giovedì 28 settembre 2023
Luciani voleva che la solidarietà fosse parte dei precetti generali della Chiesa. Amore per Dio e per il prossimo, i capisaldi del suo magistero raccontati in un libro. La Messa a 45 anni dalla morte
Papa Albino Luciani che è morto il 28 settembre di 45 anni fa

Papa Albino Luciani che è morto il 28 settembre di 45 anni fa - Ansa

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Canale d’Agordo, la città natale di Giovanni Paolo I, rende omaggio al Papa beato nel 45° anniversario della morte. Oggi 28 settembre, giorno della scomparsa del Pontefice, verrà celebrata la Messa alle 18 presso la chiesa arcipretale della cittadina in provincia di Belluno e nella diocesi di Belluno-Feltre. La liturgia viene celebrata nella memoria liturgica del beato Bernardino da Feltre, al secolo Martino Tomitano, frate francescano minore osservante, conosciuto come eloquente predicatore e sempre impegnato nell’assistenza ai malati. Durante la peste che colpì Padova nel 1478 non smise di predicare e la sua vicinanza agli ammalati lo portò a contrarre la tisi di cui morirà il 28 settembre 1494.


«Sono congiunti i due amori: amor di Dio, amor del prossimo. I francesi dicono: Ceux-ci sont des frères jumeaux, sono come gemelli questi due amori, vanno insieme. Dio ha voluto così». Nell’ultima udienza generale sulla carità, il 27 settembre 1978, il giorno precedente la sua morte, il beato Giovanni Paolo I – beatificato da papa Francesco il 4 settembre 2022 – ha ripreso e sintetizzato così tutto il suo magistero. I passaggi sull’amore di Dio, che «è misericordioso» e sull’amore del prossimo sono anche i più eloquenti di un indirizzo stesso di riforma della Chiesa, che nel breve spazio del suo pontificato può dirsi compiuta come “riforma dell’amore”. Riprendendo il De Triniate di sant’Agostino, Giovanni Paolo I spiegava che i due comandamenti non possono sussistere l’uno senza l’altro, perché l’amore del prossimo praticato con la radicalità richiesta da Gesù non è possibile senza la forza che proviene dall’amore di Dio. «E alla fine saremo giudicati su questi – riprende nell’ultima sua udienza generale in piazza San Pietro – Gesù ha detto quali sono le domande che ci farà: Avevo fame nella persona dei miei fratelli più piccoli, mi hai dato da mangiare? Ero ammalato, prigioniero sei venuto a visitarmi? Queste sono le domande. E qui dovremmo dare le risposte».

Luciani si sofferma poi sulle opere di misericordia corporali e spirituali che la Chiesa riprende dalla Bibbia. «Non sono complete, bisognerebbe aggiornarle – commenta in udienza – Oggi non si tratta più solo di questo o quell’individuo, sono interi popoli che hanno fame» e citando la Populorum progressio di Paolo VI chiama a rispondere a questo «grido d’angoscia, con amore al proprio fratello». «Sono parole gravi – afferma ancora il Giovanni Paolo I, senza che il suo pronunciamento sia poi riportato nel testo ufficiale – alla luce di queste parole non solo le nazioni, ma anche tutti noi, serialmente noi di Chiesa dobbiamo chiederci: Abbiamo veramente compiuto il precetto di Gesù che ha detto: “Ama il prossimo tuo come te stesso”». E non bisogna dimenticare che il beato aveva persino chiesto che la solidarietà potesse far parte dei tradizionali precetti generali della Chiesa. Per attuare questo proposito, rivolgendosi ai padri sinodali nel Sinodo dei vescovi del 1971, il futuro Giovanni Paolo faceva rilevare come, «dato che i fedeli sono soliti manifestare a Dio la propria gratitudine con gli ex voto donati ai Santuari», «con perseveranza e prudenza siano condotti poco a poco a donare a Dio, alla Madonna e ai santi in quel santuario, fatto non di sassi ma di anime, che sono i nostri fratelli indigenti». E concludeva la proposta con una «seconda suggestione»: quella di «un’autotassazione che potrebbero imporsi le Chiese più fortunate per dare testimonianza di buona volontà». Prendendo dalla proposta preparata dalla Conferenza episcopale triveneta di riservarsi annualmente l’un per cento di tutte le sue entrate a favore dei popoli in via di sviluppo, spiegava infine: «Questo uno per cento si chiamerà “porzione dei fratelli” e si intenderà data non come elemosina, ma come qualcosa che è dovuto. Dovuto per compensare le ingiustizie che il nostro mondo consumistico sta commettendo verso il mondo in via di sviluppo e per riapre in qualche modo il peccato sociale, di cui dobbiamo prender coscienza».

