sabato 7 maggio 2016
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ROMA Chi ci crede davvero, nel grande sogno dell’Europa, vive questi tempi come un lungo brivido di paura. Ed Enrico Letta sulla casa comune Ue ci ha investito senza riserve. Da padre fondatore del Pd, da premier nell’ora del massimo caos politico in Italia, da direttore, attualmente, della prestigiosa Sciences Po, l’istituto di studi politici di Parigi. «Guardi la foto che domina sui siti – attacca con voce inquieta, tenendo gli occhi fissi su un tablet –. È quella con Francesco e Angela Merkel. Fa pensare. Un non europeo e una nuova europea, un Papa argentino e una figlia della Germania Est, sono le due voci che richiamano l’Unione a essere se stessa. Dice molto della crisi di leadership tra i Paesi fondatori. Ma dice molto anche di cosa possa essere, ancora oggi, proprio oggi, il nostro Continente: è l’unica barca attraverso i quali valori umani possono attraversare e provare a permeare la globalizzazione. Se questa barca affonda, vedo conseguenze pesanti su scala mondiale. Non mi riferisco solo a conseguenze economiche, ma alla marginalizzazione dei valori fondanti della convivenza umana». È proprio l’ultima suggestione che emerge dal discorso del Papa... È un testo strepitoso. Ma il finale è da brividi. L’ultima frase è addirittura drammatica. Porta l’Europa dinanzi a un bivio. Porta dinanzi a un bivio le classi dirigenti. Ma anche i cittadini, gli insegnanti, i sacerdoti... È la chiamata finale per l’Europa? C’è una fatica enorme che sta attraversando tutte le democrazie occidentali. Guardi l’ascesa di Trump negli Usa. Vuol dire che l’individualismo e il consumismo si sono infiltrate come un virus. Papa Francesco va in controtendenza. Parla di dialogo e ponti mentre domina la paura. Parla di dialogo e ponti mentre vediamo quel che vediamo in Austria, Repubblica Ceca, nella giungla di Calais. Parla di dialogo e ponti mentre Trump si fa strada con messaggi di odio e violenza. Cosa dovrebbero fare i leader europei appena tornati nelle loro cancellerie per dare corpo allo scatto d’orgoglio chiesto da Francesco? Il primo gesto da compiere è quella di rimuovere immediatamente ogni muro, ogni barriera. Molti Paesi sembrano immobilizzati dalle opinioni pubbliche interne. L’Europa è i valori che incarna, non solo gli scambi commerciali e il tetto del 3 per cento. È vero, i cittadini sono impauriti. Temono per la loro sicurezza e per il lavoro. Ma non viene loro spiegato che l’Ue unita è la soluzione alle loro paure. I singoli Paesi, da soli, non potrebbero mai affrontare la più grande ondata migratoria dalla seconda guerra mondiale. Eppure i leader nazionali sono attratti da una triplice spirale: risposte di corto termine, nazionalismo e dare le colpe di tutto all’Europa. Parlare alla pancia degli elettori è esattamente il contrario di quello che ci serve. È un discorso che riguarda anche l’Italia? Il nostro Paese può e deve giocare la partita di una leadership autenticamente europea che sfida il linguaggio dell’odio, della violenza, dell’egoismo, della chiusura a riccio, dello scaricabarile su Bruxelles. Deve farlo di più e senza paure. Oggi parleremmo di un’altra Europa se la riflessione sui valori cristiani dell’Ue avesse preso un’altra Non aver riconosciuto le radici cristiane del Vecchio Continente è stato un errore storico e profondo, e oggi ne vediamo le conseguenze. Anche per quel motivo è saltata l’intera Costituzione: una Carta Intanto ora ci troviamo con barriere e muri da opporre a essere umani. Si può reagire? Alcuni Paesi stanno assumendo comportamenti insopportabili. La solidarietà è dare e avere. La Germania si è fatta carico di un milione di profughi, forse bisognerà attendere qualche anno per capire la portata di questo gesto. E gli altri? Possono rifiutare la riallocazione nei loro confini di 2mila, 3mila, 5mila immigrati? È ora che verso gli Stati si inizi a usare anche il bastone, insieme alla carota. C’è la possibilità di agire sui fondi strutturali, di toglierli a chi non è solidale e premiare chi fa più sforzi. Se alcuni Paesi continuano a rifiutare la riallocazione e non vengono sanzionati la credibilità delle istituzioni Ue cola a picco. Sull’immigrazione, all’Italia è stato riconosciuto coraggio. Perché ci siamo presi la leadership facendo prevalere il principio di umanità. Con Mare nostrum abbiamo dimostrato che non intendevamo aspettare riunioni e burocrazia, perché c’erano vite da salvare. E anche in quella circostanza fu decisivo il Papa con la sua visita a Lampedusa: capì prima di tutti che lì l’Europa si giocava tutto. Parlando senza riserve: è davvero possibile che l’Ue fallisca? Sì, la disgregazione è possibile. La drammaticità del discorso del Papa lo dimostra. Ci sono referendum per uscire, ci sono muri. E soprattutto c’è un’opinione pubblica spaventata. L’Europa avrebbe bisogno innanzitutto di ringiovanirsi, tornare popolare. Francesco dà una mano grande, dà all’Unione l’opportunità di ripensarsi in relazione ai valori che la costituiscono e alle attese reali di un popolo. Tra le paure, arriva un segnale nuovo da Londra. La grande city finanziaria ci ricorda che l’equazione “islam uguale estremismo” è uno scivolamento culturale. L’islam non è irrecuperabile. Qui in Francia ce lo ricorda la testimonianza di Ahmed Merabet, il poliziotto musulmano ucciso dal commando che aveva attaccato Charlie Hebdomentre faceva il proprio dovere. Se vuole, è l’ulteriore prova che l’Europa è un patrimonio di cultura e valori di cui questo mondo ha bisogno. © RIPRODUZIONE RISERVATA piega? senza valori non ha senso. L’intervista
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