giovedì 24 marzo 2011
Il vescovo Paglia: il sacrificio di monsignor Oscar Romero esempio di questa fecondità. Oggi come ogni anno nell’anniversario dell’uccisione del presule salvadoregno, la Chiesa invita a un giorno di preghiera e digiuno per chi ha perso la vita nel nome di Cristo. Nel solo 2010 vi sono stati 25 omicidi: un vicario apostolico, 17 sacerdoti, una religiosa, un religioso, due seminaristi e tre laici.
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Se il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani, il sacrificio di monsignor Oscar Romero ha già avuto una fecondità tutta sua. La data dell’uccisione dell’arcivescovo salvadoregno (24 marzo 1980) è stata infatti scelta come Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri. E anche quest’anno servirà per fare memoria di quanti hanno dato la vita per la fede. Durante il 2010 sono stati 25, un triste conteggio che non considera solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma tutti gli operatori pastorali morti in modo violento. L’elenco include un vescovo – monsignor Luigi Padovese vicario apostolico dell’Anatolia – 17 sacerdoti, 1 religioso, 1 religiosa, 2 seminaristi e 3 laici. «È perfettamente coerente – commenta Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e postulatore del processo di beatificazione di monsignor Romero – che questa Giornata si sia creata attorno alla figura dell’arcivescovo centroamericano. La sua uccisione, infatti, avvenuta sull’altare mentre celebrava la Messa, ha una carica simbolica straordinaria perché identifica i martiri con il sacrificio di Cristo».Eppure Romero non era un missionario.Romero è un martire della nuova evangelizzazione, che deve realizzarsi ovunque ciascuno vive la propria fede. Gli studi più recenti dimostrano che la sua difesa dei poveri sgorgava tutta intera dal Vangelo, non da altre ispirazioni, come qualcuno vorrebbe. Egli stesso, nell’omelia del funerale per un sacerdote ucciso, disse che il Vangelo e il Concilio Vaticano II chiedono a tutti di dare la vita per il Vangelo. Ad alcuni poi il dono della vita viene chiesto anche con la forma del sangue da versare. E come vediamo, oggi più che mai possiamo dire di essere circondati da tanti testimoni, che versano il loro sangue per la fede.Ma lei crede a quella che alcuni chiamano cristianofobia?Effettivamente sono molte le comunità cristiane che vivono una situazione di pericolo in non pochi Paesi. Purtroppo la violenza del male, che trova sempre i suoi servi sciocchi, si abbatte contro coloro che possono in maniera più radicale sconfiggerlo. È il mistero di quella lotta che Giovanni descrive con immagini molto eloquenti nel libro dell’Apocalisse. L’Autore sacro non parlava della fine del mondo, ma della vita della Chiesa nel mondo. Anche quella di oggi.Come vivere correttamente questa Giornata?Come Giovanni Paolo II ci ha insegnato, questa Giornata mostra il senso più alto della manifestazione dell’amore. Se mi è permesso dirlo, viste le opinioni relative alla questione del Crocifisso, questi martiri ne sono la spiegazione. È una memoria, quella dei martiri, che dobbiamo avere sempre davanti agli occhi, perché in essi appare chiaro che l’amore vero è sempre gratuito e senza limiti. Ed è appunto l’amore di Gesù crocifisso, che ha dato la vita per noi.A che punto è il processo di beatificazione di monsignor Romero?Il processo continua secondo le regole canoniche. Si tratta di un processo super martirium e dunque non è richiesto il miracolo. Com’è noto, chiusa la fase diocesana, la causa è già a Roma. Una qualche lentezza dell’iter dipende dal tentativo di strumentalizzazioni che la figura di Romero ha subito, ma sono convinto che la forza della sua testimonianza porterà ad una conclusione positiva.
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