Nell’omelia per la Messa della sua beatificazione, il 4 settembre 2022, papa Francesco ha proposto un ritratto vivido e profondo di papa Luciani, mettendo l’accento proprio sul tema dell’amore,
come la condizione necessaria per la sequela di Gesù da parte del discepolo. Facendo riferimento a Luciani scriveva: «Amare: anche se costa la croce del sacrificio, del silenzio, dell’incomprensione, della solitudine, dell’essere ostacolati e perseguitati. Amare così, anche a questo prezzo, perché – diceva ancora il Beato Giovanni Paolo I - se vuoi baciare Gesù crocifisso, “non puoi fare a meno di piegarti sulla croce e lasciarti pungere da qualche spina della corona, che è sul capo del Signore” (Udienza generale, 27 settembre 1978). L’amore fino in fondo, con tutte le sue spine: non le cose fatte a metà, gli accomodamenti o il quieto vivere». Francesco ha riconosciuto in Giovanni Paolo I la qualità di un cristiano che ha saputo amare Dio e i fratelli: «Fratelli, sorelle, il nuovo beato ha vissuto così: nella gioia del Vangelo, senza compromessi, amando fino alla fine».

Sono tanti gli aspetti della figura e del magistero di Luciani che andrebbero ricordati ma in questi giorni un piccolo libro prova a rintracciare nell’ampio magistero di prete, vescovo e papa e negli aspetti più concreti della sua esistenza il filo di questo amore cristiano che è diventato la sostanza del suo vivere (Mauro Velati, I due gemelli. Amore di Dio e amore del prossimo. La carità di papa Luciani, Edizioni Messaggero, 2023). L’autore ha collaborato alla ricerca per la biografia storica del processo canonico ed è ora membro del Comitato scientifico della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I. La metafora dei “due gemelli”, presa dall’insegnamento del santo più amato da Luciani, Francesco di Sales, è la chiave per cogliere le diverse dimensioni di un amore che nasce dall’esperienza del rapporto con Dio ma si allarga ai diversi ambiti della vita della chiesa e del mondo.

Luciani è stato un sacerdote in cui è stata prioritaria l’attualizzazione dell’insegnamento della Chiesa dei Padri e della tradizione millenaria del magistero. La sua ottica è piuttosto quella del catechista che va incontro all’esigenza di trasmettere la fede alle generazioni più giovani. O forse quella del giornalista che segue l’attualità delle vicende del suo mondo ma alla luce del Vangelo e dell’insegnamento della Chiesa. Il libro ripercorre anche le varie forme della pratica della carità che Luciani ha vissuto nei diversi momenti della sua esistenza, dall’infanzia nella montagna del Cadore alla sua prima diocesi di Vittorio Veneto (dove ha vissuto il decisivo tornante del Vaticano II), fino all’arrivo a Venezia nel momento in cui nasceva la Caritas italiana come strumento di attuazione della carità del vescovo.

Il libro mostra in modo inequivocabile come la predicazione della virtù cristiana della carità, esaltata dal beato Giovanni Paolo I nell’udienza generale di mercoledì 27 settembre 1978, sia sempre unita nella sua parabola biografica alla testimonianza personale di uno stile di vita fondato sulla povertà e sull’amore. E l’amore del prossimo e il perdono sono infine al centro anche dell’ultimo Angelus del 24 settembre che prende spunto dalla cronaca di atti di violenza, compiuti in quei giorni in Italia. «La regola d’oro» viene qui espressa in tutta la sua valenza e attuale urgenza dal beato Giovanni Paolo I: «La regola d’oro di Cristo è stata: non fare agli altri quello che suo vuoi fatto a te. “Impara da me che sono mite e umile di cuore”. E lui ha da dato l’esempio. Messo in croce, non solo ha perdonato ai suoi crocefissori, ma li ha scusati. Ha detto: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Questo è cristianesimo, questi sarebbero sentimenti che messi in pratica aiuterebbero tanto la società». Con il riferimento alle monache martiri di Compiègnie che salgono sul patibolo perdonando. ha voluto quindi chiudere il suo ultimo Angelus: «“L’Amore sarà sempre vittorioso, l’amore può tutto”. Ecco la parola giusta, non la violenza può tutto, ma l’amore può tutto». Il contrappunto trova riscontro nei suoi appunti personali nella richiesta di grazia che «una nuova ondata di amore verso il prossimo pervada questo povero mondo». Le pagine autografe della sua agenda si fermano qui: «Che io vi ami sempre più». Sono le sue ultime parole.

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