venerdì 2 settembre 2022
Ricostruita nella conferenza stampa la figura dell'imminente beato. Le testimonianze della nipote, di una delle suore dell'appartamento papale e della miracolata. La reliquia sarà un suo manoscritto
Giovanni Paolo I, 1978

Giovanni Paolo I, 1978 - Ansa

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Una santità intrisa di umiltà, di preghiera, di amore per la gente e per la povertà. Una santità dunque delle tre virtù teologali: fede, speranza e carità. Così il cardinale Beniamino Stella, postulatore della causa di canonizzazione di Giovanni Paolo I, definisce le caratteristiche cha hanno portato il Papa del sorriso e dei 33 giorni alla beatificazione, che sarà celebrata domenica 4 settembre da papa Bergoglio. "Una beatificazione senza sconti (il processo è durato 19 anni) e con un unicum storico, in quanto è la prima volta che un Papa (Benedetto XVI, ndr) emette una testimonianza de visu su un altro Papa", ha detto lo stesso Stella.

Il porporato ha preso parte oggi, 2 settembre, alla conferenza stampa che ne ha delineato la figura e l’opera e ha offerto anche la sua testimonianza personale. “L’ho conosciuto personalmente da seminarista e poi da sacerdote – ha detto -. Era il mio vescovo e di lui conservo il migliore ricordo: uomo di preghiera assidua e profonda, di attento ascolto e capace di sostegno umano e spirituale, come pastore di sacerdoti e di popolo di Dio, dotto e preparato come maestro della fede e buon comunicatore della Parola di Dio, amico e fratello dei sacerdoti, visitatore dei malati e catechista impareggiabile”.

La santità di papa Luciani

Stella ha messo in evidenza tre caratteristiche dell’imminente beato. “Sacerdote che pregava, che viveva poveramente e che si sentiva bene con la gente. In relazione alla povertà mia madre soleva citare, talvolta, monsignor Luciani, per dire che il sacerdote non doveva avere conti in banca e libretto di assegni. Penso che lo avesse sentito da lui stesso nelle periodiche visite ed incontri dei genitori in seminario”.

La santità di vita cristiana di Giovanni Paolo I, ha quindi proseguito il postulatore, “è quella che si vive nella umiltà e nella dedizione quotidiana alla Chiesa e al prossimo, ispirate dalle virtù teologali, praticate con fervore interiore, e dove la croce e il sacrificio, e talvolta l’umiliazione, hanno da contribuire a rendere il discepolo di Gesù più vicino al suo Signore. Una fede che va all’essenziale del Vangelo, che è annuncio e pratica della carità. Da prete, vescovo e Papa è stato capace di manifestare attraverso la sua vita la tenerezza di un Dio misericordioso e materno”.

Stella ha poi messo in evidenza anche l’attualità di papa Luciani. “La sua santità – ha fatto notare - è importante per la Chiesa e per il mondo di oggi perché attraverso il suo esempio siamo richiamati al cuore della vita cristiana: all’umiltà e alla bontà di chi sa riconoscersi peccatore bisognoso di misericordia, di chi vuole servire con dedizione generosa e con opere di bene gli altri, annunciando la gioia del Vangelo. Luciani ci testimonia il volto di una Chiesa umile, laboriosa e serena, preoccupata della sequela del suo Signore, lontana dalla frequente tentazione di misurare l’incidenza e il valore del Vangelo dallo stato di opinione della gente, o della società, nei propri confronti”.

Infine la sua esperienza di vescovo “che ha a cuore la dimensione universale della Chiesa, l’importanza dell’amore generoso e dell’obbedienza incondizionata al Successore di Pietro, così come il grande valore dell’unità e della comunione episcopale”. “Diversi episodi della sua biografia – ha sottolineato il cardinale Stella - ci parlano di questo suo atteggiamento, frutto della sua fede profonda, che riconosce l’importanza della comunione ecclesiale, vissuta talvolta nel sacrificio e nella rinuncia a posizioni e percezioni personali, per il bene della Chiesa e della sua vocazione innata all’unità, tanto desiderata da Gesù nell’Ultima Cena”.

​Un Papa in famiglia

Nel corso della conferenza stampa ci sono state diverse altre testimonianze. Come ad esempio quella di Lina Petri, nipote di Giovanni Paolo I (è figlia di una sorella), che tra l’altro lavora da lungo tempo nella sala stampa vaticana. Dello zio ha raccontato il suo amore per la famiglia, l’interesse con cui seguiva il percorso di ogni singolo membro e la tranquillità con cui aveva accettato anche l’elezione a successore di Pietro. “Io sono tranquillo. Non ho fatto niente per arrivare fin qui e anche voi dovete esserlo”, disse ai suoi familiari in una udienza dopo l’elezione. Spesso raccontava alla nipote momenti del suo ministero. Alla morte di Pasolini, quando era Patriarca di Venezia, i vescovi del Friuli gli chiesero se date le circostanze del decesso, fosse opportuno concedere i funerali pubblici. “Lui rispose – ha riferito oggi la nipote – che tutti abbiamo bisogno della misericordia del Signore. Da piccolo Pasolini aveva frequentato la parrocchia. E dunque perché no? Non cercava mai la condanna, ma puntava su ciò che c’era di buono in ognuno”. Severo lo fu nei confronti di Hitler e Mussolini. In occasione del loro incontro di Feltre (19 luglio 1943) confidò alla sorella: “Siamo nelle mani di due matti”. Si è scoperto poi che Albino Luciani si dette da fare per salvare molte vite durante la guerra, e fra gli altri anche alcuni ebrei.

