mercoledì 12 febbraio 2025
La reliquia del quindicenne, che sarà presto santo, è stata accolta nell'istituto penitenziario minorile di Napoli. Il cappellano don De Luca: cambiare è possibile, qui tanti giovani lo fanno
L'isola che ospita il carcere di Nisida

L'isola che ospita il carcere di Nisida - Ansa

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Incontrare uno sguardo che possa dare nuova luce alla propria vita. È questa la speranza concreta che i 240 cappellani in servizio nelle carceri italiane offrono alle circa 55mila persone in essi detenute e ai circa 1.500 ragazzi presenti negli Istituti penali per minorenni (Ipm).

Tra questi ci sono anche gli ottanta ospiti dell’Ipm di Nisida, un isolotto di straordinaria bellezza nel Golfo di Napoli. Qui, dal 2001 come seminarista, dal 2009 come cappellano, don Fabio De Luca, vicario episcopale per la carità della diocesi di Pozzuoli, ha imparato «ad accogliere senza pregiudizio, a perdonare settanta volte sette, a ricordare che non è possibile conoscere fino in fondo cosa nasconde il cuore di un uomo» ha raccontato al telefono.

Al centro con la reliquia di Acutis, don Fabio De Luca, cappellano del carcere minorile di Nisida

Al centro con la reliquia di Acutis, don Fabio De Luca, cappellano del carcere minorile di Nisida - .

La sua voce è piena di amore quando parla dei ragazzi di Nisida con i quali, lo scorso 31 gennaio, ha vissuto la toccante esperienza della Celebrazione eucaristica per l’accoglienza della reliquia del beato Carlo Acutis, che sarà canonizzato da papa Francesco durante il Giubileo degli adolescenti il prossimo 27 aprile. Un’iniziativa promossa nell’ambito del programma del Festival della vita di Caserta, giunto alla XV edizione, dedicata al tema “Vivere è…agire: come pellegrini di speranza”.

«Ho visto i ragazzi interessati alla vita del giovane Acutis e questo è importante perché non è semplice riuscire a catturare la loro attenzione – ha aggiunto don De Luca –. Sono ragazzi che vengono da contesti familiari difficili, spesso legati alla criminalità organizzata, con livello di istruzione bassissimo: hanno logiche di vita diverse dalle nostre, scardinare le quali è la sfida fondamentale ma difficile». Eppure, non impossibile: «Ho visto ragazzi cambiare davvero la propria vita. Ne ho ospitati in canonica tre sottoposti a misura alternativa alla detenzione: grazie al lavoro di tutti i soggetti responsabili del percorso rieducativo, questi ragazzi, oggi trentenni, sanno ora cos’è la normalità», ha spiegato il cappellano, che è anche parroco di San Vitale, nel quartiere Fuorigrotta di Napoli.

Perché chi entra in carcere possa cambiare davvero vita è necessario, infatti, che sia accompagnato da una “comunità educante”, ha continuato don De Luca: «Bisogna lavorare in sinergia. Come in famiglia, se i genitori hanno voci contrastanti, i figli rischiano di smarrirsi, così avviene per i ragazzi negli istituti penitenziari». E a Nisida il lavoro è di squadra, anche con l’imam che segue i ragazzi di fede islamica che arrivano sull’isola napoletana soprattutto da regioni del Nord Italia.

La forza della comunità andrebbe alimentata, in particolare, all’uscita dal carcere: «Questo ha funzionato con i ragazzi che ho accolto», ha precisato il cappellano aggiungendo che è importante «non lasciare soli questi giovani una volta che hanno terminato il periodo di detenzione ma seguirli perché possano anche valorizzare quanto appreso in carcere» e possano davvero credere nella possibilità di una vita diversa.

Nell’Anno Santo, il cappellano del carcere di Nisida spera di poter ridare speranza a questi ragazzi scardinando i loro pensieri sull’ineluttabilità del loro futuro, perché, ha amaramente commentato «a diciassette anni non si può pensare che la vita sia finita, che non ci sia nessuna possibilità di cambiamento».

La Chiesa cattolica è in prima linea, grazie al sostegno dell’8xmille e delle Offerte deducibili, per disegnare l’orizzonte della speranza per questi ragazzi. Ad accompagnare la reliquia di Carlo Acutis a Nisida, infatti, oltre a don Ampelio Crema, presidente del Centro culturale San Paolo e del Festival della Vita, e a Raffaele Mazzarella, direttore del Festival, c’erano anche il responsabile nazionale del Servizio per la promozione del sostegno alla Chiesa cattolica della Cei, Massimo Monzio Compagnoni, l’assistente pastorale e spirituale del Servizio, don Enrico Garbuio, e Letizia Franchellucci, referente per i progetti nel territorio.

Don Garbuio è rimasto molto colpito «dal profondo legame che don Fabio ha creato con i giovani del carcere di Nisida – ha raccontato –. L’ho percepito anche dalla libertà con cui si sono relazionati con me. È stata una bellissima esperienza e per i ragazzi è stato importante scoprire una figura, quale quella di Carlo Acutis, che insegna a usare al meglio le proprie possibilità per una vita bella e piena. La presenza della Chiesa in carcere è importante perché ridà dignità a vite che si vorrebbe “scartate”: ma la logica dello scarto non va alimentata. L’esperienza di Nisida dice proprio l’importanza di offrire l’occasione di riprendere la propria vita in mano e farne quel capolavoro che Dio ha sempre sognato».

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