venerdì 6 maggio 2016
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Il segretario di Stato al Convegno in Senato sulla libertà religiosa. Gentiloni: nel Mediterraneo non può esserci pace senza coesistenza tra chiese, moschee e sinagoghe Cardia: quella contro i simboli religiosi è un’ossessione Amato: va combattuto il fondamentalismo, non l’islam Betori: cambiamento d’epoca non epoca di cambiamento «Il Papa insiste che si costruiscano ponti. Utilizzando e contrapponendo l’immagine della costruzione dei ponti e quella della costruzione dei muri possiamo allora misurare tutta la distanza che c’è tra quest’ultima Europa e quella che Francesco sogna. Il Papa perciò non può che ricordare all’Europa la sua vocazione umanistica che è una vocazione all’apertura e alla solidarietà». Queste le parole del segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, a margine dell’intervento che ieri in Senato ha concluso l’incontro sul tema: “Libertà religiosa, diritti umani e globalizzazione”, organizzato e moderato dal giurista Carlo Cardia, docente di Diritto ecclesiastico all’Università RomaTre. Nella sua lectio Parolin ha indicato un nuovo e imprescindibile compito rispetto al passato che chiama alla diretta responsabilità del dialogo i leader religiosi per essere strumenti di pace e pacificazione anche verso i propri governi. «Dobbiamo ormai collegare il concetto di dialogo interreligioso al concetto di pace – ha aggiunto il porporato – che non è più riducibile oggi alla sola dimensione della sicurezza internazionale e ai suoi obblighi perché esso richiede un impegno più ampio e articolato. In primo luogo quello di prevenire le cause che possono scatenare un conflitto bellico e rimuovere premesse e situazioni che possono portare a nuove guerre». Di fronte a conflitti che hanno raggiunto livelli di ferocia e di violenza che «lasciano sgomenti», Parolin ha indicato la strada operativa nella ricomposizione dei conflitti attraverso lo strumento del dialogo, valido anche per la ricostruzione del tessuto sociale distrutto dalle guerre. Per il segretario di Stato infatti con l’evoluzione dello scenario internazionale degli ultimi anni, il rapporto tra dialogo religioso e prospettiva di pace «è praticamente ineludibile, e s’è fatto così stretto che non possiamo neanche immaginare separate le due realtà: quella delle religioni che s’incontrano, si parlano, si conoscono, si pongono ciascuna come costruttrice di pace, e quella della pace che ha bisogno più che in passato che le Chiese e le altre religioni agiscano per eliminare tutto ciò che può portare a conflitti. E citando il Papa, Parolin ha ribadito che il dialogo interreligioso ed ecumenico «non è un lusso, ma qualcosa di necessario ed essenziale, al servizio del bene comune». Questo vuol dire – ha spiegato quindi Parolin – che deve diventare una realtà ordinaria, quotidiana e che deve strutturarsi in modo da costruire un tessuto connettivo della vita religiosa e sociale di un Paese e di un’area geopolitica: «Dobbiamo perciò sperare che ogni qualvolta che si prospettino momenti critici si attivino i leader religiosi con funzioni dirette di pacificazione, di aiuto e supplenza anche a quella diplomazia che riguarda più direttamente gli Stati, quasi un punto di riferimento per chiunque voglia dialogare e per la popolazione intera quando si tratti affrontare i problemi più acuti legati a conflitti sociali, politici, militari». «Oggi la guerra ai simboli religiosi sembra sia diventata quasi un’ossessione, una mania» ha fatto osservare il giurista Carlo Cardia, aprendo il convegno alla presenza del presidente del Senato Pietro Grasso. Nel suo corposo intervento, dopo aver citato il caso della Francia, che vuole eliminare i simboli religiosi da tutti i luoghi pubblici, Cardia ha fatto notare come «estendere la guerra ai simboli religiosi ad altri continenti sarebbe un indice di provincialismo: compiremmo il più oscuro atto di oscuramento religioso e culturale che si possa immaginare, contro le radici profonde a cui si ispira ogni popolo». «Il pluralismo – ha affermato – anche nei simboli religiosi, porta tolleranza, accoglienza e soprattutto libertà». Sul problema del fondamentalismo religioso è intervenuto il giudice costituzionale Giuliano Amato dichiarando che chi vuole combattere il fondamentalismo non deve combattere la religione musulmana. «Per alzare la voce a tutela della libertà religiosa – ha detto provocatoriamente – dobbiamo essere immuni da questo peccato, e noi da questo peccato non siamo immuni » mentre Giuseppe Tesauro, presidente emerito della Corte Costituzionale, ha rilevato che «la via italiana alla laicità è pluralista, inclusiva, non discriminatoria». Nel corso della tavola rotonda svoltasi nella Sala Koch di Palazzo Madama, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, denunciando l’utilizzo della religione «come fattore identitario in senso oppositivo », in base al quale «sentiamo dire in diversi Paesi europei: 'non vogliamo migranti che non siano cristiani'» ha affermato che non può esserci pace nel Mediterraneo senza la coesistenza tra le chiese, le sinagoghe e le moschee. Per Alberto Melloni, segretario della Fondazione per le Scienze religiose, un problema è la mancanza di una legge sulla libertà religiosa, che invece è urgente «per uscire dall’analfabetismo religioso», che fa «chiamare radicali i terroristi e moderati gli spirituali » ed ha insistito sull’educazione formativa. «È essenziale – ha spiegato Melloni – per far percepire il valore dei legami religiosi, che favoriscono la crescita della società». È grazie al Concilio che il paradigma della libertà religiosa si è inserito e fondato nella cornice dei diritti umani ha fatto infine notare l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori: «Questo quadro ha permesso alla Chiesa cattolica di cambiare ». Ed ha ricordato la Dignitatis humanae e l’affermazione di papa Francesco per la quale «oggi non siamo in un’epoca di cambiamento ma in un cambiamento d’epoca». Di qui la necessità di affrontare anche la questione della tutela della libertà religiosa «come una sfida e non come un ostacolo». © RIPRODUZIONE RISERVATA IL DIBATTITO Carlo Cardia seduto accanto al segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin ai lavori del Convegno sulla libertà religiosa svoltosi ieri a Palazzo Madama (Siciliani)
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