venerdì 19 giugno 2015
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Dall’enciclica sul creato Carlin Petrini si aspettava molto. «Ma non così tanto – rilancia il fondatore di Slow Food –. In Laudato si’  il Papa non si limita alle questioni di principio, né alle esortazioni morali, che pure sono sempre le benvenute. Entra nello specifico, approfondisce e documenta, fornisce indicazioni anche molto pragmatiche». Con quale intento, secondo lei? Il messaggio mi sembra evidente: su questi temi è ormai venuto il momento di passare all’azione. La constatazione del disastro ambientale non basta, gli appelli generici non sono più sufficienti. Occorre assumere un atteggiamento di concretezza, che si fondi sull’osservazione scientifica della realtà e sappia indicare le cause dei fenomeni, suggerire possibili vie d’uscita. E questo l’enciclica lo fa molto bene. È la novità maggiore? Mi verrebbe da rispondere che è lo stile al quale Francesco ci sta abituando, con una chiarezza e pacatezza che lasciano ammirati. Parole semplici, parole forti. Già in passato il Papa ha condannato l’economia che “uccide”. Ora, nell’enciclica, spiega come e perché questo avviene, e lo fa allargando lo sguardo a un orizzonte globale. In Laudato si’  sono frequentissime, per esempio, le citazioni dai documenti degli episcopati del Sud del mondo. C’è l’attenzione a fatti e problemi specifici, ma c’è anche, ed è determinante, la volontà di recuperare un’ampiezza di visione che purtroppo è venuta spesso a mancare nei movimenti dell’ecologismo militante, troppo concentrati su obiettivi a breve termine. Nello stesso tempo, con impronta davvero francescana, il Papa corregge il rischio di un eccessivo antropocentrismo che, per quanto non presente in sé nella dottrina cristiana, nella pratica finiva spesso per imporsi. Quel che colpisce è che tutto questo avviene nel segno della gioia, un sentimento che avevamo quasi dimenticato e senza il quale, invece, nessuna rivoluzione riesce a compiersi. Quali sono gli spazi che si aprono? Ne vedo due, tra loro complementari. Il primo è quello di una politica che non sia schiava della finanza e della tecnocrazia. Il secondo, forse il più sorprendente, riguarda ciascuno di noi, tocca i comportamenti individuali, evoca la possibilità che le scelte della moltitudine riescano a influenzare le decisioni della politica. Ancora una volta, non si tratta di un auspicio astratto: il Papa si sofferma sul ruolo delle comunità locali, sulla forza che azioni condivise possono esprimere. Personalmente trovo straordinaria questa chiave di lettura. Chiunque tu sia, indipendentemente dal fatto che tu abbia o meno responsabilità di governo, puoi diventare protagonista del cambiamento di cui la terra ha bisogno. Ecco, è di questa chiarezza che sentivamo la necessità. Le critiche non mancheranno, si capisce, ma a questo non darei troppo peso. Uno dei passaggi più delicati riguarda l’impiego degli Ogm. Un’analisi che ho trovato particolarmente onesta. Anzitutto per la premessa da cui parte: mai mettersi contro la tecnica per partito preso. Poi, ancora una volta, per il pragmatismo delle indicazioni. Francesco sostiene un principio ormai accolto da molti, quello per cui gli Ogm possono e devono essere impiegati in modo diverso in ambiti diversi. Ricorrere alla modificazione genetica in agricoltura non è lo stesso che servirsene per scopi terapeutici, e viceversa. Il Papa non prende una posizione definitiva e proprio per questo trovo scorretto tirarlo da una parte o dall’altra. In Laudato si’  è però insistente la richiesta di una ricerca scientifica super partes,  sganciata dagli interessi  delle multinazionali del cibo. E la riflessione sulla decrescita? Più che giusta e niente affatto generica, di nuovo. A mio avviso è uno dei punti nei quali il Papa pone le basi di una possibile rigenerazione dell’economia. Perché è di economia che stiamo parlando, non solo di etica. Il principio da cui partire è questo: l’economia non può illudersi di contraddire le leggi della fisiologia. Di conseguenza, siccome in fisiologia nessuna crescita è illimitata, anche l’economia deve accettare rallentamenti e sospensioni. Il termine “sostenibile”, del resto, viene dal sustain, il pedale che prolunga il suono di una nota al pianoforte. È un’esigenza pratica, che tuttavia rimanda a una visione del mondo che abbiamo sempre più bisogno di riscoprire. A che cosa si riferisce? Alla saggezza contadina, che il Papa ha più volte ricordato nei suoi discorsi e nei suoi insegnamenti. Una prospettiva umile in senso etimologico, di adesione alla terra. Quando Francesco parla di “ecologia integrale”, sviluppando la nozione di “ecologia umana” già indicata dai suo predecessori, non fa altro che gettare le fondamenta di un nuovo umanesimo, che faccia tesoro delle esperienze spirituali anche dei popoli più lontani e, contemporaneamente, permetta un dialogo sereno e paritario tra i saperi tradizionali e la moderna ricerca scientifica. Ci sono millenni di storia e sapienza contadina che esigono di essere ascoltati. Ora l’enciclica dà loro voce.
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