venerdì 7 marzo 2025
Tra i 25mila pellegrini attesi domani e domenica – il quinto dei “grandi eventi” dell’Anno Santo – ci saranno anche i volontari del Movimento per la Vita. Parla la presidente Marina Casini
Marina Casini

Marina Casini - -

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Il Giubileo del mondo del volontariato prevede domani dalle 8 alle 17 il pellegrinaggio verso San Pietro e l’attraversamento della Porta Santa con la possibilità di confessarsi nelle chiese giubilari. Dalle 15 alle 18 le associazioni animeranno i “Dialoghi con la Città”, incontri culturali, artistici e spirituali in vari luoghi di Roma. Focsiv sarà in piazza Risorgimento, la Protezione Civile sarà nella basilica di San Salvatore in Lauro, all’esterno della quale sarà possibile incontrare le Misericordie con servizi di prevenzione sanitaria, mentre Il Sorriso in piazza Sant’Ignazio proporrà animazione per i bimbi. Il Movimento per la Vita sarà a Lungotevere Vaticano (ponte Vittorio Emanuele). Domenica alle 10.30 in piazza San Pietro la Messa celebrata dal cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, che leggerà l’omelia preparata dal Papa per l’evento. Da segnalare l’impegno di Csv Lazio e Forum Terzo Settore Lazio con Dipartimento Protezione Civile e Dipartimento Politiche Sociali e Salute presso l’Assessorato Politiche sociali e Salute di Roma Capitale, con la mobilitazione di volontari in tutti i Municipi di Roma per offrire supporto a pellegrini, turisti e cittadini. I volontari sono a disposizione presso le sedi delle associazioni “Punti Fissi” del progetto e, nei grandi eventi giubilari, sono affiancati dalle unità mobili in punti strategici, che è possibile trovare aggiornati in tempo reale sul sito di Vol.A in Rete (www.accoglienzagiubileo.it). Registrandosi e compilando il form disponibile su www.accoglienzagiubileo.it è possibile vivere l’esperienza del Giubileo da volontario di un grande sistema di accoglienza, selezionando gli eventi e i giorni e le fasce orarie in cui partecipare.

Tra i 25mila pellegrini attesi domani e domenica al Giubileo del mondo del volontariato – il quinto dei “grandi eventi” dell’Anno Santo – ci saranno anche loro. I volontari del Movimento per la Vita italiano si sono iscritti in gran numero (ne stanno arrivando a Roma 3.500) anche per l’udienza “dedicata” con il Papa che era prevista domani per festeggiare i 50 anni del primo Centro aiuto alla vita (Cav), ispirato a Firenze da Carlo Casini. Il cambiamento di programma non li ha scoraggiati: ci saranno tutti, portando simbolicamente quello che è il “segreto” di tutti i volontari: servire la vita degli altri, specie quand’è più fragile. E non c’è vita che lo sia di più di un bambino nel grembo materno o appena nato. La presidente nazionale del Movimento Marina Casini dà voce a questo messaggio di custodia dell’umano, facendosi “portavoce” di tutto il volontariato.

Il Giubileo del mondo del volontariato porta a Roma un “popolo” che il Papa ha più volte lodato come «una delle cose più grandi che ha la società italiana» e il presidente della Repubblica Mattarella ha definito «dono» ed espressione della «cultura della cura», una «risorsa preziosa» per il nostro Paese. Il Movimento per la Vita vive di volontariato. Lei che ne è presidente, ed è cresciuta dentro questo spirito grazie a suo padre Carlo, come vede oggi il volontariato italiano?

Senza il volontariato la vita sociale sarebbe gravemente impoverita; tra l’altro spesso il volontariato svolge una funzione di supplenza rispetto ai compiti delle strutture pubbliche. Non c’è dubbio che sia ancora una grande ricchezza in termini di solidarietà, prossimità, soccorso, promozione umana, collaborazione, costruzione del bene comune. Un elemento di novità è l’esigenza di professionalizzazione e una maggiore competenza dovute alla riforma del terzo settore. Il volontariato è anche un grande stimolatore di creatività perché le risposte alle necessità, come la stessa cura delle persone, degli ambienti e dell’ambiente, non possono essere standard e asettiche ma calibrate e calzanti, confezionate su misura. Papa Francesco direbbe che anche qui va applicato lo stile dell’artigiano...

Cosa porta nel movimento del volontariato nel nostro Paese quello proprio dei Centri di aiuto alla vita? Quale valore, e quale stile?

