domenica 28 luglio 2013
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E´ una riflessione sistemática sulla missione della Chiesa quella che il Papa ha consegnato ai vescovi responsabili del Consiglio episcopale latino-americano (Celam), l´organismo che rappresenta la Chiesa dai Caraibi alla Terra del Fuoco, parlando loro - come ha detto ala fine di questo nuovo lungo e importante intervento magisteriale - "da vescovo a vescovo". Dopo l´imponente discorso del giorno precedente ai vescovi del Brasile sulla natura della Chiesa e le prospettive di azione pastorale per porsi al fianco dele domande dell´uomo contemporâneo disilluso e spesso estraneo a uma comunita´ ecclesiale percepita come lontana e insignificante, questo nuovo intervento del Papa sulla Chiesa va a comporre um vero e próprio documento ecclesiológico di Papa Bergoglio, sullo sfondo di uma Chiesa latino-americana che in questo primo viaggio del pontificato e´ apparsa piu´ volte nelle intenzioni del Papa come un soggetto rispetto al quale la Chiesa universale deve confrontare se stessa. Rivolgendosi al Celam, il Papa fa riferimento alla "Missione continentale" lanciata dalla Conferenza Celam di Aparcida sei anni fa. Questa Missione, dice il Papa, "si proietta in due dimensioni: programmatica e paradigmatica. La missione programmatica, come indica il suo nome, consiste nella realizzazione di atti di indole missionaria. La missione paradigmatica, invece, implica il porre in chiave missionaria le attività abituali delle Chiese particolari". E spiega: "Il ´cambiamento delle strutture´ (da caduche a nuove) non è frutto di uno studio sull’organizzazione dell’impianto funzionale ecclesiastico, da cui risulterebbe una riorganizzazione statica, bensì è conseguenza della dinamica della missione. Ciò che fa cadere le strutture caduche, ciò che porta a cambiare i cuori dei cristiani, è precisamente la missionarietà.Da qui l’importanza della missione paradigmatica". Protagonista della missione della Chiesa e´ "il discepolo di Cristo" che "non è una persona isolata in una spiritualità intimista, ma una persona in comunità per darsi agli altri. Missione Continentale implica pertanto appartenenza ecclesiale". La "missionarieta´" del cristiano deve confrontarsi con "le sfide vigenti della missionarieta´", riassunte da Bergoglio in due punti: "Il rinnovamento interno della Chiesa e il dialogo con il mondo attuale". Sul rinnovamento interno, che passa per la "conversione pastorale", il Papa propone ai vescovi un vero e proprio esame di coscienza in sei punti: "Facciamo in modo che il nostro lavoro e quello dei nostri presbiteri sia più pastorale che amministrativo? (...) Superiamo la tentazione di prestare attenzione in maniera reattiva ai complessi problemi che sorgono?" e "promuoviamo spazi e occasioni per manifestare la misericordia di Dio? (...) Nella pratica, rendiamo partecipi della Missione i fedeli laici" e "offriamo la Parola di Dio e i sacramenti con la chiara coscienza e convinzione che lo Spirito si manifesta in essi? E’ un criterio abituale il discernimento pastorale, servendoci dei Consigli diocesani" resi "spazi reali per la partecipazione laicale nella consultazione, organizzazione e pianificazione pastorale? (...) Noi pastori, vescovi e presbiteri" "appoggiamo e accompagniamo" i fedeli laici "superando qualsiasi tentazione di manipolazione o indebita sottomissione? (...) Gli operatori pastorali e i fedeli in generale si sentono parte della Chiesa, si identificano con essa e la avvicinano ai battezzati distanti e lontani?". La "conversione pastorale" conseguente a queste domande "concerne principalmente gli atteggiamenti e una riforma di vita". Attenzione pero´, avverte Bergoglio: "E´ importante tener sempre presente che la bussola per non perdersi in questo cammino è quella della identità cattolica concepita come appartenenza ecclesiale". Quanto al "dialogo col mondo attuale", il Papa - che ha ripetutamente integrato passi del suo discorso improvvisando aggiunte e battute - spiega che "la risposta alle domande esistenziali dell’uomo di oggi, specialmente delle nuove generazioni, prestando attenzione al loro linguaggio, comporta un cambiamento fecondo che bisogna percorrere con l’aiuto del Vangelo, del Magistero e della Dottrina sociale della Chiesa". Gli "scenari e areopaghi" oggi sono i piu´ disparati: "Dio sta in tutte le parti: bisogna saperlo scoprire per poterlo annunciare nell’idioma di ogni cultura; e ogni realtà, ogni lingua, ha un ritmo diverso". Ma quello che il Papa definisce con un´espressione molto caratteristica "discepolato missionario" fa i conti con svariate "tentazioni", che vengono analizzate in modo incalzante. Anzitutto "l´ideologizzazione del messaggio evangelico", ovvero una "interpretazione evangelica al di fuori dello stesso messaggio del Vangelo e al di fuori della Chiesa". Questa a sua volta ha diverse componenti, che