Conferenza stampa di presentazione della Bìbeatificazione di Papa Giovanni Paolo I (al secolo Albino Luciani), che avrà luogo domenica 4 settembre in Piazza San Pietro

Conferenza stampa di presentazione della Bìbeatificazione di Papa Giovanni Paolo I (al secolo Albino Luciani), che avrà luogo domenica 4 settembre in Piazza San Pietro - Siciliani

L'ultimo giorno

Suor Margherita Marin era una delle religiose che curarono l’appartamento Papale durante i 33 giorni di pontificato. La consacrata, delle Suore di Maria Bambina, si è soffermata sul carattere familiare di quella breve convivenza. “Nel corso di quel mese io l’ho veduto sempre tranquillo, sereno, sicuro. Sembrava che avesse fatto da sempre il Papa” Ha ricordato anche come il Papa un giorno che la vide stirare le sue camicie le disse di stirare solo il colletto e polsini, “perché tanto tutto il resto non si vede” e così avrebbe risparmiato fatica, dato che le camicie erano molte poiché lui sudava e si cambiava spesso. Poi ha raccontato l’ultima giornata del Papa, che fu come le altre. “Al mattino entrò in cappella a pregare alla solita ora ed ha celebrato con noi la santa messa alle sette. Ha fatto normalmente colazione, poi si è fermato un po’ a leggere i quotidiani, quindi è andato giù per le udienze del mattino. Verso le 11.30 è ritornato su in appartamento e ricordo che è venuto in cucina, come spesso faceva, chiedendoci un caffè: «Suore, avete un caffè? Potreste prepararmi un caffè?». Si sedette prese il caffè e andò poi nel suo studio. Pranzò con i segretari e poi si ritirò per il solito riposo pomeridiano. Quel pomeriggio lì rimase sempre in casa, non si mosse mai dall’appartamento e non ricevette nessuno perché ci disse che stava preparando un documento ai vescovi. Io non so però a quali vescovi fosse indirizzato. Lo ricordo bene perché quel pomeriggio io ero a stirare nel guardaroba con la porta aperta e lo vedevo passare avanti e indietro. Camminava nell’appartamento con i fogli in mano che stava leggendo, ogni tanto si fermava per qualche appunto e poi riprendeva a camminare leggendo e, camminando, passava davanti dove mi trovavo io. Dopo cena ricevette la chiamata del cardinale di Milano Giovanni Colombo. Già al mattino avevo sentito il Santo Padre parlare con il padre Magee riguardo a questa telefonata. E dopo cena, il Santo Padre, andò a rispondere al telefono e parlò con il cardinale. Non ricordo esattamente quanto tempo rimase in quella conversazione, forse una mezza ora. Dopo venne da noi, come faceva sempre, per salutarci prima di ritirarsi nel suo studio. Ricordo che mi chiese quale messa gli avessi preparato per il giorno seguente e gli risposi: «Quella degli Angeli». Ci augurò la buona notte con le parole che ogni sera ci ripeteva: «A domani, suore, se il Signore vuole, celebriamo la messa insieme».

Ho impresso ancora nella memoria un particolare di quel momento lì: eravamo tutte assieme nel salottino con la porta aperta, la porta era proprio davanti a quella dello studio privato, e quando, dopo averci già salutato, il Santo Padre è stato sulla porta dello studio, si è girato ancora una volta e ci ha salutato di nuovo, con un gesto della mano, sorridendo... mi sembra di vederlo ancora lì sulla porta. Sereno come sempre. È l’ultima immagine che mi porto di lui.

Il miracolo

La testimonianza della miracolata, la giovane argentina Candela, e di sua madre, Roxana Sosa, è giunta con un breve video, poiché la ragazza si è rotta da poco un piede in palestra e non potrà prendere parte alla beatificazione. “Prometto divenire appena possibile a pregare sulla tomba di Giovanni Paolo I”, ha detto. è guarita inspiegabilmente da una epilessia refrattaria maligna, grazie anche a un sacerdote di Buenos Aires, padre Juan José Dabusti, presente alla conferenza stampa che vedendola in fin di vita ebbe l’ispirazione di rivolgersi a Giovanni Paolo I, iniziando con la madre a pregare per la sua intercessione.

La reliquia

Infine nella conferenza stampa si è parlato anche della reliquia, una vera novità, come ha specificato la vice postulatrice Stefania Falasca. Sarà un appunto autografo del beato, su foglio bianco risalente al 1956 (cm. 9,3 x 15,3). Si tratta di uno schema per una riflessione spirituale sulle tre virtù teologali appunto – fede, speranza e carità – che richiama il Magistero delle udienze generali del 13, 20 e 27 settembre 1978. Proviene dall’Archivio Privato Albino Luciani, patrimonio della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I. Falasca ha anche smentito nuovamente, rispondendo a una domanda, la fantasia dell’uccisione del Papa circolata per troppo tempo. La causa della morte, ha detto citando le carte ufficiali, fu un infarto. "Basta fake news sulla sua morte".

Don Davide Fiocco, in rappresentanza di Belluno-Feltre, diocesi natale di Luciani in cui eccezionalmente è iniziata la causa di canonizzazione, ha detto che le radici della sua santità vanno ricercate proprio nella straordinaria vitalità religiosa di quella sua terra. La sua parrocchia ad esempio aveva al Concilio tre padri conciliari, una specie di record del mondo. Oltre al futuro Papa anche padre Saba De Rocco, generale dei Somaschi; mons. Giovanni Battista Costa, figlio di emigranti e primo vescovo di Porto Velho in Brasile.

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