giovedì 2 luglio 2020
Nell'autobiografia di Ratzinger le pagine dedicate al fratello defunto ieri a Ratisbona: "... Si sentirono dei passi e colui del quale per tanto tempo non si era saputo nulla era ora in mezzo a noi"
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Nella sua autobiografia pubblicata negli anni ’90 – in italiano con il titolo La mia vita – che abbracciava il periodo 1927-1977, Joseph Ratzinger raccontava il momento emozionante del ritorno del fratello Georg - scomparso il primo luglio a Ratisbona all'età di 96 anni - dalla prigionia in Italia al termine della guerra. «Perché la nostra gioia fosse piena mancava ancora qualcosa» scriveva Ratzinger in riferimento alla sua famiglia, «dall’inizio di aprile non avevamo più avuto notizie di mio fratello. A casa nostra si era quindi in ansia, sia pur silenziosamente. Tanto più grande fu perciò la nostra gioia quando, in una calda giornata di luglio, si sentirono improvvisamente dei passi e colui del quale per tanto tempo non si era saputo nulla, era ora in mezzo a noi, abbronzato dal sole d’Italia, e, riconoscente e sollevato, intonava sul nostro pianoforte il Grosser Gott, wir loben dich».

Qui Ratzinger si riferiva a un celebre canto liturgico tedesco, «Grande Dio, noi ti lodiamo». «I mesi successivi – continuava sempre l’allora cardinale dipanando i ricordi – in cui potemmo gustare la ritrovata libertà, che ora avevamo imparato a stimare nel suo giusto valore, sono tra i più bei ricordi della mia vita. A poco a poco i dispersi facevano ritorno. Ci cercavamo a vicenda, ci scambiavamo i ricordi e i nuovi progetti di vita. Mio fratello e io, insieme con molti altri reduci, lavoravamo, per quanto possibile, nel seminario semidistrutto, che per sei anni era stato adibito a ospedale militare, per renderlo nuovamente utilizzabile per il suo scopo originario. Di libri, nella Germania distrutta ed economicamente prostrata, non era possibile acquistarne. Ma dal parroco e in Seminario potevamo ricevere qualcosa in prestito, cercando così di muovere i primi passi sul terreno sconosciuto della filosofia e della teologia. Mio fratello si dedicava appassionatamente alla musica, che è il suo carisma particolare. Durante le feste di Natale riuscimmo a combinare un incontro tra i nostri compagni di classe; molti erano caduti e, a maggior ragione, i reduci erano riconoscenti per il dono della vita e per la speranza che rinasceva, pur in mezzo a tutte le distruzioni».

Della passione per la musica che accomunava i fratelli Ratzinger, anche Georg aveva parlato in un’intervista: «Nella nostra casa tutti amavano la musica. Nostro padre aveva una cetra che suonava spesso la sera. Cantavamo insieme. Per noi era sempre un evento. A Marktl sull’Inn, poi, c’era una banda musicale che mi affascinava molto. Ho sempre pensato che la musica sia una delle cose più belle che Dio abbia creato. Anche mio fratello ha sempre amato la musica: forse l’ho contagiato io». E sull’altra comune e ben più decisiva “passione”, sempre Georg aveva detto: «Mio fratello ed io eravamo entrambi chierichetti, tutti e due servivamo Messa. Ci fu presto chiaro, prima a me e poi a lui, che la nostra vita sarebbe stata a servizio della Chiesa». E aveva aggiunto un aneddoto: «A Tittmoning Joseph aveva ricevuto la Cresima dal cardinale Michael Faulhaber, il grande arcivescovo di Monaco. Ne era rimasto impressionato e aveva detto che sarebbe voluto diventare anche lui cardinale. Ma, solo qualche giorno dopo quell’incontro, osservando il pittore che tinteggiava i muri di casa nostra, disse anche che da grande avrebbe voluto fare l’imbianchino…».

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