sabato 31 maggio 2025
All’inizio la Chiesa considerava «opere diaboliche» queste invenzioni. Poi, i Pontefici del ’900 hanno saputo sfruttarne le potenzialità per metterle al servizio del Vangelo. E dei popoli
Una locomotiva ferma su un binario della stazione del Vaticano, il 2 aprile 1932

Una locomotiva ferma su un binario della stazione del Vaticano, il 2 aprile 1932 - Archivio Storico Istituto Luce

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Il treno? Il cinema? Le invenzioni forse più rappresentative della modernità tecnologica otto-novecentesca. Che la Chiesa, all’inizio, guardò con diffidenza, se non addirittura con ostilità: negli anni ’40 del XIX secolo Gregorio XVI definì «opera diabolica» la ferrovia. E non andò meglio al cinema: qualche decennio dopo, in ambito ecclesiale, non mancò chi giunse a bollarlo come «invenzione diabolica». Con conseguente ostracismo.

Ebbene: la storia degli ultimi due secoli mostra come quelle «opere diaboliche» – assieme ad altre innovazioni della contemporaneità, nell’ambito dei sistemi di trasporto come dei mass media – siano state messe progressivamente al servizio della fede, dell’annuncio evangelico, della missione della Chiesa. Una storia che ha la sua cartina di tornasole nei Giubilei. E che manifesta un duplice dinamismo: se fino al pontificato di Pio XII la ferrovia e i media servono principalmente a convocare e portare le masse dei fedeli dal mondo a Roma, incontro al Papa – nello scenario di quella «modernizzazione senza modernità» che fa da paradigma al processo di apertura selettiva della Chiesa alle espressioni della civiltà moderna, com’è con Pio XI e il suo successore, papa Pacelli – con Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II quegli stessi strumenti serviranno sempre più anche a portare Roma – e il Vescovo di Roma, e la sua missione evangelizzatrice – in mezzo ai fedeli, incontro al mondo. Incontro ai popoli.

Non senza mutamenti sorprendenti. Come quello accaduto proprio col Giubileo del 1950, regnante Pio XII: «La sempre più marcata trasformazione dell’evento cattolico in pratica secolare quale “fatto sociale totale”». In quel contesto «il profilo del pellegrino trascolorò sempre più verso quello del turista religioso che, come tale, veniva sottoposto a una serie di sollecitazioni in cui gli elementi spirituali si mischiavano con quelli sociali, culturali, artistici e pubblicitari». Così si legge nel volume “Pellegrini e spettatori. I Giubilei, il treno, i media” (Giunti), curato da due docenti dell’Università Telematica Internazionale Uninettuno, Gianluca della Maggiore (direttore del Centro di ricerca Catholicism and Audiovisual Studies) e Dario Edoardo Viganò (presidente della Fondazione Memorie Audiovisive del Cattolicesimo e del Centro di ricerca Catholicism and Audiovisual Studies).

Il libro, presentato nei giorni scorsi al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, è il frutto di un progetto promosso da Fondazione Mac e Fondazione Fs, nasce in «collaborazione con la Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università Uninettuno» e «scaturisce da un censimento che ha coinvolto in particolare tre grandi archivi – l’Archivio Fondazione Fs Italiane, l’Archivio Storico Luce, l’Archivio Apostolico Vaticano, istituzioni che hanno fornito la gran parte delle fotografie presenti nel libro – ma che si è poi esteso ad altri archivi e cineteche italiane ed estere», ha ricordato Viganò presentando questa pubblicazione ricca di fotografie e immagini, molte delle quali inedite, e nel quale sono raccolti i saggi firmati dai due curatori e da altri studiosi di diverse discipline (Gabriele Ragonesi, Gabriele Romani, Danilo Boriati, Andrea Pepe, David Gargani, Luca Adriani e Anna Villari, mentre l’introduzione è firmata da Luigi Cantamessa, direttore generale di Fondazione Fs).

Giubilei, treno, mass media: «Una triade di soggetti non immediatamente associabili», ammette Viganò. Ma capace di illuminare il rapporto fra Chiesa cattolica e modernità. Con i treni a portare il mondo a Roma, e il Vescovo di Roma al mondo. E le molteplici espressioni del sistema e dell’industria della comunicazione – dalla fotografia al cinegiornale al documentario, e altre ancora – a offrirsi non solo come fonti documentarie, ma come “agenti di storia”, in grado di orientare il modo di interpretare e vivere gli eventi ecclesiali – a partire dagli Anni Santi. Alcuni passaggi chiave?

