giovedì 16 gennaio 2025
Sessanta "medaglioni" di santi e beati, raccolti da Antonio Tarallo in un volume edito da Ares. «Pellegrini di speranza e di gioia». «Persone come noi che l'amore di Dio ha spinto più di noi»
Il beato Giuseppe Puglisi

Il beato Giuseppe Puglisi - Repertorio

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Quanti colori ha la santità? Infiniti, si potrebbe rispondere, dato che infinita è la grazia di Dio, dalla quale origina. Ma intanto contare alcuni esempi di questo meraviglioso arcobaleno non è esercizio inutile. Anzi. È quello che ha fatto Antonio Tarallo, scrittore, autore teatrale e regista, con il suo libro “60 colori della grazia – Da Santa Lucia e Giuseppe Puglisi” (edizioni Ares), che ha la prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi e l’introduzione di Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano. Il quotidiano d’Oltretevere, infatti, ha ospitato i 60 medaglioni di santi raccolti nel volume, che, come scrive lo stesso Monda, hanno più o meno tutti una parentela con il Giubileo della speranza. «I santi – sottolinea infatti – hanno insegnato proprio questo: nel loro peregrinare sulla terra hanno donato la luminosa testimonianza che seguire Cristo vuol dire essere felici». E così è anche per i ritratti disegnati da Tarallo.

Si tratta di figure anche molto diverse tra loro, per formazione, estrazione sociale, ruolo ed epoca in cui sono vissuti. Si va infatti dall’antichità cristiana, come con San Girolamo, Cirillo di Gerusalemme, Antonio abate e le sante Lucia e Prassede, e si approda a personaggi del nostro presente come Giuseppina Bakhita, Teresa di Calcutta o appunto il beato Puglisi, richiamato anche nel sottotitolo. Accanto a protagonisti dell’azione pastorale caritativa come Camillo de Lellis, Giovanni Bosco, don Orione, don Gnocchi, don Guanella, don Calabria troviamo poi le figure mistiche di Chiara d’Assisi, Angela da Foligno, Gemma Galgani, Teresa Benedetta della Croce, quest’ultima segnata anche dal martirio. Inoltre, ai grandi papi come Leone Magno e Gregorio Magno o Giovanni Paolo II si aggiungono i pastorelli di Fatima e Maria Goretti.

Come si vede, dunque, personalità differenti e “colori” differenti. Che l’autore accentua creando per ognuno un “vestito” comunicativo particolare. Così, ad esempio, parlando di san Massimiliano Kolbe, il titolo del capitolo è “Giornalismo di pace” o per il beato Manuel Lozano Garrido, “La Macchina da scrivere di Dio”. “Segni di passione” viene usato invece per santa Gemma Galgani. E “Il peso della fede d’oro” per la beata Elisabetta Canori Mora. “Il ragazzo prodigio” è san Domenico Savio, mentre “La voce dell’operaio” è quella di san Giuseppe Murialdo e “Petali di santità” connotato Santa Rosa da Viterbo.

«Ogni santo – scrive il cardinale Ravasi nella prefazione – risponde a Dio con la sua identità le, con suo temperamento, coi limiti della sua creaturalità». In pratica aggiunge il porporato «con i suoi colori propri e le sfumature che rendono unica la sua persona, la sua vita nella grazia». E questo li fa brillare in modo particolare. «In sintesi, potremmo dire – conclude Ravasi – che i santi sono persone come noi, ma l’amore li spinge più di noi».

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