli anni del suo ministero a Milano dal cardinale Carlo Maria Martini: «Il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà». Un monito, dunque, ai teologi ma anche ai credenti di oggi. Parole che sembrano avere lo stesso sapore e spessore di quelle che furono proposte in un ritratto (la sua ultima intervista su come trasmettere la fede alle nuove generazioni) dei suoi confratelli gesuiti per i funerali solenni di Rahner nel 1984 a Innsbruck. Parole che ancora oggi sembrano non aver perso il loro smalto e attualità per essere buoni teologi. Eccole: «Innanzitutto si deve predicare bene. Per predicare bene, si deve prima studiare bene teologia. Ma per predicare bene, ci devono essere uomini vivi, devoti, radicalmente cristiani, che possono predicare. Naturalmente ci deve anche essere una certa libertà all’interno dell’esercizio di una tale attività apostolica, o pastorale». Una lezione, dunque, quella di Rahner che sembra attuale per la Chiesa di oggi.

Da sinistra l'allora arcivescovo di Monaco il cardinale Joseph Ratzinger mentre dialoga con Karl Rahner

Da sinistra l'allora arcivescovo di Monaco il cardinale Joseph Ratzinger mentre dialoga con Karl Rahner - *

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