I Cav hanno portato una novità rispetto all’assistenza alle donne incinta: facendosi carico delle necessità concrete i Cav sfidano una mentalità che nega la piena umanità del figlio concepito e nega il valore della maternità durante quella fase così unica e speciale che è la gravidanza. Nello stesso tempo portando lo sguardo sul bambino non ancora nato e sulla sua mamma i Cav indicano la strada per rafforzare ogni servizio all’uomo e ogni solidarietà. La società che vogliamo costruire insieme a tutti i volontari è quella in cui «contano coloro che non contano». Noi del Movimento per la Vita prendiamo sul serio le parole di Madre Teresa di Calcutta: «Se una madre può sopprimere il frutto del suo seno, che cosa ti resta? L’aborto è il principio che mette in pericolo la pace nel mondo». I Cav sono un luogo dove a una intera comunità viene data la possibilità di collegarsi idealmente con ogni altra realtà impegnata a difendere l’uomo soprattutto quando è povero, fragile, scartato, e a realizzare le varie forme di solidarietà. Per la collaudata esperienza di questi 50 anni i Cav si offrono come avanguardia per la cultura della vita. Lo stile è quello dell’accoglienza che con mitezza e discrezione parte dall’ascolto e si fa sostegno, condivisione, rottura della solitudine, amicizia, rifiuto del giudizio sulle persone, ottimismo, disponibilità, fiducia, valorizzazione di tutto ciò che è positivo, anche nelle situazioni più complicate I Cav sono “per” e “con”, mai “contro”. Come tutto il volontariato.

Questo particolare evento giubilare porta a Roma migliaia di volontari, impegnati sui più diversi fronti. Speravano di poter incontrare e ascoltare il Papa, ma la sua situazione di salute sembra parlare in modo forse ancora più eloquente proprio ai volontari. Da credente e da volontaria, che valore assume ora questo pellegrinaggio?

Un valore davvero grande che ci fa entrare maggiormente nel cuore della Chiesa, scuola e casa di comunione. Il Papa sarà assente solo fisicamente, la sostanza della comunione resta. Gli faremo giungere il nostro abbraccio che parla di affetto, preghiera, gratitudine. La mancanza della sua presenza fisica non è un vuoto silente ma un’esortazione eloquente all’unità nella preghiera per lui, per la Chiesa, per il mondo, per il servizio reso dai volontari. Diventa anche più forte l’invito a interrogarci sulle più intime motivazioni del servizio reso nei vari ambiti, ad andare fino al cuore del volontariato per uscirne rafforzati, più motivati, in qualche modo “purificati”. Davvero pellegrini di speranza.

Come si rende sensibile e consapevole una società che sembra aver ceduto alla “cultura dello scarto”, diametralmente opposto?

Diffondere la coscienza sull’importanza della cura e della responsabilità verso l’altro sempre e comunque, senza scarti, dal concepimento alla morte, passando per tutte le fasi della vita, implica tempi di maturazione sui quali non dobbiamo avere pretese. Il nostro compito è impegnarci – meglio: testimoniare – esercitando la pazienza fondata sulla fiducia nel segno positivo che caratterizza la storia. Il cuore dell’uomo, per quanto indurito, è sempre capace di aprirsi al bene, la grazia opera sempre. Certamente sono importanti modalità comunicative che uniscano verità e carità: una relazionalità empatica che sappia dare le ragioni della “cultura della cura”.

Cinque anni fa, il 23 marzo, moriva suo padre Carlo, pioniere del volontariato. Cos’ha imparato da lui?

Ha testimoniato con generosità e gioia la bellezza di spendersi per un grande ideale, vissuto quotidianamente, che dà senso all’esistenza. Non si è mai arreso di fronte alle difficoltà tenendo sempre accesa la fiaccola della speranza. Nel 1981 a Firenze disse che «crediamo che ci sia bisogno oggi di tante cose in questa nostra società, ma c’è soprattutto bisogno di speranza. Ecco la spes contra spem: c’è bisogno di offrire un’indicazione alla gente, perché valga la pena lavorare, impegnarsi, sacrificarsi, rinunciare... C’è bisogno di un volontariato generoso e vasto, e tutto questo non si può ottenere senza una indicazione di ideali e di valori che vanno oltre il domani». Papa Francesco ha detto che «non c’è un volontariato da scrivania e non c’è un volontariato da televisione. Il volontariato è sempre in uscita, il cuore aperto, la mano tesa, le gambe pronte per andare». E ha parlato dei volontari come «artigiani di misericordia: con le mani, con gli occhi, con gli orecchi attenti, con la vicinanza. Essere volontari vuol dire lavorare con la gente che si serve. Non solo per la gente, ma con la gente». Ecco, il babbo era così.

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