Banchine della stazione di Roma Termini gremite di pellegrini francesi giunti nell’Urbe in occasione della canonizzazione di Bernadette Soubirous, 7 dicembre 1933

Banchine della stazione di Roma Termini gremite di pellegrini francesi giunti nell’Urbe in occasione della canonizzazione di Bernadette Soubirous, 7 dicembre 1933 - Archivio Storico Istituto Luce

Il Giubileo straordinario del 1933, voluto da Pio XI per celebrare i 1.900 anni della morte e resurrezione di Cristo. Per la prima volta il treno e il cinema entrano in Vaticano. In quell’anno, infatti, viene completata la Stazione ferroviaria vaticana, raccordata alla rete italiana tramite la linea internazionale più breve al mondo: 1.270 metri. Ma il suo valore simbolico è fortissimo: grazie alla breccia aperta nelle Mura Leonine, il Vaticano si apre al mondo e con il Giubileo proietta sul mondo la sua leadership spirituale, in una fase storica segnata dalla crisi dei sistemi liberali e dall’affermazione dei totalitarismi (bolscevismo, fascismo, nazismo) e, in Italia, dalla Conciliazione. In quello stesso 1933 papa Ratti mette il cinema al servizio del Giubileo istituendo un Centro di studi e produzioni cinematografiche. Nuovi mass media e nuovi sistemi di trasporto vengono mobilitati nel contesto di un «piano di modernizzazione della Chiesa» che, nella prospettiva di Pio XI, «avrebbe dovuto mettere i nuovi strumenti del progresso a disposizione di un più generale e urgente piano di ricristianizzazione della società, mostrando la conciliabilità tra scienze moderne e rivelazione divina», scrive Andrea Pepe.

Un’immagine del viaggio di Giovanni XXIII a Loreto e Assisi, il 4 ottobre 1962, a pochi giorni dall’apertura del Concilio Vaticano II

Un’immagine del viaggio di Giovanni XXIII a Loreto e Assisi, il 4 ottobre 1962, a pochi giorni dall’apertura del Concilio Vaticano II - Archivio Fondazione FS Italiane

Nel ’900 il Giubileo diventa a pieno titolo un evento mediatico. E questo trova conferma nell’Anno Santo 1950, che Pio XII concepisce come «occasione preziosa di rigenerazione non solo dello spirito del pellegrino ma anche dei cardini dell’intera società», scrive Luca Adriani. Ad un’umanità che si sta risollevando dalle devastazioni materiali e morali della Seconda guerra mondiale – e che già vive nuovi conflitti e tensioni globali, nello scenario della Guerra fredda – papa Pacelli offre il Giubileo come occasione di ritorno a Roma, alla Chiesa, a Cristo. E, per questa via, alla pace. «Voi, che già per lunghi anni lasciaste il focolare domestico e vi tempraste alle asperità dei lunghi viaggi con gli eserciti in guerra, con le torme dei profughi, degli emigranti, degli sfollati, riprendete la via, ma questa volta in letizia, quasi legioni pacifiche di oranti e di penitenti verso la patria comune dei cristiani», afferma Pio XII nel radiomessaggio del Natale 1949. Mass media e moderni mezzi di trasporto appaiono funzionali a un «progetto di riconquista cattolica», scrivono della Maggiore e Viganò. Simbolo del Giubileo del 1950, la Stazione Termini, con la sua “ardita pensilina”, modernissima porta di Roma – e della risorgente Italia degasperiana – aperta al mondo.

Il treno, intanto, cambia il modo di vivere l’evento giubilare – e ogni evento ecclesiale. Non solo rende più agevole alle masse lo «spostamento fisico», ma «può essere considerato anche come un’opportunità di raccoglimento e preghiera collettiva, in grado di far aumentare il senso di appartenenza religiosa tra persone provenienti da paesi e culture differenti», annota Danilo Boriati.

La visita di Paolo VI al cantiere della galleria sotto il Monte Soratte, lungo la costruenda direttissima Roma-Firenze

La visita di Paolo VI al cantiere della galleria sotto il Monte Soratte, lungo la costruenda direttissima Roma-Firenze - Archivio Fondazione Fs

Con i Papi del Concilio e del post Concilio, il treno diventa strumento di una Chiesa e di un pontificato in uscita. Ecco, così, Giovanni XXIII recarsi in treno a Loreto e Assisi il 4 ottobre 1962, alla vigilia del Vaticano II – primo viaggio compiuto da un pontefice fuori dal Vaticano dopo la “presa di Roma” da parte del Regno d’Italia. Ecco Paolo VI portare gli incontri con i ferrovieri, in precedenza in luoghi ecclesiali, nei loro ambienti di lavoro – e celebrare la Messa nella Notte di Natale del 1972 con gli operai nel cantiere della galleria del monte Soratte, lungo la costruenda direttissima Roma-Firenze. Ed ecco Giovanni Paolo II raggiungere in treno Roma Smistamento – il viaggio più breve di un Papa globetrotter – per celebrarvi la Giornata del Ferroviere l’8 settembre 1979. E recarsi in treno ad Assisi per la Giornata di preghiera per la pace nel mondo del 24 gennaio 2002 – risposta orante e pacifica agli attentati dell’11 settembre 2001 e alle azioni militari avviate in Afghanistan.

Sono passati duecento anni da quando il primo treno commerciale – il 27 settembre 1825 – portò passeggeri e merci fra Stockton-on-Tees e Darlington. E da allora sono cambiate mille cose, oltre ogni immaginazione. Ma il rapporto fra l’annuncio del Vangelo, le nuove espressioni della mobilità umana, le nuove culture e tecnologie della comunicazione resta una sfida feconda e ineludibile per una Chiesa missionaria e in uscita.

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