il Papa radiografa con chiarezza estrema, non priva di ironia: il "riduzionismo socializzante" che sostituisce le scienze sociali alla Parola di Dio; l’"ideologizzazione psicologica" che riduce l´"incontro con Gesù Cristo e il suo ulteriore sviluppo a una dinamica di autoconoscenza" secondo dinamiche della psicologia che escludono la trascendenza; la "proposta gnostica", tipica di "gruppi di élites" e di "cattolici illuminati" che offrono una "spiritualità superiore, abbastanza disincarnata"; la "proposta pelagiana". Ma a insidiare i cristiani´ e´anche il "funzionalismo", addirittura "paralizzante" per la Chiesa. L´analisi di Bergoglio su questo punto si fa particolarmente sferzante: Più che con la realtà del cammino, si entusiasma con “la tabella di marcia del cammino”. "La concezione funzionalista non tollera il mistero, va alla efficacia. Riduce la realtà della Chiesa alla struttura di una Ong. Ciò che vale è il risultato constatabile e le statistiche. Da qui si va a tutte le modalità imprenditoriali di Chiesa. Costituisce una sorta di 'teologia della prosperità' nell’aspetto organizzativo della pastorale". Non molto piu´tenero e´il Papa con la tentazione del "clericalismo": "Il parroco clericalizza e il laico gli chiede per favore che lo clericalizzi, perché in fondo gli risulta più comodo". Dalla denuncia dei vírus, il Papa passa alla costruzione del futuro, invitando a bandire ogni atteggiamento nostalgico: "Dio è reale e si manifesta nell’'oggi'. Verso il passato, la sua presenza si dà a noi come 'memoria' della grande opera della salvezza sia nel suo popolo sia in ognuno di noi; verso il futuro si dà a noi come 'promessa' e speranza. (...) L’'oggi' è il più simile all’eternità; ancora di più: l’'oggi' è scintilla di eternità. Nell’'oggi' si gioca la vita eterna". E´ qui che passa la missione del discepolo di Cristo, che e´anzitutto "vocazione": il cristiano non e´ autoreferenziale ma "proiettato verso l’incontro" con Cristo e con gli altri, dunque proiettato oltre se´ stesso e gli abituali confini dellázione ecclesiale: "Per questo - rivela Bergoglio - mi piace dire che la posizione del discepolo missionario non è una posizione di centro bensì di periferie: vive in tensione verso le periferie… incluse quelle dell’eternità nell’incontro con Gesù Cristo. Nell’annuncio evangelico, parlare di 'periferie esistenziali' decentra e abitualmente abbiamo paura di uscire dal centro. Il discepolo missionario è un 'decentrato': il centro è Gesù Cristo, che convoca e invia. Il discepolo è inviato alle periferie esistenziali". La stessa Chiesa deve vivere per le periferie: "La Chiesa è istituzione, ma quando si erige in 'centro' si funzionalizza e un poco alla volta si trasforma in una Ong. Allora la Chiesa pretende di avere luce propria e smette di essere quel 'misterium lunae' del quale ci parlano i Santi Padri. Diventa ogni volta più autoreferenziale e si indebolisce la sua necessità di essere missionaria". E da "istituzione" diventa "opera", da "sposa" ad "amministratrice", da "serva" a "controllore". Il Papa indica invece "una Chiesa Sposa, Madre, Serva, facilitatrice della fede e non controllore della fede". In una Chiesa simile il "discepolato missionario" vive di "vicinanza" e "incontro", ovvero le "modalità in cui Dio si è rivelato nella storia". Il Papa torna a farsi incalzante denunciando forme di pastorale "senza vicinanza, senza tenerezza, senza carezza. Si ignora la 'rivoluzione della tenerezza' che provocò l’incarnazione del Verbo. Vi sono pastorali impostate con una tale dose di distanza che sono incapaci di raggiungere l’incontro: incontro con Gesù Cristo, incontro con i fratelli". Da questa pastorale si arriva al "proselitismo" ma non alla "appartenenza ecclesiale". La pastorale della "vicinanza" che ha a cuore il Papa ha una "pietra di paragone": l’omelia. "Come sono le nostre omelie? Ci avvicinano all’esempio di nostro Signore, che 'parlava come chi ha autorità' o sono meramente precettive, lontane, astratte?". Quanto al vescovo, "deve condurre, che non è la stessa cosa che spadroneggiare". E qui il Papa tratteggia con parole stupende la figura del vescovo: "I Vescovi devono essere pastori, vicini alla gente, padri e fratelli, con molta mansuetudine; pazienti e misericordiosi. Uomini che amano la povertà, tanto la povertà interiore come libertà davanti al Signore, quanto la povertà esteriore come semplicità e austerità di vita. Uomini che non abbiano 'psicologia da príncipi'. Uomini che non siano ambiziosi e che siano sposi di una Chiesa senza stare in attesa di un’altra. Uomini capaci di vegliare sul gregge che è stato loro affidato e di avere cura di tutto ciò che lo tiene unito: vigilare sul loro popolo con attenzione sugli eventuali pericoli che lo minacciano ma soprattutto per accrescere la speranza: che abbiano sole e luce nei cuori". ​
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