lunedì 13 aprile 2015
Per Ankara il termine «genocidio», usato da Francesco domenica, sarebbe «calunnioso». Gentiloni: reazione eccessiva.
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Si arricchisce di nuovi elementi la crisi diplomatica tra Santa Sede e Turchia sul massacro degli armeni nel 1915-1917, definito domenica un "genocidio" da Papa Francesco, mutuandolo dalla dichiarazione di Papa Wojtyla del 2001. Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha affermato che le parole del pontefice rivelano "una discriminazione dei musulmani e dei turchi di fronte ai cristiani". Parlando dalla Mongolia, Cavusoglu ha attaccato quella che ha bollato come una posizione "contraddittoria e discriminatoria" perché, secondo lui, il genocidio rientra in un preciso concetto giuridico mentre per Ankara i massacri degli armeni sotto l'Impero ottomano furono la conseguenza di una situazione di conflitto in cui morirono anche musulmani. Domenica c'era già stata la dura reazione del ministero degli Esteri di Ankara, con la convocazione del nunzio apostolico, Antonio Lucibello, e il richiamo per consultazioni in Turchia dell'ambasciatore presso la Santa Sede Mehmet Paçaci. Ora è arrivata anche una nota, diffusa dall'ambasciata turca in Vaticano, che nel tentativo di offrire una ricostruzione storica dei fatti del 1915 definisce le parole di Francesco "un'inaccettabile strumentalizzazione politica". Non solo: parlare di "genocidio" degli armeni rappresenterebbe una "calunnia", in quanto tale termine è un concetto giuridico che nel caso degli armeni non trova riscontro in alcuna sentenza di un tribunale internazionale competente. Nella stessa nota il ministero degli Esteri ha scritto che il popolo turco non riconosce la dichiarazione del Pontefice, "che è discutibile sotto tutti i punti di vista, che è basata sul pregiudizio, che distorce la storia e che riconduce il dolore sofferto in Anatolia nelle particolari circostanze della Prima Guerra Mondiale ai membri di una sola religione". E su Twitter, il ministro Mevlut Cavuysoglu ha definito "inaccettabili" le parole di Papa, "che non sono fondate su dati storici e legali". Di tutt'altro avviso il presidente armeno Sarksyan, secondo cui "la nostra storia che ormai compie 100 anni sta dando i suoi frutti". Prevedendo che le parole del Pontefice sarebbero risultate "spinose" per il governo e i leader di Ankara, il capo dello Stato si è detto comunque convinto che esse "toccheranno le menti e i cuori di molti turchi, che avranno un'opportunità di riconsiderare il genocidio degli armeni e di liberarsi del peso della storia".

Dal Vaticano per ora, nessuna risposta ufficiale. Qualcuno ha voluto vedere un accenno, anche indiretto, alla vicenda turca nelle parole del Papa all'omelia mattutina di Santa Marta: la strada della Chiesa è la franchezza. Reazioni invece dal governo italiano. Per il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, la reazione di Ankara appare sproporzionata. "La durezza dei toni usati dalla Turchia non mi pare giustificata, tenendo conto che una quindicina di anni fa Giovanni Paolo II aveva espresso valutazioni analoghe", ha ricordato il titolare della Farnesina da Barcellona. "L'Italia", ha aggiunto "ha più volte espresso solidarietà e vicinanza al popolo e al governo armeno per la violenza e le sofferenze che sono state loro inflitte 100 anni fa. Quanto al riconoscimento giuridico del genocidio abbiamo sempre invitato i due Paesi, Turchia e Armenia, amici dell'Italia, a dialogare per evitare che questa situazione sia di ostacolo ad altre situazioni meno tese".Dietro questa dura presa di posizione di Ankara, fanno notare gli analisti, ci potrebbero essere ragioni squisitamente politiche: la Turchia respinge la ricostruzione storica del genocidio, che da una parte ostacolerebbe la marcia di avvicinamento verso l'Unione Europea e dall'altra potrebbe aprire la questione degli indennizzi per gli espropri subiti dagli armeni.

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